Home ATTUALITÀ 45 anni fa dramma di via Fani. Una Messa a Santa Chiara

45 anni fa dramma di via Fani. Una Messa a Santa Chiara

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Galvanica Bruni

45 anni fa, il 16 marzo del 1978, in via Fani, sulla Camilluccia, le Brigate Rosse sequestrarono il presidente della DC Aldo Moro e uccisero gli uomini della sua scorta: i poliziotti Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino e i carabinieri Domenico Ricci e Oreste Leonardi. Un dramma che ha segnato indelebilmente la nostra memoria collettiva.

Questa sera in piazza dei Giochi Delfici, a Vigna Clara, nella parrocchia Santa Chiara che fu assiduamente frequentata da Aldo Moro, Don Andrea Manto celebrerà una messa per ricordare i tragici avvenimenti di 45 anni fa. Gli abbiamo chiesto…

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Com’è nata questa idea?

L’idea di questa celebrazione nasce dal fatto che, innanzitutto, non dobbiamo dimenticare mai la nostra storia, il nostro percorso biografico, istituzionale e anche spirituale. E l’eredità di Moro è un’eredità profondamente legata a questa chiesa, cioè a questa parrocchia, in particolare.

Il rapimento Moro e l’eccidio della sua scorta è un fatto di sangue che è ancora vivo nella memoria di tanti nostri fedeli e di tante persone che abitano e vivono in questo quartiere ogni giorno…

Ma soprattutto credo che il contesto che stiamo attraversando anche nel quadro più ampio della storia politica italiana richieda di guardare al passato per comprenderne alcuni passaggi fondamentali.

Pensa che ci siano aspetti simili tra i tempi di Moro e quelli che stiamo vivendo?

Ci sono diverse analogie, anche se in un contesto radicalmente diverso. Penso alla necessità di una fase politica nuova che ha vissuto Moro, una fase politica più inclusiva. Oggi, noi potremmo leggere tutta questa astensione che c’è, così come anche il l’inizio di una fase nuova di governo, come la necessità di ritrovare un dialogo tra le parti.

Un dialogo che in un clima di profonda divisione e di reciproca delegittimazione fa fatica a sorgere. Mentre di questo dialogo invece c’è urgente bisogno non solo per pacificare il Paese. Ma anche perché l’unione fa la forza e ci permetterebbe di affrontare meglio le sfide, le grandi sfide cui andiamo incontro; che non sono solo quelle della resilienza e del PNRR, ma sono proprio quelle che sullo scenario globale si stanno delineando.

A questo proposito, un’altra similitudine tra i tempi di Moro e i nostri è quella relativa alla collocazione dell’Italia all’interno dello scacchiere internazionale, le relazioni con gli altri Stati, l’idea di guardare alla Russia o di guardare alla Nato. Era un problema vivo durante gli anni dell’attività di governo di Aldo Moro.

Ed è tornato di grande attualità…

Infatti lo è anche adesso, in maniera del tutto diversa, non con quello stesso tipo di schema, ma di fatto è un problema che esiste nell’agenda politica del nostro Paese.

Così come anche questa crisi energetica, conseguenza della guerra in Ucraina, ma non solo, che mette un po’ il dito nella piaga su un nervo scoperto nel nostro Paese. Questa debolezza energetica, questa difficoltà nell’ approvvigionamento delle fonti energetiche, che può causare, che sta causando, non come unica causa certamente, ma contribuisce a causare una spinta inflazionistica, e quindi un impoverimento delle famiglie e del loro potere di acquisto.

Non sono materie mie, sono materie che vivo da cittadino, ma credo che, nella coscienza di Moro risuonassero già allora come domande urgenti alla coscienza di un credente, di un cattolico che vuole fare impegno politico.

Non teme tutto questo possa farla accusare di pendere da una certa parte politica, piuttosto che da un’altra?

Io penso che, intanto, non c’è futuro senza memoria, cioè per guardare al futuro abbiamo bisogno di ricordare. E poi la chiesa è una comunità che sa guardare al futuro proprio perché sa fare memoria e sa attualizzare la memoria.

E oggi parlare di Moro non significa fare un’opzione partitica cioè un’opzione di parte, ma significa fare un’opzione politica di costruzione della Polis. E Paolo Sesto, che addirittura arrivò ad offrirsi ai brigatisti per la liberazione di Aldo Moro, Paolo VI ci ricorda che la politica è la forma più alta di carità.

Michele Chialvo

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