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Ringo Starr e la sua All Starr Band all’Auditorium

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Lettere al direttore

Per tutti, il “quinto Beatles” era il produttore George Martin, responsabile alla consolle di molti lavori dei quattro baronetti nonché esecutore di parti strumentali in diversi loro brani. Il “quarto”, però, è sempre stato il batterista Ringo Starr, che mercoledì 11 luglio suonerà all’Auditorium nell’ambito del Rome Summer Fest insieme alla sua All Starr Band.

“Quarto” perché era tale in ordine di peso e importanza. Se gli altri tre hanno scritto le pagine più belle degli “scarafaggi”, lui è sempre stato il “Calimero” del combo, il meno dotato sia tecnicamente che come abilità nella scrittura dei brani. Non è un caso che quelli accreditati a lui siano pochissimi nella galleria del quartetto. Meglio di lui fecero sicuramente John Lennon, Paul McCartney e anche George Harrison, all’inizio ingiustamente sottostimato come compositore, ma poi rivalutato.

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Ringo Starr invece no. E’ sempre stato per tutti il musicista fortunato per antonomasia, quello che senza volerlo si ritrova in una band di fuoriclasse e ne beneficia, in termini di fama e royalties, oltre i suoi meriti effettivi. I Beatles non furono come i Led Zeppelin o gli Who, non erano la sorprendente somma di quattro eccellenze. La qual cosa potrebbe avere anche un che di magico ed esoterico, considerando le effettive probabilità che quattro mostri sacri ai rispettivi strumenti vivano nella stessa epoca, nella stessa città e si ritrovino nello stesso gruppo.

Nei Beatles la magia c’è stata per tre quarti. L’ “intruso” era lui, Ringo Starr. E non è un caso che anche stavolta si sia circondato di musicisti coi controfiocchi, a comporre il suo storico supergruppo che conta Steve Lukater (Toto) alla chitarra, Gregg Rolie (Santana, Journey) alle tastiere, Warren Ham (Kansas) al sassofono, tastiere e percussioni e Gregg Bissonnette (David Lee Roth) alla batteria. Non solo. Nella formazione ha appena fatto il suo rientro Colin Hay (Men At Work) alla chitarra, in aggiunta alla new-entry Graham Goudman (10CC) al basso.

L’ultima volta che gli All Starr hanno suonato in Europa è stato nel 2011 e ora vi tornano dopo la leg americana del tour che si è conclusa lo scorso 16 novembre al Prudential Hall di Newark, in New Jersey.

La ratio del giro mondiale è la promozione dell’ultimo album di Ringo, “Give More Love”, pubblicato a settembre scorso. Anche se a dire il vero, almeno a giudicare dalle ultime scalette, sembra che al Nostro non importi molto di fare pubblicità ai suoi nuovi brani poiché le setlist sono inzeppate di cover.

E se riproporre “What Goes On” o “Don’t Pass Me By” dei Beatles è un po’ come riprendersi il proprio, visto che le scrisse lui, suonare pezzi di Todd Rundgren, Shirelles e Santana è un tantino meno pertinente. Ad ogni modo, l’elemento ludico è preponderante in uno spettacolo all’insegna del divertissement, forse non rilevante e significativo per lo stato del rock odierno ma in grado di stupire con i virtuosismi delle personalità musicali in campo. Un’esibizione da circo, nel senso più nobile, dove Ringo è paradossalmente solo un elemento di congiunzione tra stili e riferimenti lontani.

La sua carriera discografica solista non è stata delle più floride. Particolarmente attivo negli anni ’70, come i suoi ex sodali nei Beatles, negli Ottanta e Novanta ha un po’ diradato le sortite in studio per tornare a incidere con una certa regolarità solo a partire dal 2008.

Memorabile, tuttavia, fu il suo ricongiungimento con Paul McCartney nel 1997 allorquando suonò la batteria e co-scrisse un brano nell’album di Macca “Flaming Pie”. Così come i due si ritrovarono insieme per il concerto-tributo a Harrison tenutosi a Londra a un anno esatto dalla sua morte avvenuta nel 2001 e per le riprese del documentario sullo stesso polistrumentista girato da Martin Scorsese nel 2011.

Starr e Macca, gli unici due Beatles rimasti in vita: teniamoceli stretti, per carità. Anche il Ringo Starr in versione All Starr che – se non altro – ci farà divertire.

Valerio Di Marco

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