
L’idea di “area verde”, specie se pubblica e protetta, coincide in genere con il concetto di “salute pubblica”; è impensabile infatti che in un parco o una riserva possano esserci dei veleni o degli inquinanti.
Eppure è proprio cosi: succede nella Riserva Naturale dell’Insugherata dove da quattro anni andiamo denunciando la presenza di una grande quantità di lastre di eternit all’interno di un’area verde tra Via Panattoni e il Fosso dell’Acqua Traversa.
La prima segnalazione della nostra testata risale al marzo del 2019. Un mese dopo anche anche RAI3, con la trasmissione “Buongiorno Regione”, si interessò a questa grave situazione di degrado ambientale.
Seguirono poi ogni anno altre tre nostre denunce: nel 2020, nel 2021, nel 2022. Siamo nel 2023 e dopo quattro anni le lastre, spezzate e frantumate sono ancora nello stesso posto e neppure la pandemia può essere chiamata a giustificare l’inerzia visto che due denunce e il servizio della Rai sono antecedenti al lockdown.
In passato in quel posto furono edificate delle casupole coperte con lastre di eternit che con il tempo sono venute giù; la presenza di un gran numero di cinghiali, oltre ad aver distrutto il bellissimo canneto di bambù, ha provocato con il calpestio la frantumazione delle lastre e lo spargimento dei frammenti in tutta l’area.
Una situazione di grave e potenziale pericolo dal momento che l’eternit, cancerogeno, da decenni non si produce più ed è stato eliminato dalle abitazioni, dai container, dai vagoni ferroviari e soprattutto dai luoghi pubblici. Quel che rimane va rimosso con grandissima cautela e conferito in luoghi particolari di smaltimento.
Una procedura che a quanto pare non vale per l’Insugherata dove in questi quattro anni nessuno si è mosso.
Quale che sia la ragione e quale la proprietà del terreno su cui si trova l’amianto, resta comunque a tutti gli effetti la responsabilità di chi gestisce la cosa pubblica che nel momento in cui viene a sapere di un problema che possa minacciare la salute pubblica ha il dovere di intervenire, senza trincerasi dietro il “non è di mia competenza”.
Il fatto poi che l’amianto sia in un’area coperta dalla vegetazione e frequentata da branchi di cinghiali non assolve nessuno; meno che mai chi ha il dovere istituzionale di rimuoverlo. È quattro anni che è lì, e quattro anni sono una eternità di fronte al pericolo incombente di un mostro che si chiama eternit.
Francesco Gargaglia
Il servizio del TGR Lazio di aprile 2019
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