Home ARTE E CULTURA Fortapàsc: il cinema dell’impegno civile al Cineporto

Fortapàsc: il cinema dell’impegno civile al Cineporto

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Martedi’ sera il “Cineporto”, la piu’ longeva manifestazione dell’estate romana in corso al Foro Italico a pochi passi da Ponte Milvio, ha presentato ai suoi spettatori Fortapàsc, il film di Marco Risi con protagonista Libero De Rienzo. La pellicola ricostruisce gli ultimi quattro mesi di vita di Giancarlo Siani, il cronista de “Il Mattino” ucciso dalla camorra a Napoli il 23 settembre 1985 quando aveva da poco compiuto 26 anni.

Fortapàsc, presentato alla Casa del Cinema di Roma lo scorso 25 marzo, si apre con le note di “Ogni Volta” di Vasco Rossi mentre la macchina da presa segue la Citroen Mehari di Siani che si arrampica sulle colline del Vomero, il quartiere residenziale dove il giornalista vive con i genitori ed il fratello Paolo. Sono gli ultimi minuti della vita del giovane cronista e, prima che i sicari della camorra lo ammazzino, la storia torna indietro all’estate del 1985. Da questo momento in poi iniziamo a conoscere – anche grazie all’interpretazione misurata e convincente di Libero De Rienzo – la personalità di questo giovane uomo divenuto, suo malgrado, un eroe.

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Giancarlo non ha mai atteggiamenti sopra le righe e non si sente coraggioso, è un giovane umile ed educato, soave e leggero, amante della vita e della musica nonche’ sensibile al fascino femminile. E’ un uomo determinato nella scelta e nello svolgimento della sua professione: vuole fare (e sta facendo) il giornalista (anche se precario o “abusivo” come egli stesso si definisce) ed è irremovibile nel rispettare la regola principale del giornalismo: trovare la notizia, verificarla e poi pubblicarla. Alla sua personalità e alla sua formazione culturale suona completamente nuova e stonata la distinzione, sottile e decisiva in certe realta’ “problematiche”, tra giornalisti-impiegati e giornalisti-giornalisti. I primi si assicurano casa, automobile, assistenza sanitaria ed anche un cane, i secondi creano problemi a se stessi ed agli altri. Siani non puo’ fare a meno di guardare con candido stupore il suo caporedattore di Castellammare di Stabia (interpretato da Ernesto Mahieux, straordinario caratterista gia’ visto in “Nuovo Mondo” e “Lascia Perdere Johnny) quando, durante una passeggiata sulla spiaggia, quella distinzione gli viene illustrata per la prima volta.

E allora seguiamo Giancarlo, cronista “abusivo” da cinque anni presso la sede distaccata de “Il Mattino”, che esce tutte le mattine dalla sua casa borghese del Vomero per calarsi, a caccia di notizie, nella realtà di Torre Annunziata, regno praticamente incontrastato del boss Valentino Gionta. Siani, taccuino nero sempre a portata di mano, è in compagnia del suo amico e collega Rico, interpretato dal bravo Michele Riondino, e si muove in una realtà degradata e corrotta, dove gli amministratori locali sono collusi con la camorra, la giustizia non interviene e i carabinieri sono determinati ma sotto organico ed impotenti.

Il titolo del film prende spunto da una frase pronunciata (“Torre non è come Fort Apache”) proprio dal sindaco di Torre Annunziata – è bravissimo Ennio Fantaschini ad interpretrarlo – durante un comizio fischiato dalla gente ed interrotto dalla pioggia (“quella pioggia poteva fare pulizia, ma anche la pioggia a Torre Annunziata diventava subito fango”, dice il personaggio interpretato da Libero De Rienzo). A questo punto, conosciamo Amato Lamberti, interpretato da Renato Carpentieri, direttore del periodico “Osservatorio sulla Camora” nonche’ maestro – di vita e di professione – dello stesso Giancarlo (gli spieghera’ lucidamente che, per portare alla luce le collusioni delle amministrazioni locali con la camorra, avrebbe dovuto seguire il flusso dei soldi arrivati a pioggia in Campania dopo il terremoto del 1980).

Nel frattempo, Giancarlo ha la conferma che il suo amico Rico e’ di nuovo caduto nella tossicodipendenza e, dopo averlo raccolto per strada e portato a casa, lo tratta con durezza dicendogli che non vuole vederlo morire e che da quel momento in poi il loro rapporto e’ finito. Senza il suo collega, che lo supportava anche per le fotografie, Giancarlo continua a parlare con la gente e ad informarsi. Fa domande scomode, comincia ad intuire come facciano gli amici dei camorristi a vincere gli appalti (a scapito delle aziende oneste, che falliscono) e ad individuare le alleanze dei clan della camorra. Si conquista la fiducia del tenace servitore dello stato, il capitano dei carabinieri Sensales (Daniele Pecci) .

Litiga con Daniela, la fidanzata di cui e’ innamoratissimo, che lo lascia, e poi si precipita a Torre Annunziata dove Gionta viene tradotto in carcere dai carabinieri. Arriva a capire che i clan della camorra hanno scaricato il boss in ascesa denunciandolo alle forze dell’ ordine. E lo mette nero su bianco. Infatti, nell’articolo, pubblicato su “Il Mattino” del 10 Giugno 1985, Siani scrive che Gionta e’ stato sacrificato per scongiurare una lotta tra i clan Nuvoletta e Bardellino e conseguentemente liberarsi di un alleato considerato scomodo ed ingombrante.

La ricostruzione di Siani suscita le ire dei boss di Torre Annunziata che, ritenutosi bollati pubblicamente come “infami”, ne ordinano l’esecuzione, che verra’ messa in atto tre mesi dopo. Grazie alla sua professionalita’ ed anche a questo pezzo, Siani viene trasferito alla sede principale de “Il Mattino” per una sostituzione estiva con prospettiva concreta di assunzione. Dopo cinque anni sta per finire la sua posizione di “abusivo”.

Riconciliatosi con il suo amico Rico, che ha smesso di drogarsi e ha deciso di fare l’avvocato, nella sede di Napoli Giancarlo si occupa di questioni sindacali continuando nello stesso tempo a mettere insieme elementi importanti che avrebbero dovuto comporre un’inchiesta accurata sulla sottrazione dei soldi destinati alla ricostruzione delle zone terremotate.

Nella scena dell’incontro con gli studenti, nella quale Giancarlo parla della sua professione, vediamo il vero Paolo Siani che stringe la mano all’attore che interpreta il fratello. E’ una scena emblematica e toccante: il fratello del cronista e’ insieme ai parenti delle vittime delle camorra.
In occasione dell’anteprima del film, che ha avuto luogo lo scorso 16 marzo al Teatro San Carlo di Napoli, Paolo Siani ha avuto modo di dire: Marco Risi e’ riuscito a cogliere molte sfumature del carattere di Giancarlo, per un gran lavoro che ha fatto con la nostra famiglia per tanto tempo. E’ riuscito a cogliere espressioni, il modo di muoversi, il mdo di toccare le cose, il modo di parlare. Ed anche alcune battute del film che Marco Risi ha inventato potrebbero essere tranquillamente state dette da Giancarlo…noi speriamo che questo sia un film che lasci una speranza per i giovani e per le persone che credono nell’etica, una speranza per la nostra citta’… Lui voleva fare questo mestiere e il modo per farlo era cercare la notizia e scrivere. Una scena (veritiera) del film mi ha molto colpito: lui arriva a Napoli e scrive un articolo e non si firma. Un ragazzo umile, normale, semplice non sopra le righe…10 anni per individuare i responsabili, quando ho incontrato D’Alterio – il giudice che si e’ occupato dell’inchiesta – gli ho detto che senza di te sarebbero tutte chiacchiere..il lavoro tuo e di 15 tuoi collaboratori stretti ha dato concretezza alla vicenda mandando all’ergastolo i responsabili”….

Dopo l’incontro con gli studenti (“voi siete la speranza”), Giancarlo riesce a rimettersi con Daniela. Qualche giorno dopo sara’ ammazzato.

Fortapàsc e’ una testimonianza asciutta ed accurata, un film che si muove leggero senza effetti speciali o personaggi eroici. Gli attori sono bravi e calati bene nei loro ruoli. La narrazione e’ priva di orpelli e di inquadrature studiate. La ricostruzione della realta’ degli anni ’80 e’ abbastanza precisa. Ci sono un paio di espedienti narrativi molto ben riusciti: il montaggio che alterna la caotica seduta del consiglio comunale alle immagini del summit camorristico e la carneficina per i vicoli di Torre Annunziata sovrastata dalla radiocronaca della partita di calcio del Napoli). Molto poetica e dolce e’ la scena nella quale un bambino, seduto nella parte posteriore di un camion, saluta Giancarlo che lo segue in auto e che gli sorride. Il film, che ha incassato poco piu’ di 700.000 € e’ dedicato a Dino Risi (“a mio padre Dino”), scomparso durante le riprese.

Bertold Brecht, nella sua “Vita di Galileo”, fa dire allo scienzato pisano: “Sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi”. Purtroppo in Italia di eroi ce ne sono tanti e c’e’ la tendenza a dimenticarli. Questo film e’ soprattutto una voce, ferma e delicata, contro l’oblio e la cancellazione della storia recente. Attraverso il sorriso e la leggerezza di Giancarlo Siani, grazie alla sua inclinazione e alla sua determinazione.

Giovanni Berti

Fortapàsc
regia: Marco Risi
sceneggiatura: Jim Carrington, Marco Risi, Andrea Purgatori, Maurizio Cerino
con
Libero De Rienzo (Giancarlo Siani)
Valentina Lodovini (Daniela)
Michele Riondino (Rico)
Massimiliano Gallo (Valentino Gionta)
Ennio Fantastichini (sindaco Cassano)
Ernesto Mahieux (Sasa’)
Daniele Pecci (capitano Sensales)
Gianfranco Gallo (Donnarumma)
Renato Carpentieri (Amato Lamberti)
Gianfelice Imparato (pretore Rosone)
il 23 settembre, a 24 anni esatti dalla morte di Siani, il film uscira’ in dvd.

 

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