La pista ciclabile in via di ultimazione e che passa alla base del Monte delle Grotte, in via Flaminia, neppure aperta già è stata chiusa causa di una frana. Sia il tratto superiore che quello inferiore, realizzato alla base del costone tufaceo, sono stati sigillati con rete metallica mentre numerosi cartelli avvisano del pericolo “caduta massi”.
Ma cosa è successo? Nulla di più di quello che forse era prevedibile: certamente a causa delle recenti piogge e magari anche per l’assenza di manutenzione, parte del costone in tufo è franata e grossi blocchi sono precipitati in basso a pochi metri dalla ciclabile. Scontatissima la decisione di fermare i lavori e recintare tutta la zona.
La frana è un qualcosa che non può suscitare meraviglia e tantomeno novità; sebbene Monte delle Grotte sia lì da tempo immemorabile, l’instabilità del costone è ben nota tanto che anni fa fu posizionata una rete di protezione; la rete purtroppo non comprende il tratto al di sotto delle grotte.
Quando sono iniziati i lavori per la realizzazione della pista ciclabile, opera del Consorzio Quarto Peperino e lavori legati a vecchi progetti e al PRG, forse i tecnici dovevano immaginarselo che quel costone, che per anni ha ospitato un grande pino schiantatosi per il vento, poteva essere poco sicuro e magari cedere in qualche punto.
Così come qualcuno avrebbe dovuto preoccuparsi del grande insediamento abusivo sorto alla base del costone a pochi metri dalla frana; preoccupazione che ancora oggi sembra non impensierire le istituzioni tanto che la strada è stata sigillata ermeticamente con rete metallica, ma le baracche non sono state sgomberate.
Se la frana è (ma solo in parte) una novità, non così la situazione di gravissimo degrado di tutta l’area trasformata in una discarica a cielo aperto. Alla base del costone ci sono non solo terra e massi precipitati dall’alto ma anche montagne di rifiuti e detriti. Eppure stiamo parlando di un sito e di una vasta area di straordinaria importanza archeologica.
Se facciamo riferimento a quanto descritto nella pubblicazione “La Via Flaminia a Due Ponti” di Calci, Venier, DeLuca e Capannolo, non possiamo non sentirci mortificati; questa straordinaria strada costruita nel 220 a.C., proprio nel tratto che va da Due Ponti a Labaro raccoglie uno straordinario patrimonio artistico e archeologico che meriterebbe ben altra attenzione.
La Tomba dei Nasoni, la tomba di Fadilla, l’area archeologica di Grottarossa, lo stupendo Mausoleo di Marco Nonio Macrino di via Vitorchiano (ribattezzato la tomba del gladiatore) mai aperto al pubblico pur essendo di straordinario interesse, sono solo alcuni dei tesori di cui Monte delle Grotte costituisce una piccola ma importante gemma.
Calci, nella pubblicazione citata, parla non solo di tombe rupestri destinate poi ad abitazione, ma anche di un probabile insediamento etrusco e ai resti di una grande villa repubblicana sul ciglio orientale. Nel 1926 furono individuati alcuni muri e diverse terrecotte e poi alla base della parete orientale “una fontana monumentale con strutture in opera mista di reticolato e laterizi databili all’età adrianea pertinente forse ad un complesso termale pubblico”.
Quanto basta per fare di questa area ben circoscritta un sito di particolare interesse da proteggere ad ogni costo e che oggi è esposto non solo ai possibili danni di una frana, le cui origini possono anche essere ricercate in passato nel taglio dei tufi, ma anche al degrado provocato dall’incuria e da assenza di controllo sul territorio.
Francesco Gargaglia
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E’ proprio crollato tutto