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Ancora lucchetti a Ponte Milvio. Fosse questo il problema…

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Grande eco sulla stampa in queste ore, si torna a parlare dei lucchetti di Ponte Milvio che dai lampioni si sono spostati sulla catena che delimita l’area pedonale del ponte lato quartiere Flaminio.

Sono un bel centinaio, numerosi griffati 2022, ciò significa che sono almeno due anni che non si provvede alla loro rimozione. Da Ponte Milvio però, perché altrove invece viene fatta.

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Solo la scorsa settimana, infatti, ne sono stati rimossi ben sette quintali nel centro storico. Dal Pantheon a Fontana di Trevi, dal Colosseo all’Isola Tiberina la Polizia Locale ne ha fatto giustamente strage per poi consegnarli alla ditta incaricata dello smaltimento.

A Ponte Milvio la precedente corposa rimozione risale invece al 10 settembre del 2012 quando oltre mezzo migliaio di lucchetti vennero tagliati con le cesoie per poi finire in un magazzino di Cesano, dove arrugginiti e impolverati giacciono ancora.

Grande fu lo sconcerto di Federico Moccia, autore del romanzo che dette il via alla moda dei lucchetti, convinto – beato lui – che “i lucchetti hanno reso Ponte Milvio un luogo noto in tutto il mondo e che prima, pur avendo duemila anni di storia, era fuori da tutti i circuiti turistici, nessuno lo visitava”.

Al fatto invece che quella romantica ferraglia deturpasse profondamente il paesaggio dando il senso di uno spicchio di città abbandonato all’incuria nessun riferimento.

Lucchetti, fosse questo il problema…

Fosse comunque questo il vero problema di Ponte Milvio avremmo taciuto. In realtà spiace vedere come in queste ore ci si soffermi a puntare il dito sui lucchetti sorvolando sul vero degrado di quei centosettanta sette metri di storia che dalla Torretta Valadier solcano il Tevere fino a Piazzale Cardinal Consalvi con le due spallette in marmo bianco invase da scritte.

Alcune recentissime ma tante altre datate anche anni addietro, il che denota in modo inequivocabile l’assenza di manutenzione.

Se al Colosseo uno straniero incide le iniziali tutti gridano allo scandalo, si stracciano le vesti, scattano le sanzioni, volano le denunce. Deturpare invece il ponte più antico di Roma pare rientrare nella normalità delle cose, come se quelle spallette di marmo venissero offerte al grafomane di turno con l’accordo implicito che la sua scritta – che sia una fesseria o un poema d’amore – là resterà in eterno, dato che una idropulitrice a cancellarla mai si vedrà.

Ma non è tutto, perché sotto le arcate della Torretta le scritte imbrattano anche tre delle quattro porticine. E che dire della quarta? In realtà non c’è più, sostituita da una lastra di metallo alla faccia del rispetto dovuto alla storia, alla cultura e perché no, all’architetto Valadier.

 

E sempre della Torretta balzano agli occhi i muri scrostati, i buchi sulle pareti, la muffa negli angoli, il colore ormai slavato, i cornicioni sporchi e ammalorati.

Per non parlare dell’assenza di illuminazione e del buio che l’avvolge di notte, il che avrebbe reso ridicolo il titolo che avremmo voluto dare a queste righe: “riflettori puntati su Ponte Milvio”.

Claudio Cafasso

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1 commento

  1. Si sa: la mamma dei cretini è sempre incinta, non solo in Italia. Per i lucchetti vale quanto detto de un Lettore di VCB che tempo fa, al proposito, parlava di “cattivi maestri”.

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