In un articolo dal titolo “Mai visto un cervo a New York?” pubblicato sul supplemento del Corriere della Sera del 25 settembre, Nicola Scevola descrive quali sono le aree verdi della “grande mela”: a cominciare da Central Park che con i suoi 340 ettari non è neppure il più grande dei parchi. Quasi mille chilometri quadrati di boschi, di paludi e di dune costiere realizzate a partire dagli anni trenta grazie all’infaticabile opera di Robert Moses convinto che “la rinascita economica passasse attraverso il miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti”.
I residenti di quella che la cinematografia ci ha abituati a considerare la città più stressante del pianeta possono passeggiare tra i boschi di acero di Bronx Park oppure osservare migliaia di anatre a Prospect Park, guardare il sole che tramonta a Riverside Park o raccogliere conchiglie che contengono perle dal colore violaceo sulla spiaggia del Wolfe’s Pond Park (da noi se raccogli una conchiglietta fossile come minimo ti becchi una denuncia per attentato alla scienza o per aver minacciato l’equilibrio idro-geologico!).
A Pelham Bay, il parco più esteso della città, vi si trovano cervi, procioni, gufi e granchi reali mentre a Alley Pond Park è stato aperto un percorso con liane e ponti tibetani: insomma i newyorkesi, a dispetto di quello che il cinema ci fa credere, hanno tanto di quel verde che verrebbe a noia perfino ad un indio della foresta amazzonica.
E da noi come stanno le cose? Non male se consideriamo che Roma è la capitale più verde d’Europa: certo in fatto di manutenzione e controllo siamo su di un altro pianeta. Se avete avuto la fortuna di andare a New York ed entrare a Central Park vi sarete accorti che nei vialetti non c’è neppure una cicca in terra: schiere di poliziotti e rangers, a piedi, in auto a cavallo o in bicicletta, vi marcano stretti neanche foste un killer della mafia.
Nella nostra città, e non è per fare il solito italico disfattismo, la situazione è ben diversa e a tale proposito basta citare un paio di esempi: questa estate a Villa Borghese numerosi busti di marmo sono stati sfregiati e alcuni addirittura divelti e gettati in terra per un danno di alcune centinaia di migliaia di euro. Una storia già vista.
Nel Parco di Tor di Quinto, il laghetto realizzato alcuni anni fa con i nostri soldi, ora è una palude melmosa che presto sarà bonificata.
E che dire delle aree protette? Proprio su queste pagine abbiamo documentato qualche mese fa (leggi qui) lo stato di grave abbandono e degrado in cui versa il parco di Monte Mario, quello che nel 1997, all’atto della sua istituzione, era il più bel parco di Roma. Lo stato di degrado è talmente diffuso che una parte del parco oggi è off-limits a causa delle strane ed equivoche frequentazioni. Verrebbe da chiedersi come mai non sia intervenuta la Corte dei Conti a seguito del sistematico danneggiamento di tutte le postazioni antincendio.
Oggi veniamo a sapere, a quattro anni dalla sua approvazione, che il Piano di Assetto dell’Insugherata ha previsto gli accessi per il pubblico in aree private: come dire, mi dispiace per voi, ma ci siamo sbagliati.
Eppure il Piano di Assetto mica lo ha scritto il custode di Villa Mazzanti: alla sua redazione, che ha richiesto appena nove anni, hanno partecipato architetti, naturalisti, biologi e professori universitari pagati tutti, ovviamente, con i soldi dei cittadini.
Fatto sta che nonostante i 700 ettari (quasi due volte Central Park) la Riserva dell’Insugherata continua a rimanere sbarrata ai residenti della zona Cassia a cui l’Amministrazione capitolina, come fece il buon Moses, offre in cambio un centinaio di metri quadrati dello “sgarrupato” giardino di Tomba di Nerone.
Che in realtà qualche similitudine con i parchi di New York ce l’ha: stiamo parlando dello stuolo di ubriaconi che la frequentano. Solo che negli USA, sarà per la legge o per una questione di pudore, le bottiglie di liquore le nascondono in sacchetti di carta. Da noi neppure questo!
E così mentre lo stressato newyorkese se ne va nel famigerato Bronx con la sua sedia da campeggio a guardare il sole che scompare dietro le scogliere del New Jersey, il rilassato cittadino romano, si limita a guardare il tramonto da Via Panattoni: la strada tutte curve che sovrasta l’inviolabile Riserva Naturale dell’Insugherata.
Francesco Gargaglia
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