La Via Tiberina è una bella strada anche se a volte è sporca, trascurata e con l’asfalto ridotto a colabrodo; attraversa nel suo percorso iniziale una fascinosa campagna che dalle colline ad est degrada verso la Valle del Tevere. Una campagna dove è possibile fare lunghe e silenziose passeggiate sulle tante sterrate di servizio che attraversano i campi coltivati.
Una campagna punteggiata da numerosi casali, alcuni in abbandono, altri restaurati, specie sui terreni di importanti aziende agricole.
Ma è di altro che vogliamo parlare, perchè appena 15 minuti da Prima Porta si incontra sulla sinistra una larga strada sterrata che porta ad alcune cave di tufo.
Il tufo è una roccia vulcanica facilmente lavorabile usata fin dall’antichità da etruschi e romani; nel Lazio si trovano, specie a nord di Roma, vasti depositi con materiale di colore giallo o grigio chiaro.
Qui siamo in località Pian dell’Olmo e oltre alle tante cave, alcune dismesse, c’è anche un grande maneggio, un poligono di tiro (ma sparando in cava il rumore dei colpi non si sente), numerose abitazioni, un noto ristorante e sulle colline circostanti i ruderi di due vecchie torri.
Quella circondata dai pini, ben visibile dalla strada, può essere raggiunta scarpinando un po’ in salita anche se a causa dei crolli non resta molto da vedere.
Il territorio di Pian dell’Olmo nonostante il via vai degli autocarri che vanno a caricare nelle cave, è molto bello e suggestivo; ampi prativi si alternano a tratti di bosco su di un terreno fatto di ripide collinette attraversate da carrarecce più adatte ad un fuoristrada. Qui non manca la possibilità di camminare alla ricerca di ampi panorami che talvolta affacciano sulle enormi cave.
Il bosco si alterna con le ripide pareti di tufo giallo solcato da profonde incisioni provocate dalle pale meccaniche che in passato vi hanno lavorato; nei prati non è raro incrociare un gregge di capre al pascolo.
Nei pressi del ristorante (conosciuto soprattutto per un eccezionale pollo alla brace), nascosto alla vista, c’è una piccola gemma che riserva le sue grazie soltanto ai curiosi. Si tratta di un laghetto formatosi all’interno di una grande cava abbandonata dove, a giudicare dalle tracce, il bestiame va spesso ad abbeverarsi.
Per raggiungerlo bisogna percorrere un sentierino che attraversa una macchia di rovi non facile da individuare ma lo spettacolo che offre questo luogo è stupefacente. Le alte pareti di tufo incombono sulla superficie verde-azzurra del lago le cui acque, forse perché protette dalle alte sponde e dalla vegetazione, sono perfettamente immobili.
Il silenzio è rotto solo dai richiami canori degli uccelli mentre il sole crea strani giochi di luce; questo laghetto è una piccola gemma che brilla nel suo contenitore naturale.
Ma Pian dell’Olmo va ricordato anche per altro. Un Mammuth, una Dama Clactonianae un Cervus Elaphus nominato Rianensis, in quanto unico esemplare, sono solo alcuni degli importanti ritrovamenti archeologici qui avvenuti. Ed è sempre a Pian dell’Olmo che relazioni scientifiche documentano il ritrovamento di reperti di alto interesse storico, così come si evince dalla pubblicazione della Prof. A.M. Maccagno, dell’Istituto di Geologia Paleontologia dell’Università Sapienza di Roma, nel suo studio “Gli elefanti fossili di Riano“.
Per valorizzare questi tesori del passato, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Riano ha redatto nel 2019 un progetto, in collaborazione con la Soprintendenza ai beni archeologici e all’Università Sapienza di Roma, in cui è prevista la musealizzazione del Castello Baronale, recentemente ristrutturato, con il posizionamento di vari reperti archeologici all’interno di quest’ultimo, nonché ricostruzioni virtuali di epoca paleontologica.
Alla progettazione ha collaborato il Prof. Raffaele Sardella del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Sapienza di Roma, sottolineando che “Da un affioramento a Pian dell’Olmo all’inizio degli anni 60 furono rinvenuti resti del grande elefante pleistocenico Palaeoloxodon antiquus che, insieme ad altri mammiferi fossili, sono in parte conservati presso il Museo Universitario di Scienze della Terra della Sapienza. Resti fossili dell’area sono tuttora rinvenuti e per questo motivo numerosi progetti scientifici e divulgativi sono stati preparati e presentati in diverse occasioni”.
Non tutti sanno che questo è uno dei siti paleontologici più importanti d’Italia per varietà di specie, eppure, è proprio qui, a Pian dell’Olmo, che nel 2019 si pensava di realizzare una mega discarica, una Malagrotta2, che avrebbe trasformato questo stupenda area rovinandola per sempre. Fortunatamente, dopo tante proteste da parte delle comunità locali, ci pensò la Direzione per le politiche abitative e la pianificazione territoriale, paesistica e urbanistica della Regione Lazio a stoppare l’ipotesi.
Pian dell’Olmo e la natura furono così salve.
Francesco Gargaglia
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