Home ATTUALITÀ Patrioti a Ponte Milvio, la valle della battaglia

    Patrioti a Ponte Milvio, la valle della battaglia

    Ponte-Milvio-1850
    Galvanica Bruni

    Sotto l’arco della Torretta Valadier di Ponte Milvio c’è una lapide che cita un tentativo dei patrioti difensori della Repubblica Romana di far saltare il ponte per evitare il passaggio dei soldati francesi nel 1849.

    Il ponte non è crollato e i francesi sono passati, ma non sono arrivati a Roma, perlomeno da Ponte Milvio. Perché? Chi erano i difensori di Roma che combatterono da queste parti? Cerchiamo qualche traccia per ricostruire questa storia.

    Continua a leggere sotto l‘annuncio

    Le tracce della storia

    Se partiamo da Ponte Milvio e percorriamo quello che è oggi il giardinetto che dal Treebar arriva fino a piazza Belle Arti, come avranno fatto i francesi all’epoca, troviamo due tracce. Ovvero due monumenti semi abbandonati, poco noti e non spiegati da cartelli.

    Il primo, venendo da Ponte Milvio, è una specie di aiuola rialzata piena di erbe e non identificata, situata dietro la chiesetta di Sant’Andrea in Vignola. Non la notate anche se passeggiate a piedi in quel tratto di giardino, l’unico chiarimento lo potete avere da Google Map, che indica un “Monumento ai caduti del 1849”. Che cosa è successo nel 1849?

    Poco più avanti troviamo un grande edificio, misterioso per la sua collocazione che spezza a metà dello spazio verde. Potrebbe essere una brutta speculazione degli anni ’60? Spiegazione troppo semplice. Proseguiamo.

    Dopo questo edificio lo spazio verde prosegue assumendo il nome di “Giardino delle Crocerossine” e qui troviamo una colonna commemorativa con incisi dei nomi: da una parte quelli di Fulgenzio Fabrizi, Stefano Gori e Alessandro Scalabini, dall’altra quelli dei fratelli Francesco e Alessandro Archibugi. Questa colonna è una traccia importante, perché Gori e Fulgenzi erano due tifernati che combatterono a Ponte Milvio; ma i due fratelli Archibugi perché sono ricordati lì?

    La battaglia

    La storia dell’aggressione francese alla Repubblica Romana, dell’attacco al Gianicolo e della eroica difesa di Garibaldi, Manara e degli altri eroi del Risorgimento è nota, meno conosciuto è il fatto che i francesi, dopo essere stati fermati sul Gianicolo, pensarono di aggirarlo attraversando l’ultimo ponte sul Tevere che dava accesso a Roma: Ponte Milvio.

    lapide-arco-Ponte-MilvioI patrioti tentarono di farlo saltare, ma non erano abili artificieri e non riuscirono a farlo crollare, così i francesi passarono. A questo punto sembrava tutto perduto, ma Carlo Pisacane ebbe l’idea di creare una linea fortificata che andava da quella che oggi si chiama Fonte dell’Acqua Acetosa, più o meno all’altezza del Circolo Canottieri Aniene, passava attraverso i boschi di Villa Glori, dei Monti Parioli e di Villa Balestra, tagliando dove c’è più o meno la chiesetta di Sant’Andrea del Vignola, fino al Tevere.

    Il punto debole di questa linea difensiva, che chiudeva la grande ansa del Tevere in una sacca, era proprio quel tratto di pianura che si allunga dalla parete sotto Villa Balestra fino al Tevere. Quella zona pianeggiante era all’epoca un vasto vigneto a filari con in mezzo un grande edifico chiamato “Casale Polveroso”, che potrebbe essere almeno una parte del “misterioso edificio” del quale abbiamo parlato. Lì furono mandati i Legionari polacchi, gli studenti universitari e un reparto di volontari romani.

    Oltre a quelli incisi sulla colonna, che ho già citato, ricordiamo almeno altri tre nomi, tra quelli dei molti giovani patrioti che combatterono in quella zona: due ufficiali della legione polacca Milblitz e Podulack e Giacinto Bruzzesi, venuto da Cerveteri, che seguirà Garibaldi attraverso tutto il Risorgimento.

    Ora, mentre racconto la storia, provate a immaginare la ripida parete sotto Villa Balestra, il Casale Polveroso e intorno vigneti fino al Tevere scuro, profondo e invalicabile. Tra le vigne vedrete spuntare i lunghi fucili con baionette innestate imbracciati da uomini che avanzano disordinatamente, non indossano divise e non sembrano soldati, ma sono pronti a combattere. Nessuno accenna a indietreggiare, anche se davanti a loro avanzano i più temuti soldati del mondo, i veterani dei battaglioni d’assalto della fanteria francese.

    Quegli uomini senza divisa, ma pieni di coraggio sono i volontari della Repubblica Romana e non indietreggiano perché dietro a loro c’è Roma, il cuore della Repubblica, che rappresentava gli ideali di libertà e uguaglianza per cui avevano cacciato il Papa Re, erano stati scomunicati e definiti briganti: gli ideali per i quali erano pronti a combattere e a morire, non a fuggire.

    I francesi arrivarono in fila a passo veloce, fecero fuoco e avanzarono con le baionette innestate, sicuri del fatto loro e di una facile vittoria.

    I patrioti risposero al fuoco, ma il nemico continuò l’assalto con coraggio e arroganza. Il polacco Podulack con due pistole alla cintura e la sciabola al fianco corse loro incontro insieme a un gruppo di legionari, arrivato a pochi metri dai francesi puntò le due pistole e fece fuoco, poi impugnò la sciabola e cominciò a colpire da tutte le parti. Il tenente Bruzzesi lo vide e non volle essere da meno, gridò “Viva l’Italia!”, sguainò la sciabola e si mise al suo fianco. Mischia furibonda, da ambo le parti si sparava a bruciapelo. Presi dal furore bellico, Podulack e Bruzzesi avevano caricato un battaglione di francesi ed erano finiti in mezzo ai nemici.

    “Indietro, canaglie. Io muoio, non mi arrendo!” Aveva gridato Podulack, che cercava di farsi largo roteando la sciabola, finché, colpito alla testa e al petto da tre palle, era caduto sui corpi dei francesi che aveva ucciso.

    Bruzzesi, che continuava a sciabolare, fu raggiunto dai ragazzi della Guardia nazionale e dai polacchi che fecero quadrato intorno a lui: l’attacco francese era stato fermato, anche se i nemici erano arrivati a pochi passi da piazza del Popolo.

    Lo scontro avvenne più o meno dietro la chiesa di sant’Andrea del Vignola, ove c’è adesso il maltenuto “Monumento ai caduti del 1849”.

    monumento-caduti-1849

    Alla ricerca dei fratelli Archibugi

    Tra i molti patrioti che caddero per fermare i francesi c’erano anche i due fratelli Archibugi, giovani studenti universitari venuti da Ancona. Francesco, il più grande, fu raggiunto da una palla che gli attraversò il braccio e i polmoni. Alessandro fu colpito a una coscia, mentre tentava di soccorrere un amico, e poi ricevette una palla all’osso sacro, presumibilmente sparata da un maldestro compagno che era alle sue spalle.

    I due fratelli, insieme agli altri feriti, furono raccolti dai francesi che, secondo i racconti dei contemporanei, li trattarono lealmente e, dopo aver riattraversato Ponte Milvio, li portarono in una osteria chiamata “Tofanelli”, che raccontano fosse di fronte al ponte.

    Credo che questa “osteria Tofanelli” corrisponda all’edificio a mattoni rossi che si affaccia ancora oggi sul piazzale. Comunque sia, gli Archibugi furono depositati lì e il chirurgo italiano Alessandro Orsi scrive di averli assistiti. Francesco morì quasi subito e fu sepolto in un terreno lungo l’argine del Tevere. Alessandro insieme ad altri feriti fu invece trasportato all’ospedale Fate Bene Fratelli di Civitavecchia dove Orsi, vedendolo peggiorare, tentò di operarlo per estrarre la pallottola, ma l’intervento non riuscì. Alessandro morì in quell’ospedale e fu sepolto in un camposanto.

    simulacro-patrioti-caduti-1849Qualche tempo dopo il padre dei due Archibugi venne a Roma per cercare i cadaveri dei suoi figli. Gli spiegarono che la terra lungo il fiume, dove era stato sepolto Francesco, si era sgretolata facendo riemergere il cadavere quasi intatto e che la “Confraternita della morte” lo aveva raccolto per dargli sepoltura in un camposanto in città, ma il cardinale vicario aveva opposto il suo veto.

    Nonostante questo, gli dissero che la Confraternita, forte dei suoi privilegi, lo aveva inumato in un ossario situato in una cripta sotterranea, dove “le acque del Tevere gorgogliavano urtando i pilastri su cui poggiava la chiesa”. Il padre degli Archibugi, che riuscì a farsi condurre in questo ossario sotterraneo, racconta che il luogo era vicino a palazzo Falconieri a via Giulia, potrebbe quindi essere la cripta della chiesa di “Santa Maria dell’Orazione e Morte”.

    È in onore dei tanti patrioti per la difesa degli ideali di libertà della Repubblica Romana che è stata eretta nel luogo della battaglia la colonna commemorativa e il simulacro di “Monumento ai Caduti del 1849”, che abbiamo citato all’inizio dell’articolo. Se passate da quelle parti, ricordatevi di avere un pensiero in onore delle loro gesta.

    Stefano Vincenzi
    (Liberamente tratto dal romanzo Ribelli e Patrioti Edizione Dante Alighieri 2022)

    L’autore. Stefano Vincenzi, classe ’52, vive al Fleming, è General Counsel del Gruppo Mediobanca e professore di Diritto del Mercato Finanziario, ma anche profondo appassionato di storia. Nel tempo libero, infatti, si immerge nei meandri della storia, cercando dettagli, aneddoti e verità celate. Ha pubblicato: Verso Costantinopoli (ed.Marchesi, 2008), La Porpora e il Sangue (ed.Luni, 2015) e Oltre i confini dell’Impero (ed.Marchesi, 2019) e Ribelli e Patrioti (Soc. ed. Dante Alighieri, 2022).

    Quando i patrioti ricevettero l’ordine “fate saltare il ponte!”

    Storia, un “tifernate” a Ponte Milvio

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    3 COMMENTI

    1. Ogni anno, prima del Covid, si è tenuta una commemorazione alla quale noi Archibugi romani abbiamo partecipato. Una tradizione familiare ha visto, ogni due generazioni, usare i due nomi Francesco ed Alessandro alla nascita di figli maschi, come è successo a me ed a mio fratello Francesco.
      Solo la nascita di due figlie femmine ha interrotto questa tradizione familiare.
      Non credo che sia un caso che noi Archibugi si sia sempre vissuto nel quartiere Flaminio o nei Monti Parioli

    2. Grazie Stefano del tuo ottimo articolo.In famiglia conoscevamo la storia dei nostri coraggiosi avi ma non così dettagliata.
      Per i nostri figli e nipoti è sicuramente un piccolo grande orgoglio.
      Ancora oggi ,passando spesso nella piccola strada che li ricorda, io penso al loro coraggio e alle loro così forti convinzioni e passioni politiche.
      Dopo il tuo articolo penserò sicuramente allo strazio di un padre che cerca i corpi dei suoi figli.

    3. Grazie Stefano ,
      L’articolo è come il libro ,ricco di episodi interessanti e poco conosciuti ! Eroi giovani ,coraggiosi ,che hanno creduto in un ideale forte ed anche concreto !L’utopia è fondativa!

    LASCIA UN COMMENTO

    inserisci il tuo commento
    inserisci il tuo nome