Viale Tor di Quinto, basta percorrerne i primi millecinquecento metri per piombare in uno scenario d’inferno: la discarica abusiva più grande della capitale, ben sei ettari. Nel silenzio della politica e delle istituzioni, la grande discarica sorta dove un tempo, in via del Baiardo, c’era un campo nomadi, oggi rappresenta la più grave situazione di degrado sul territorio di Roma Nord e di tutta la capitale.
Un’area golenale di sei ettari lungo la riva del Tevere, peraltro sottoposta a vincoli ambientali e paesaggistici, è stata abbandonata al suo destino e negli ultimi sei anni, a partire da settembre 2012, si è trasformata in un gigantesco bacino di rifiuti e materiali di ogni genere, anche speciali come amianto e vernici.
Non stiamo parlando di qualche sacchetto della spazzatura: qui, a pochi metri dalle acque del Tevere, giacciono non quintali ma tonnellate e tonnellate di calcinacci, elettrodomestici, bidoni, carcasse di mobili, cataste di legno, frigoriferi, motorini fatti a pezzi, vecchi computer, centinaia di scarpe, stracci a volontà, televisori e pneumatici.
Tutto materiale inquinante in mezzo al quale sorge una baracca stile pollaio, alta poco più di un metro, realizzata con lastre di eternit mentre sotto le arcate della tangenziale resistono, ma vuote, due baracche contornate dalla melma del fiume.
L’ultima bonifica venne effettuata a settembre 2012 dopo lo sgombero del campo nomadi avvenuto due mesi prima. L’Ama rimosse circa 800 tonnellate di rifiuti e si trattò, come si disse allora, della bonifica più imponente forse mai effettuata nella Capitale. Valutazione errata, oggi c’è molto di più.
E quel molto di più tutti sanno che esiste ma non è nelle loro priorità. Dimenticata da Dio ma soprattutto dagli uomini (delle istituzioni a tutti i livelli), l’immonda discarica anno dopo anno marcisce sotto il sole uccidendo per sempre l’habitat che la ospita. Quando quel terreno sarà definitivamente impregnato dalle sostanze inquinanti rilasciate dai rifiuti sarà irrecuperabile.
Rispetto alle precedenti documentazioni fotografiche potrebbe sembrare che i rifiuti si siano ridotti, che qualcuno sia intervenuto a rimuoverli. E’ solo un’illusione: è l’erba che ha preso il sopravvento. Quelle che paiono collinette di vegetazione altro non sono che cumuli di mondezza ricoperti dall’erba.
Via del Baiardo in pillole
Il 5 luglio 2012 in via del Baiardo viene sgomberato il campo nomadi presente da circa vent’anni. L’area golenale, dopo la bonifica effettuata dall’AMA, rimane abbandonata a sé stessa e in capo a un anno comincia a riempirsi di rifiuti: materiale da risulta, mobili, elettrodomestici, bidoni che liberano liquami nel terreno.
Ad aprile 2014, dal Commissariato Ponte Milvio parte una lettera diretta alla Regione Lazio denunciando la situazione e invitandola ad intervenire. Siamo infatti sulla sponda del Tevere, la competenza è regionale.
Ad aprile 2015, la nostra direzione invia ampia e documentata relazione all’assessore all’Ambiente del Comune. Rimane lettera morta.
A luglio 2015, è il Prefetto di Roma ad intervenire scrivendo alla Regione all’Agenzia del Demanio reiterando la richiesta di bonifica.
A dicembre 2015, finalmente il Dipartimento capitolino all’Ambiente prende atto della situazione e tutto quello che fa è diffidare per iscritto la Regione: “tocca a voi effettuare la bonifica”. Ma due mesi dopo la Direzione Risorse Idriche e Difesa del Suolo di via della Pisana respinge la diffida dichiarandosi non competente.
Nel frattempo nella discarica si continua a sversare di tutto, finanche materiale cancerogeno. L’apice lo si raggiunge nella primavera del 2016, quando quintali di lastre di amianto vengono abbandonati fra le sterpaglie.
Ottobre 2016 la Procura della Repubblica di Roma mette finalmente sotto sequestro l’area nominando la Regione custode giudiziario. Pochi giorni dopo, sulla scia delle nostre denunce, la vicenda approda a Montecitorio grazie ad un’interrogazione parlamentare diretta al Ministro dell’Interno, al Ministro dell’Ambiente e a quello delle Attività Culturali e Turismo
Sempre ad ottobre 2016, l’Ufficio Stampa della Regione, rispondendo ai quesiti posti dalla nostra testata, afferma che la Pisana ha espletato “tutto quanto previsto dalle proprie competenze volte a salvaguardare il letto del fiume ed i suoi argini” ma che “lo sgombero di rifiuti costantemente riversati sulla sponda è sempre stato di competenza degli uffici comunali attraverso la controllata Ama che è l’unica a possedere gli strumenti idonei per il prelievo e lo smaltimento dei rifiuti.”
Il 5 dicembre 2016 arriva l’atteso intervento: come più volte richiesto anche dalla nostra testata, l’accesso all’area golenale viene bloccato con new jersey in cemento.
E stop, da quel momento la vicenda viene “archiviata”: nel dimenticatoio.
Tutto documentato ma tutto ignorato
Tutto quanto sopra è documentato nei nostri articoli, in quelli di altre testate, in servizi e in dirette televisive che però dal 2013 ad oggi non riescono a scalfire i palazzi dove, da via Flaminia 872 sede del XV Municipio a via della Pisana passando per il Campidoglio, persone che avrebbero dovuto e dovrebbero anche oggi agire a difesa dell’ambiente restano impassibili.
Da dicembre 2016 la situazione è congelata. Per il Comune la bonifica spetta alla Regione; alla Pisana dicono che è compito del Campidoglio. Il Municipio XV sta a guardare. Nel frattempo sei ettari di area golenale stanno morendo strangolati da centinaia di tonnellate di rifiuti.
Una vicenda nota a tutti i livelli ma da tutti ignorata, come se via del Baiardo fosse sulla luna, a 384mila km dalla terra, e non più pedestremente a soli millecinquecento metri da Ponte Milvio.
Claudio Cafasso
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Scaricabarile tra Regione e Comune semplicemente vergognoso. L’area va bonificata e magari data in gestione a LEGAMBIENTE, come è stato fatto con il parco di Capoprati.
La storia in pillole, a sostegno delle preoccupazioni dei cittadini, ma tutto è destinato a peggiorare, il sistema gestione dei rifiuti solidi urbani è in stato confusionale, i molti operatori sono tutti in difficoltà, a partire da chi gestisce le aree di raccolta, per non chiedere sempre allo stato ho pagato una ditta (di via di camposanpiero) per far ridurre di volume un vecchio scaldabagno da 80 litri e farlo stare in un sacchetto della spesa, ce ne sono però voluti due (appena potrò faro lo stesso con la vecchia lavatrice che oggi è sul terrazzo insieme al televisore da 32 pollici CRT già da me ridotto di volume e confezionato in 6 sacchetti (in sacchetti da calcinacci che sono molto più robusti ma meno capienti (c.a. 10 litri)) di cui due per il vetro, due per la plastica e due per il metallo, la scheda tv me la sono tenuta per i componenti elettronici, tutto per evitare l’ennesima discussione con l’area ecologica che tra questo e quello consente al cittadino semplice cinque sacchetti di calcinacci (all’anno) un lavatrice (ogni 5 anni) ecc. ecc. (ogni 5 o 6 anni) e non lo mandano a dire.
Come potremmo intervenire noi cittadini? Come far sentire la nostra voce? Roma sta diventando una discarica!!
Qualcuno sa dirmi se via del Baiardo è una strada comunale o di proprietà dei circoli sportivi della zona? giaviet@libero.it