Facile all’ascolto non è, ma le cose facili non hanno mai cambiato la storia. E quella dei nostri giorni, almeno in campo musicale, la sta facendo Jacopo Incani, che sotto lo pseudonimo “Iosonouncane” è il nuovo che avanza in fatto di musica sperimentale in Italia.
Un genio dell’avanguardia che mercoledì 14 marzo suonerà all’Auditorium insieme al musicista Paolo Angeli.
Il compositore, polistrumentista e produttore sardo ha quindi voluto un suo conterraneo sul palco della Sala Petrassi. Cosa importante per chi fa della tradizione un elemento essenziale della propria opera.
E non ha scelto a caso perchè Angeli è un maestro della chitarra sarda preparata, particolarissimo strumento a 18 corde che è un ibrido tra chitarra classica, violoncello e batteria. I due si esibiranno insieme e si cimenteranno con brani dai rispettivi repertori.
Niente di meglio, ora che siamo usciti dalle sabbie sanremesi, per capire a che punto è, ma soprattutto verso quali lidi si dirige, la musica italiana oggi.
E giusto di lidi tocca parlare poichè DIE, l’ultimo album di Jacopo Incani uscito tre anni fa, era un concept marino in cui l’autore assumeva il punto di vista ora di un uomo in mezzo alla burrasca, ora della sua donna che l’attendeva a terra.
Sei brani in cui l’elettronica sghemba, sincopata, stratificata del trentacinquenne nato a Buggerru e cresciuto a Iglesias ridefiniva l’immaginario sonoro arcaico e popolare della sua terra d’origine e al contempo demoliva, reinterpretandola in chiave moderna, la tradizione cantautorale italiana a colpi di loop, campionamenti, echi e riverberi uniti all’uso di strumenti etnici. Un afflato iconoclasta che era ben visibile ad esempio in brani come Stormi, Carne e Buio.
Difficilmente tanta furia distruttrice la si accetta e digerisce al primo ascolto, ma anche Battiato negli anni Settanta faceva le stesse cose: prima di Cuccuruccuccu e L’Era del Cinghiale Bianco, c’erano infatti stati Fetus, Pollution e Clic, i picchi del suo periodo colto e sperimentale nonchè pietre angolari per generazioni di musicisti venuti dopo.
Jacopo Incani sembra deciso a ripercorrerne le orme, ma più che alle vecchie cose del Maestro (che in passato ha citato ironicamente con la sua Summer On A Spiaggia Affollata) o all’epopea di un Alfio Antico, guarda a quanto avviene o è avvenuto all’estero in questi ultimi anni, ai lavori di Fiery Furnaces, The Books, Animal Collective e primi Grizzly Bear. Tutta gente venuta fuori all’alba del millennio ma che solo adesso iniziamo a recepire e tradurre nel nostro idioma e alla luce del nostro passato.
Da sempre in Italia rielaboriamo tendenze provenienti da fuori, il che non è un demerito: nel pop-rock tutto si ricicla. E plasmare con l’elettronica pastoni sonori a base di folk, pop, noise, indie-rock, free-jazz e canzone d’autore è qualcosa che ora attecchisce anche da noi, basti pensare a gente come Colapesce e Luci della Centrale Elettrica. E’ lo stilnovo del pop italiano, domani la musica si farà solo così. Speriamo.
Iosonouncane la strada l’ha intrapresa a modo suo, richiamandosi ad elementi ancestrali da trasporre in una dimensione futuribile. E’ un innovatore con radici. Il fatto che per molti anni abbia vissuto a Bologna, città viva, giovane, multiculturale, in fermento, non ha fatto che arricchirne quel bagaglio che ora sta facendo fruttare col suo progetto nato nel 2011 e che ha già all’attivo due album, oltre a varie collaborazioni. Il prossimo, attesissimo, lavoro dovrebbe uscire a breve.
Valerio Di Marco
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