
Chi è solito frequentare boschi e montagne si sarà senz’altro reso conto di quanto sia difficile osservare gli animali selvatici nel loro ambiente anche se ci si trova in un’area protetta: certo, i selvatici evitano istintivamente l’uomo e hanno prevalentemente abitudini notturne, resta però il fatto che gli incontri sono rari.
Non così all’interno delle città dove la presenza di ogni genere di creatura si fa sempre più pressante: uccelli nostrani o esotici, rapaci e notturni, anfibi e rettili, volpi, cinghiali e perfino istrici (l’ultimo avvistamento a Roma nel quartiere Prati).
Il fenomeno dell’inurbamento è sempre più frequente; tante le ragioni: il clima più temperato, la disponibilità di cibo (quasi sempre rifiuti), l’assenza di predatori. Tra l’altro si assiste ad un fenomeno sconcertante: le specie selvatiche sloggiano dal territorio cittadino quelle specie che da sempre vi abitavano (è il caso delle cornacchie grigie che predando i nidiacei stanno eliminando sistematicamente i poveri passeri).
Tra le specie che negli utili anni si sono fatte avanti ci sono ovviamente i cinghiali anche se non si può parlare di vero e proprio inurbamento; i cinghiali continuano a vivere nelle macchie e nei parchi a margine delle città e si spingono sulle strade alla ricerca di cibo. Lo spopolamento delle campagne e la grande disponibilità di cibo sotto forma di rifiuti (i cassonetti sono delle vere e proprie mangiatoie) fa si che la loro presenza sia sempre più ingombrante.
Anche se le immagini dei cinghiali a Roma Nord, in particolare quelli nel giardinetto di Tomba di Nerone, hanno fatto il giro del mondo non si tratta affatto di un fenomeno esclusivo della capitale e neppure di un evento privo di rischi.
Una presenza fuori luogo
I cinghiali nella maggior parte dei casi si dimostrano poco aggressivi (a meno che non difendano la prole o non reagiscano alla presenza di cani) ma il numero di incidenti automobilistici, alcuni purtroppo con esito fatale, ne fa un fenomeno preoccupante.
Non ci troviamo affatto in presenza di “poveri animaletti”: si tratta invece di una presenza del tutto fuori luogo e che non andrebbe incoraggiata in nessun modo e meno che mai con una benevole considerazione come se ci trovassimo alla presenza di “mamma oca con i suoi anatroccoli”.
Recente è infatti l’episodio di alcuni dipendenti AMA sorpresi a sfamare amorevolmente una numerosa famigliola di cinghiali: il video che li immortalava è diventato virale in poche ore ma per loro si è tramutato in un boomerang: un provvedimento disciplinare.
Ma come si è arrivati a questo punto?
Anche per i cinghiali ci troviamo alla presenza di un fenomeno tutto italiano: i cinghiali che all’inizio del secolo vivevano in Italia erano bestie di piccole e medie dimensioni che si concentravano soprattutto nelle aree boscose in montagna e collina anche se non disdegnavano incursioni nei terreni coltivati (allora i rifiuti erano praticamente inesistenti dal momento che non si sprecava nulla e meno che mai il cibo).
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale la popolazione di cinghiali era ridotta ai minimi termini tanto che si pensò di introdurre esemplari provenienti dall’Est europeo: cinghiali robusti, di generose dimensioni, prolifici e sufficientemente aggressivi. La gioia dei cacciatori, che potevano sparare ad animali giganteschi e combattivi (anche se i calibri moderni possono abbattere facilmente un elefante).
Il clima favorevole, la sempre maggiore disponibilità di rifiuti (soprattutto in strada), la nascita di riserve e aree protette anche all’interno delle grandi città e l’assenza di predatori hanno portato ad uno sviluppo vertiginoso della popolazione di questa specie di ungulati senza peraltro nessun intervento atto a censire la specie e limitarne la diffusione.
Neppure la pressione venatoria è servita: alcune squadre di “cinghialari” possono in una stagione (appena 2 mesi) abbattere 500 capi senza che la popolazione ne risenta minimamente.
Un fenomeno che interessa anche le grandi città come Roma dove il verde è molto presente e la situazione dei rifiuti in strada non fa altro che incrementare la popolazione di cinghiali. Chi abita a Roma Nord si è abituato a vedere i cinghialetti crescere fino all’età adulta riconoscendo addirittura le famigliole che bazzicano sempre gli stessi posti (qualcuno li chiama per nome e loro non disdegnano di mangiare dalle mani dei passanti).
Un quadretto piacevole se non fosse che ogni tanto qualcuno, in auto o scooter si va a schiantare sul “simpatico animaletto”: in questi casi di chi è la responsabilità?
Le responsabilità
A prescindere da quello che viene sancito in tribunale non c’è alcun dubbio che le responsabilità coinvolgano più soggetti e poco importa che gli attuali amministratori abbiano ereditato situazioni al limite del collasso.
Qui non siamo a Londra dove i cervi pascolano indisturbati nei grandi parchi e neppure a Yellowstone: i cinghiali in una città non ci devono stare e, se ci sono, le responsabilità sono oggettive come la presenza di rifiuti e di discariche abusive.
Il fatto è che siamo nel paese delle competenze che coinvolgono sempre un gran numero di enti che peraltro nascono, muoiono o si trasformano da un giorno all’altro; se ad esempio ben 14 enti hanno competenze sul Tevere, per quanto riguarda gli incidenti con animali selvatici possono essere chiamati a rispondere Regione, Città Metropolitana, Comune, Ente gestore della strada, Ente gestore del Parco…
Sentenze diverse hanno attribuito di volta in volta la responsabilità sia alla Regione che alla Provincia: la prima perché gestisce il patrimonio faunistico e la seconda perché ne gestisce la viabilità o perché responsabili dell’attuazione delle discipline regionali.
Il 29 maggio 2018 con sentenza n. 13488 la Corte di Cassazione ha comunque stabilito che: “La responsabilità per i danni a terzi deve essere imputata all’ente (sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc.) a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, con autonomia decisionale sufficiente a consentire loro di svolgere l’attività in modo da poter amministrare i rischi di danni a terzi che da tali attività derivino”.
Ma ci sono anche sentenze che respingono qualsiasi risarcimento attribuendo la responsabilità all’automobilista, vuoi per l’alta velocità o per non aver tenuto nella giusta considerazione i cartelli stradali che indicavano il passaggio di animali selvatici o ancora per non aver dimostrato in modo sufficiente la condotta colposa dell’ente.
Ma al di là della definizione delle responsabilità da parte di un tribunale in caso di incidente con un cinghiale resta il fatto che, nonostante il fenomeno abbia almeno a Roma dimensioni ragguardevoli, oltre alle numerose catture effettuate dall’Ente Parco di Veio, poco o nulla è stato fatto nel concreto per limitare i danni.
Almeno si mettano degli avvisi
Se un giorno un automobilista percorrendo ad esempio Via Panattoni – la strada che, in zona Cassia “Antica” si snoda lungo la Riserva Naturale dell’Insugherata – alla prevista velocità di 30 km/h dovesse urtare un cinghiale che improvvisamente esca dal canneto (o almeno quello che rimane del canneto) è indubbio che nessuno potrebbe invocare la fatalità.
La presenza di cinghiali, peraltro in gran numero, in Via Panattoni e provenienti dall’Insugherata (Riserva gestita da Roma Natura, ente regionale) è ben nota e documentata; la rete che delimitava il canneto è inesistente; non ci sono cartelli che avvisano del pericolo (in passato un cartello fu messo per iniziativa del Comitato Robin Hood); le segnalazioni fatte in merito alla presenza degli ungulati sono numerosissime.
E allora sorge spontanea una domanda: cosa si aspetta a mettere quanto meno dei cartelli che avvisano della presenza e transito di cinghiali, a riparare le recinzioni e ad applicare tabelle che ricordano che esiste una severa sanzione per chi dà da mangiare ai cinghiali?
Francesco Gargaglia
Venti cinghiali a spasso in via Panattoni: video di settembre 2018
Ed ecco a voi la Zoo di Roma ai tempi di Virgi (video girato a Via Panattoni, zona Insugherata).Grazie Virgi!
Pubblicato da Roma ai tempi di Virgi su Sabato 8 settembre 2018
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I cartelli possono segnalare la possibile presenza, ma non risolvono il problema.
Cinghiali sono apparsi anche nel parco antistante all’Istituto maryMount in via di villa lauchly…si tratta di un’area verde frequentata sia da proprietari di cani sia da bambini.
Io non so di chi sia la responsabilità ma certamente la situazione è diventata altamente rischiosa.
Il problema, secondo me, è un altro: a mia memoria Via Italo Panattoni non avrebbe dovuto esserci, ma poi, con la smania di suolo che c’è stata a cavallo degli ’50, ’60, è nata in mezzo al nulla.