Home CRONACA Via Due Ponti, quel misterioso omicidio irrisolto di 22 anni fa

Via Due Ponti, quel misterioso omicidio irrisolto di 22 anni fa

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Sono passati 22 anni dalla morte di Eleonora Scroppo, l’assicuratrice uccisa a colpi di arma da fuoco nella sua abitazione la sera del 9 ottobre del 1998. Un delitto efferato, definito dai più “inspiegabile”, tutt’ora irrisolto.

Cinquant’anni, manager affermata, sposata e madre di due ragazzi, Eleonora abitava in una villetta bifamiliare all’interno di un elegante comprensorio in Via dei Due Ponti, sulla Cassia: è stata freddata senza nessuna pietà dalla finestra della cucina al piano terra, mentre era seduta a tavola con suo marito e uno dei due figli; l’altro, che non era in casa, venne a sapere della morte della madre poco dopo rientrando da una partita di calcetto.

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Sette spari dalla finestra

Quella sera, un venerdì d’autunno, alle 20.24 in punto, qualcuno nel giardino della sua casa si è avvicinato al vetro della finestra e ha sparato: uno, due, tre fino ad arrivare a sette revolverate.

I colpi, partiti da una calibro 7.65, l’hanno raggiunta alla spalla e al petto, senza lasciarle scampo. Il marito, Stefano Ciampini e uno dei due figli, Andrea, che in quel momento erano seduti in cucina con lei, non si sono accorti di nulla, fino a che non hanno sentito gli spari e hanno visto Eleonora accasciarsi davanti ai loro occhi, su un mucchio di vetri rotti. Trasportata d’urgenza da una volante della Polizia all’Ospedale Villa San Pietro, la donna è deceduta al nosocomio.

La villetta bifamiliare in cui viveva l’assicuratrice faceva parte di una stecca di otto appartamenti, di cui tre, oltre al suo, di proprietà della famiglia; gente benestante, molto stimata a Roma Nord e conosciuta perché proprietaria da anni anche di un’importante agenzia assicurativa in Via Flaminia.

L’ipotesi più accreditata è che l’assassino quella sera sia entrato direttamente dal cancello carrabile di via dei Due Ponti 225 o da quello pedonale accanto e che si sia avvicinato alla finestra della cucina strisciando nel parcheggio. Non si esclude però che il killer possa essere arrivato nel giardino della villetta calandosi da un tetto limitrofo oppure scavalcando dal terreno confinante il civico 227.

Le indagini

Le indagini, dirette dal pubblico ministero Leonardo Frisani iniziarono proprio dalla scena del crimine.

Dei sette colpi partiti, solo due colpirono la donna mentre gli altri cinque si andarono a conficcare in varie parti della cucina, elemento che indusse subito gli investigatori a pensare che l’obiettivo dell’assassino potesse essere l’intera famiglia e non solo Eleonora. La stessa versione fu sempre sostenuta anche dal marito, ma la polizia giunse a conclusioni diverse: solo due dei sette colpi erano andati a segno perché gli altri cinque erano semplicemente partiti da una distanza maggiore durante la fuga dell’assassino.

Nelle prime 48 ore dal delitto le indagini si concentrarono sulle villette vicine, quelle dei familiari e su tutte le altre, si cercò l’arma ovunque ma senza successo. Vennero ascoltati i vicini di casa: nessuno quella sera aveva visto nulla di strano se non udito i colpi di arma da fuoco.

Le indagini proseguirono senza sosta per sette giorni fino alla mattina dei funerali, celebrati una settimana dopo a Vignaclara nella Chiesa di Santa Chiara in Piazza Giuochi Delfici, la stessa parrocchia in cui anni prima Eleonora e Stefano si erano sposati. Poi l’attenzione sul caso scemò.

Il movente del delitto

Per l’omicidio di via dei Due Ponti vennero battute tutte le piste possibili alla ricerca del movente: si iniziò da quella passionale, subito dopo scartata: Eleonora e Stefano era una coppia affiatata e dalle indagini non emergeva alcun elemento che potesse portare al tradimento o alla vendetta.

Si scavò allora in ambito familiare, concentrandosi su vecchi dissidi con un ex cognato, motivi di lavoro, ma anche qui non si arrivò da nessuna parte se non ad un alibi perfetto dell’uomo per quella sera.

Si approfondirono quindi le questioni societarie, nonostante il marito della vittima avesse escluso qualunque manovra a rischio o minacce da terzi ed effettivamente anche questa pista non fornì alcun elemento, nonostante i numerosi sopralluoghi eseguiti dagli investigatori presso la Vida Srl, la società di famiglia, e i tanti interrogatori fatti a dipendenti e clienti.

Gli inquirenti scavarono ovunque, persino tra le amicizie dei figli, in cerca di giri di droga o amicizie poco raccomandabili; si tentò la carta dell’usura, addirittura fu valutata l’ipotesi dello scambio di persona: Eleonora Scroppo era stata uccisa al posto di qualcun altro? Un errore? Anche su questa strada non si arrivò mai da nessuna parte.

Un indagato tra gli atti

Ma quando ormai il caso sembrava concluso – e irrisolto – e si procedeva verso l’archiviazione, Stefano il marito di Eleonora, chiese l’acquisizione degli atti e scoprì che in realtà un nome nell’inchiesta c’era: era quello dell’attore vicino di casa, Loris Bazzocchi, con cui da tempo c’erano forti dissidi per questioni condominiali.

Erano passati quattro anni dall’uccisione di Eleonora e fino a quel momento tutti avevano taciuto sul nome dell’unico indagato per omicidio volontario. La stessa cosa avvenne anche successivamente. Perché il nome del presunto colpevole fu sempre coperto? Forse perché era un personaggio dello spettacolo? Bastava questo?

Eppure, nonostante le sue generalità fossero rimaste ben nascoste, c’erano due strade che portavano dritte a lui: un alibi traballante per quella sera e una domanda curiosa fatta tempo prima ai vicini di casa. Durante l’interrogatorio Loris Bazzocchi aveva dichiarato che quella sera era andato a fare bancomat ma lo sportello non aveva mai registrato alcun prelievo da parte dell’uomo. Allora lui si era corretto dicendo di aver dimenticato la carta a casa ma nessuno lo aveva visto rientrare. A suo sfavore pesava anche la richiesta d’informazioni al vicino per l’acquisto di una pistola con silenziatore.

L’uomo, noto interprete di film polizieschi, fu seguito, spiato, sottoposto a più interrogatori; addirittura fu paragonata la scena del crimine con una sequenza da lui interpretata in uno dei suoi film; gli venne fatta perfino la prova dello Stub – la ricerca di polvere da sparo su indumenti e pelle dell’indiziato – ma non si arrivò a niente.

Un marito alla ricerca della verità

Solo la costanza di Stefano nel trovare a tutti i costi un colpevole per la morte della moglie permise di evitare l’archiviazione e di procedere al riesame e fu a quel punto che uscì finalmente un movente: l’attore pare fosse convinto che Eleonora e il marito lucrassero sulla polizza stipulata tra il consorzio di Via dei Due Ponti dove tutti abitavano e la società assicurativa degli Scroppo. Poteva un movente così banale aver scatenato una furia omicida? Con quali prove?

Nell’ottobre del 2002, il pm depositò la chiusura delle indagini e chiese l’archiviazione del caso. Nessun rinvio a giudizio, l’indagine era chiusa, e il colpevole rimaneva sconosciuto. Su Loris Bazzocchi non erano stati trovati residui di polvere da sparo, non c’erano tracce di Dna nel giardino della villetta degli Scroppo e soprattutto non c’erano testimoni; l’ipotesi che l’attore potesse avere pesanti contrasti con la famiglia di assicuratori venne presa in considerazione ma l’accusa non reggeva e soprattutto non c’erano prove.

Anche dopo il sigillo sull’inchiesta Stefano Ciampini non si è mai arreso, tuttora convinto che un colpevole per l’atroce assassinio della moglie esista e che abbia un nome. Ma nessuno è mai arrivato alla verità, quello di Eleonora Scroppo è di fatto un omicidio che resta insabbiato, anche 22 anni dopo.

Fabrizio Peronaci e il caso Scroppo

Per fare luce sul caso, VignaClaraBlog.it ha contattato Fabrizio Peronaci, giornalista d’inchiesta del Corriere della Sera che, a partire da quel 9 ottobre del ’98, non ha mai smesso di seguire la vicenda fino a scegliere di inserirla nel suo ultimo libro Morte di un detective a Ostiense e altri delitti.

Il volume, uscito nelle librerie tradizionali, online e nelle edicole a gennaio scorso passa al setaccio 13 omicidi rimasti irrisolti: due di questi, l’omicidio della Scroppo e la scomparsa del giudice Adinolfi, sparito dopo essere uscito dalla sua casa di Via della Farnesina e vittima della lupara bianca, accaduti entrambi negli anni ’90, restano due grandi gialli irrisolti di Roma Nord.

Quello di Via dei Due Ponti è un caso che presenta un elemento di ferocia davvero inusuale: un cecchino che irrompe all’ora di cena in un tranquillo condominio residenziale di Roma Nord e spara sette colpi consecutivi da una finestra della cucina verso una famiglia riunita a tavola non ha precedenti. All’epoca fu proprio quell’intrusione così aggressiva dell’omicida a colpire. Apparve come un gesto gratuito, un gesto folle e gratuito.” – ha commentato Peronaci ripercorrendo la vicenda.

Secondo il giornalista il caso della Scroppo non è mai stato approfondito; è come se, sia a livello giudiziario che a livello mediatico ci fosse stata una scarsa attenzione riservata al caso: “Lo scorso anno sono tornato sul luogo del delitto e ho fatto una lunga chiacchierata con il marito della vittima; il signor Ciampini, che oggi non vive più lì, è ancora molto arrabbiato, si sente tradito dalla giustizia, teme che siano state fatte scelte sbagliate. Stefano crede fermamente che un colpevole esista ma che non abbia mai pagato per la morte della moglie.”

Peronaci, come anche il marito della vittima, è convinto che si sarebbero dovute approfondire alcune piste, come quella dei rapporti della famiglia con il vicinato e pensa fermamente che qualcuno, come nella maggior parte dei casi di cronaca nera irrisolti, non abbia detto la verità.

L’unico appiglio che potrebbe convincere i magistrati a riprendere in mano il fascicolo è che qualcuno parli. Sarebbe necessario un testimone che si faccia avanti, qualcuno che ha visto o sentito qualcosa. Per 22 anni non sono usciti elementi che abbiano mai portato a prove concrete, a un movente certo. Quello che emerge dopo tutto questo tempo è che la verità storica non è stata scritta ma pare molto vicina mentre quella giudiziaria in mancanza di prove certe e inequivocabili deve fare un passo indietro”.

Ludovica Panzerotto

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