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Il giallo della banda di falsari a Ponte Milvio

euro falsi
Galvanica Bruni

C’è una banda di falsari affiliata alla ‘ndrangheta che ha messo in piedi un ingegnoso sistema per spacciare euro falsi senza rischi. Lo fanno in zona Ponte Milvio e nei dintorni del Foro Italico, in occasione delle partite di calcio e dei concerti…

C’è un’intraprendente direttrice di un giornale on line locale che viene al corrente del tutto grazie a un informatore e che è pronta a fare lo scoop, ma poi ci scappa il morto…
e c’è un commissario di Polizia il cui cognome, casualmente, fa proprio rima (non baciata) con Ponte Milvio…

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C’è… ma non diciamo altro, tranne che questo racconto inedito di Michele Chialvo, 75enne giornalista residente a Vigna Clara, si intitola “PonteMolloBlog” e che il nostro amico ha deciso di regalarlo ai lettori di VignaClaraBlog.it.

PonteMolloBlog

Sulla homepage di Pontemolloblog.it nella mattina del 7 maggio 2024 viene pubblicato questo articolo

Cari lettori, sappiamo bene che non siete proprio abituati ad una lettura così lunga, ma vi possiamo assicurare che ne vale la pena e vi garantiamo che – come capirete alla fine – non potevamo pubblicarlo a puntate. Il nostro giornale è stato coinvolto in un thriller importante… Buona lettura e buona suspense. Cominciamo con le due mail che hanno dato inizio a tutto.

mail inviata il 22 aprile dal direttore di PonteMolloBlog al Commissariato di Ponte Milvio, all’attenzione del Commissario Pallotta.

Egregio Commissario, immagino che, dopo la nostra telefonata, lei si aspetti un rapporto più o meno simile a quello che le farebbe un suo agente, ma sono giornalista e non saprei nemmeno da che parte cominciare. Quindi ho pensato di scriverle una specie di racconto, rispettando rigorosamente l’ordine cronologico dei fatti, come immagino si faccia in un rapporto.

Quindi cominciamo con la telefonata di cui le ho detto:

“No Clara, ti prego, non riattaccare, questa volta è una faccenda terribilmente importante, ti prego ascoltami”.

“Alberto, eravamo d’accordo… solo rapporti professionali, se hai qualcosa da raccontare…”

“Ma questo è professionale, te lo giuro.”

“Scrivi un mail…”

“Questa volta no, mi devi ascoltare. Ti sto chiamando da una cabina telefonica- hai visto che non è il mio cellulare – perché ho paura. E credo che siano riusciti a mettere sotto controllo il telefonino, non so come, ma sento dei rumori strani…”

“Che ti sei inventato stavolta… Guarda che non sono dell’umore per le tue stronzate”.

“Clara, questi sono armati e pericolosi, credimi…”

“Allora comincia col dirmi chi sono questi. Ammesso che sia vero, in quali casini ti sei andato a ficcare?”

“Non lo chi sono. Non li conosco. Ma sono cosa sono. Criminali. Ma non ti posso raccontare tutto al telefono. Possiamo vederci? Il più presto possibile. Dove vuoi tu”.

“Alberto ti avviso. Se è una delle tue, questa volta te la faccio pagare cara.”

“Credimi, è roba grossa”.

“Alle 10 domattina qui vicino. Il posto decidilo tu, visto che hai paura. Ma te lo ripeto. Te ne faccio pentire…”

“Ok. Alle 10. Ci vediamo nei banchi di destra della chiesa…”

“In chiesa? Tu?”

“Conosco il sacrestano. Posso entrare da un ingresso laterale. Ti aspetto dentro. So che mi seguono, ma credo di sapere come fare a seminarli”.

“Alle 10, puntuale. E per non più di mezz’ora, 007”.

Quando ho capito che era lui, ho registrato la telefonata. E l’ho trascritta integralmente. È un personaggio da prendere con le molle. Lo tengo nella squadra perché ogni tanto è capitato che avesse qualcosa di buono da raccontare ai nostri lettori.

Prima di continuare, penso sia opportuno che le dica qualcosa di me. Compirò 70 anni il mese prossimo. Sposata con due figli. Mio marito vive quasi tutto l’anno in Madagascar, dove gestisce una grossa azienda agricola. Sono andata in pensione dal TG3 Lazio della Rai appena ho potuto perché non mi piaceva più quello che facevo. Da diversi anni sono il direttore responsabile di PonteMolloBlog. Forse ne ha sentito parlare e magari è anche uno dei nostri lettori. Il suo predecessore lo era. Ci siamo conosciuti.

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Chiedo scusa per una piccola divagazione. Come ha fatto a farsi assegnare a Ponte Milvio? Mi dice la mia amica editrice, Claudia Beghé, che ne ha fatto parte a lungo, che nella pubblica amministrazione – e soprattutto al ministero dell’interno – sono molto restii a collocare i dipendenti in posti di responsabilità dove hanno legami famigliari importanti.

Vabbè, prima o poi abbiamo detto che ci dobbiamo fare anche una chiacchierata a voce e me lo racconta.

Allora. Sono entrata alla Gran Madre di Dio alle 10 e due minuti. Alberto era semi nascosto dietro un pilastro con cappello e occhiali da sole. Mi è sembrato un po’ patetico, ma ho capito subito che aveva paura. Sul serio. E, come le ho accennato al telefono, credo che la faccenda sia grossa. Sul serio. Le riassumo quello che Alberto crede di aver capito. Lei mi ha detto che la corrispondenza via mail con il commissariato non corre rischi di intercettazione e, quindi:

Una banda di falsari di una certa importanza avrebbe messo in piedi un sistema per spacciare carta moneta falsa senza rischi. Hanno acquistato diversi mezzi e licenze di ambulanti che vivono all’ombra delle partite di calcio. A Roma, ma anche in diverse altre sedi delle squadre che hanno più tifosi. Licenze di tipo B, quelle che consentono – l’ho imparato per l’occasione- di vendere prodotti alimentari e non. Panini, bibite, gadget delle squadre di calcio ecc.

Un commercio che si svolge quasi esclusivamente in contanti e per importi ridotti. Ricevono denaro pulito e per dare il resto utilizzano banconote false di ottima qualità. Sono solo pezzi da 5 e da10 euro, mai più grossi, ma si tratta di migliaia di scambi per ogni incontro di calcio in diverse città italiane.

Parliamo di centinaia di migliaia di euro a settimana. La sua fonte non sono riuscita a tirargliela fuori, ma pare che sia uno di quelli che gestiva un mezzo attrezzato, che ha venduto insieme con la licenza; pare per una mezza milionata di euro. Incuriosito dall’offerta inaspettata è andato varie volte a comprare qualcosa al suo ex pullman ed ha notato che il resto  era in banconote un po’ stropicciate ma praticamente nuove. Le ha fatte vedere ad un amico esperto che gli ha detto che sono dei falsi quasi perfetti. Il gioco sarebbe tutto nel piccolo taglio che le fa circolare praticamente senza controlli. Il tipo di commercio legato agli incontri di calcio sembra sia adattissimo.

Tutto questo, come le dicevo al telefono è accaduto stamattina. È evidente che la cosa mi interessa, e molto, anche da un punto di vista professionale. Lo stadio è qui accanto – abito nella palazzina dove ci sono le poste, in viale Tor di Quinto – e vediamo bene cosa succede ad ogni partita. Le ho promesso di non fare niente senza la sua autorizzazione e manterrò la promessa.

Mi ha chiesto di assumermi la responsabilità di quello che le ho raccontato e credo che scrivendo questa mail, abbia adempiuto al mio dovere. Alberto per ora lo terrei fuori. Ed è il motivo per cui non le ho detto il cognome. E anche il nome come può immaginare, non è quello vero. Però sono preoccupata. Se c’è qualcosa di vero, temo che stia correndo un bel rischio. Come il suo informatore.

La saluto caramente (se mi è consentito), Clara Kraus.

La risposta di Rino

La mail di risposta del commissario Pallotta al direttore di PonteMolloBlog

Mi considero un gentiluomo all’antica. Quindi è Lei che mi deve consentire:

(Cara) dottoressa Kraus, mi perdona se le faccio notare che la sua auto presentazione era superflua? Non fosse altro che per dovere professionale, leggo le vostre notizie regolarmente, come il mio predecessore, e quindi so perfettamente chi è lei. E, se posso essere sincero, so molto di più di più di quello che lei mi ha scritto. Per di più, la mia vice, che è qui da diversi anni e ormai è vicina alla pensione, è laureata in lettere. La relatrice della sua tesi era Sua zia, la mitica – così la definisce lei – professoressa Kraus, di cui lei porta il nome.

Quando, qualche anno fa, ha visto per la prima volta, il nome del direttore di PonteMolloBlog, mi ha raccontato che  non credeva ai propri occhi. Poi ha fatto un po’ di ricerche ed ha capito. Quindi come vede la conosciamo bene. Diciamo poi che fa parte dei miei doveri istituzionali essere informato su quanto accade nella mia zona e sui suoi protagonisti.

Allora, mi sono informato e le confermo che alla Mobile stanno già indagando su un traffico di banconote false di piccolo taglio che pare stiano avendo grande diffusione. Sarebbero estere. Però non sono ancora riusciti a risalire alla provenienza.

Ho parlato con l’ispettore cui è stata affidata l’indagine e che è a capo di una piccola squadra creata all’uopo. Si è molto interessato alla storia del commercio ambulante legato alle partite di calcio. Sanno che a capo ci sarebbe una banda di criminali molto ben organizzati, probabilmente pericolosi. Temono che siano affiliati alla ‘ndrangheta, ma questo se lo tenga per sé.

Per quanto riguarda il suo fantomatico Alberto, Fabrizio Orzali è una nostra vecchia conoscenza. Senza volerlo, è stata proprio Lei a rivelarmi la sua identità. Dando per scontato che io appartenessi alla famiglia Pallotta di Ponte Milvio.

Quando l’abbiamo fermato la prima volta, l’Orzali ha fatto fuoco e fiamme chiedendo di parlare con me perché era un mio parente. Ma la mia famiglia non è di Roma, come testimonia anche il mio nome di battessimo, ma di Agropoli, in provincia di Salerno. Quando sono sceso a parlargli e gliel’ho detto è rimasto malissimo. La sua nonna materna era una Pallotta. So, tuttavia, che poi il soggetto ha continuato tranquillamente a vantarsi in giro di essere cugino del Commissario di Ponte Milvio. E immagino lo abbia ripetuto anche a Lei.

Condivido si tratti di un personaggio abbastanza squallido da prendere con le molle. Prima o poi lo faccio arrestare. Vediamo se riusciamo a farlo smettere di millantare parentele.

Comunque, sì, è vero. La faccenda è seria e l’Orzali e il suo informatore potrebbero essere veramente in pericolo. Direi soprattutto l’informatore perché, da quello che Le ha raccontato l’Orzali, potrebbe aver avuto rapporti con qualcuno della banda. Di cui per ora nessuno sa niente di preciso. Si muovono con molta circospezione e molta efficienza.

Forse sarebbe opportuno incontrarci per parlare di questa storia un po’ meglio. Vorrei metterla in guardia con maggiore chiarezza. La faccenda è molto seria. Potrebbe andare bene per Lei al bar della ‘mia famiglia’ domani verso la mezza per un aperitivo? Altrimenti mi dica Lei. Ma credo che la ‘cosa’ rivesta una certa urgenza.

La saluto caramente anch’io, Gennaro Pallotta.

Il primo incontro

Fin qui la corrispondenza digitale con il Commissario. Che non ha avuto seguiti. Ci siamo incontrati al Bar Pallotta per l’aperitivo il giorno dopo. Una chiacchierata informale piuttosto piacevole. Pallotta è un uomo decisamente interessante e di un certo fascino.

Mi ha raccontato parecchio della sua vita ed io della mia. Il nodo della sua è il conflitto col padre, mai sanato, che è stato all’origine del suo esilio – parole sue. Poi naturalmente il matrimonio con la moglie romana di sette generazioni ha fatto il resto. Il suo viso si illumina quando parla del figlio. Pare sia una specie di piccolo genio della musica, talento ereditato dalla nonna, costretta ad un matrimonio combinato, pianista mancata, scappata di casa dopo la nascita del terzo figlio, con il suo primo grande amore. Vittima, ma anche causa più o meno volontaria dei disastri della famiglia. Era chiaro che aveva voglia di parlare.

E devo dire che anch’io ho chiacchierato parecchio. La storia della tesi di laurea della sua vice discussa con la mia ‘mitica’ zia Kraus Reggiani è stata la partenza. E poi il fatto che mia madre fosse romana non di sette, ma di una cinquantina di generazioni, secondo mio nonno, lo ha affascinato. Commercianti ebrei romani che si ritengono gli ultimi veri romani rimasti nella capitale.

Poi però è venuto al dunque e ha usato tutta la sua eloquenza per mettermi in guardia dall’indagare sulla faccenda dei falsi. Le informazioni che aveva ricevute dal collega della mobile erano decisamente preoccupanti. E quindi si riteneva in dovere di suggerirmi di tenermi alla larga e fare in modo che si tenesse alla larga anche il mio collaboratore. Il pericolo era reale.

“Gente che non scherza”, le sue ultime parole. Prima di salutarci abbiamo convenuto che fosse opportuno continuare i nostri discorsi a voce e non per telefono. I telefoni del commissariato dovrebbero essere sicuri, ma il mio… E secondo lui, visto il ‘calibro’ dei soggetti, a questo punto, era meglio evitare anche le mail. Quindi abbiamo stabilito di ripetere l’aperitivo dopo due giorni per gli aggiornamenti. Ci siamo lasciati decidendo di darci del ‘tu’, e mi ha chiesto di chiamarlo Rino. È il nome che si è scelto.

E ci scappa il morto

Questo accadeva di mercoledì e il venerdì quando ci siamo ritrovati, era già successo. La mattina poco dopo l’alba, la polizia fluviale aveva recuperato nei pressi del Ponte della Musica il corpo nudo di un individuo ucciso con un colpo di pistola alla nuca.

Ovviamente senza documenti, qualcuno aveva provveduto a deturpargli il viso e a bruciargli anche le ultime falangi delle dita cancellando le impronte digitali. Casualmente, però, uno degli agenti che lo avevano trovato, era convinto di averlo riconosciuto da una voglia molto particolare che aveva sotto al sedere. Era convinto che si trattasse di suo zio. La stessa voglia l’aveva anche l’agente.

Era quindi quasi certamente Cosimo Peschieri, titolare di una licenza di tipo B per il commercio ambulante di oggettistica e di prodotti alimentari. La licenza ed il mezzo da lui usato per il suddetto commercio – recitava il rapporto – risultavano essere stati venduti da poco ad una società con sede a Latina.

– Beh, l’avevamo detto che erano pericolosi. Se il cadavere è di quello con cui ha parlato Fabrizio, mi pare che lo siano parecchio.

– Sinceramente… mi pare molto probabile. E questo, Clara, credimi, impone di prendere in fretta misure precauzionali con un buon grado di efficienza. Sei in grado di chiamare l’Orzali…

– Vogliamo provare subito?

– Perché no. Mi pare di capire che bazzica spesso da queste parti.

– Sto chiamando… Fabrizio, dove sei?…. OK, gira l’angolo e vieni da tua… nonna. Da dietro…. Sì, subito…. Se non era urgente e importante pensi che ti chiamavo io?…. Sbrigati.

– Viene, mi pare di capire…

– Era qui, su via della Farnesina. Ci sarà qualche amico che lo ospita. Chiede soldi a tutti, è un rompiscatole che non finisce mai, ma non so come, è pieno ci amici.

– Intanto che aspettiamo, possiamo ordinare qualcosa. Vado io. Lo stesso dell’altra volta?

– Sì, grazie, ma offro io. Una volta per uno mi pare più corretto. Ci tengo.

– Ok, se ci tieni… Mi costa una piaga nel costato, ma va bene…

– Addirittura…

– Eh sì, sento le frustate di mio nonno.

Ha un bellissimo sorriso. Il tempo di tornare con gli aperitivi e Fabrizio era già lì.

– Commissario, quasi cugino, non sapevo…

– Orzali, attento, ti faccio arrestare… Oddio, magari potrebbe essere anche la soluzione…

– Eh sì, ci mancherebbe…

Il terrore di Fabrizio

Fabrizio è tante cose non belle ma non è cretino. Ha visto le nostre facce e ha capito che non era aria. Ed è scomparsa la solita faccia da schiaffi.

-Orzali, ce l’hai un amico che ti potrebbe ospitare per un po’. Diciamo anche un paio di mesi, lontano da qui? Non da Ponte Milvio. Da Roma.

-Mi spiegate che sta succedendo, per favore?

-Fabrizio, il tuo informatore si chiamava Cosimo Peschieri?

-Come fai a saperlo…? E perché si ‘chiamava’?

– Orzali, l’hanno ripescato stamattina nel Tevere. Gli hanno sparato alla nuca. Lo hanno spogliato, gli hanno distrutto la faccia e bruciato le impronte digitali. Hai capito…?

Fabrizio più che bianco, è diventato grigio. Gli si sono piegate le ginocchia e se Rino non lo reggeva e lo metteva seduto, andava per terra.

-Oh…cazzo – con un fil di voce – E mo’… Io che faccio? Stanno a cercà pure me. Sicuro come ‘na casa… Ma io ‘na casa sicura mica ce l’ho.

-Per questo chiedevo di un amico lontano cui potresti chiedere ospitalità per un po’. Dimmi una cosa però, prima. Tu hai solo parlato con il Peschieri, o hai fatto qualcosa di più?

-Cioè, che vuol dire?

-Fabrizio, hai mai visto qualcuno di quelli con cui lui aveva trattato la vendita della licenza e del mezzo?

-Ma no, che dici? Io non ne so niente. M’ha raccontato tutto lui ar bar. Era pure un po’ brillo. Sinnò mica me diceva niente. Però quelli qualcosa devono aver saputo. Perché io da quella sera nun campo più. Suona il cell e non risponde nessuno, me sembra sempre che ci sia qualcuno che me segue.

-Orzali questa è gente che non si muove per una chiacchiera. Tira fuori il rospo. Che hai fatto?

È evidente che Fabrizio non ha detto tutto e lo vedo chiaro. Addosso ha una specie di terrore.

-Fabrizio, se non sei del tutto cretino, parla. Qui non ci vede e non ci sente nessuno e il Commissario ti può aiutare.

-C’è Emanuele, il figlio di zia Laura, quelli di Bari. È in Albania. Ha aperto una pizzeria e un paio di mesi fa mi ha chiamato e mi ha chiesto se volevo andare giù a daje ‘na mano…

-Orzali, Emanuele va bene, ma non cambiare discorso. Quanto ci sei dentro?

-Vabbè, ve dico tutto, ma voi m’aiutate ad annammene. Ok?

-Ci proviamo… avanti parla. Che hai combinato?

Il ricatto

-Commissà, io non volevo, ma Cosimo ha insistito tanto. Ce conoscemo da anni. Il giorno dopo ci siamo rivisti e lui voleva che facessi ‘na telefonata ad un numero che sapeva lui.

– E lui sapeva di chi era quel numero?

– No. Nun lo sapeva. Ma glielo avevano dato quelli che l’avevano contattato.

– E che dovevi dire a chi ti rispondeva?

– Commissà, io nun volevo…

– Ho capito, Orzali, l’hai già detto. Che gli dovevi dire?

– Che sapevo tutto e che volevo 50mila euro.

– Ma che bravi…!! E tu Fabrizio, l’hai fatto.

– Diceva che tanto, quelli, li sordi se li perdevano dalle tasche e 50mila per loro non erano niente e avrebbero pagato sicuro. Dovevamo fa’ a metà…

– E l’hanno eliminato come un cane. È proprio da deficienti come voi, farsi venire in mente di ricattare dei criminali. Orzali, io adesso ti arresto e ti porto al commissariato. Almeno lì stai al sicuro. E chiami questo tuo cugino in Albania. Appena possibile, ti facciamo partire. D’accordo, Clara?

– Ovviamente, ma non so se questo cretino ha capito che razza di aiuto gli stai dando.

– Ma, fateme capì, ma che… voi due… mo’ siete amici..?

– Signor Orzali, la dichiaro in arresto – Gennaro ha alzato il tono della voce in modo da farsi sentire anche nell’altra sala- per furto di identità. Andiamo.

Colpo di scena

Domenica mattina due agenti del Commissariato Ponte Milvio hanno messo Fabrizio su un aereo per Tirana e hanno aspettato fino al decollo.

Ora è martedì mattina e fino a sabato mattina non ci sono state novità. Giovedì abbiamo preso il solito aperitivo da Pallotta. Il numero telefonico che aveva chiamato Fabrizio era risultato di un usa e getta spento da qualche giorno. Rino mi ha raccomandato ancora di essere prudente e abbiamo discusso parecchio sul fatto che io avevo chiesto ad un paio di miei collaboratori di andare a fare un giro intorno allo stadio – alle 21 giocava la Roma – e acquistare un po’ di roba dai vari ambulanti lì attorno, segnandosi il numero di targa del mezzo sulle banconote che ricevevano di resto. Raccontando bene a tutti che stavamo facendo un’inchiesta sul volume d’affari del commercio all’ombra delle partite.

Il Commissario non era d’accordo, ma alla fine ha convenuto che probabilmente era l’unico sistema per dare almeno un numero di targa al traffico dei falsi.

La mobile non era ancora riuscita a cavare un ragno dal buco sulla reale proprietà delle società di Latina che risultava aver comprato la licenza. Unico titolare, un professore di educazione fisica in pensione. Peraltro, ricoverato in ospedale in coma farmacologico dopo essere stato investito da un’auto sulle strisce davanti a casa. Non c’erano elementi per sospettare che non si fosse trattato di un incidente. Il conducente dell’auto si era fermato a soccorrere il professore e risultava essere un commerciante incensurato.

Uno dei miei collaboratori aveva beccato un paio di banconote e il numero di targa aveva portato soltanto di nuovo alla società di latina. Però si poteva andare a parlare con chi gestiva il mezzo. Se ne sarebbe occupata la Mobile. A parte il fatto che le banconote false erano croate e questo Fabrizio non ce lo aveva detto, niente di nuovo, insomma, sotto al sole, fino appunto a sabato mattina.

Mail anonima al direttore di PonteMollo Blog del 4 maggio 

Cara Clara, scemi in giro ce ne sono tanti, ma non lo siamo proprio tutti. Proposta. Vediamoci al Gianfornaio domani alla mezza. Pallotta mi pare abusato. E poi, arrestato Orzali…

Nessuna firma. Ovviamente la prima cosa che ho fatto è stata scrivere a Rino chiedendogli di vederci dove avevo incontrato Fabrizio.

La signora dei falsi

Alle 11.30 era già tutto pronto. Con autorità, determinazione, ma anche una notevole dose di savoir faire, il Commissario ha praticamente requisito buona parte del locale. Siamo in una saletta separata. Lui e la sua Vice sono seduti in un tavolo vicino, ma non vicinissimo a quello dove sono io. Hanno invisibili auricolari alle orecchie collegati con un microfono nascosto in un cestino di biscotti sul mio tavolo.

In un tavolo all’angolo opposto ci sono due agenti, naturalmente in borghese anche loro, uomo e donna, e non si sono seduti altri clienti nella sala. E non se ne siederanno.  Altri due agenti sono in un tavolo accanto all’ingresso. E fuori c’è un’auto civetta, con altri due.

Alle 12.31, una elegante signora di mezza età, opportunamente lasciata passare, si è seduta al mio tavolo sfoderando un radioso sorriso. Bionda, sapientemente truccata senza eccessi, con un bel gilet di renna indossato su un tailleur pantalone di velluto millerighe beige, scarpe basse da uomo, mi ha detto che potevamo fare a meno delle presentazioni ed ha cominciato a parlare.

-I falsi sono opera mia, ma io non sono un’assassina e nemmeno complice di un delitto. E non voglio diventarlo. Nella vita può capitare di entrare in contatto con la gente sbagliata senza rendersene conto. Il mio socio, ormai ex socio, è un criminale stupido. Perché la gente crede che i criminali siano intelligenti, ma non è così. Qualche volta al massimo sono furbi. Di quella furbizia ignorante che è fatta essenzialmente del non fidarsi mai di nessuno.
Spesso sono degli emeriti cretini che non hanno potuto fare nient’altro nella vita perché non ne erano capaci. E questo è il mio caso. Cioè della persona con cui mi sono imprudentemente associata.
Si ricorda quella bellissima battuta di Silvio Orlando “L’ultimo libro che hai letto sono le istruzioni del cellulare”? Beh, lui se prova a leggerle si arrabbia perché non ci capisce niente. Mi spiego…?

Mi sono limitata ad annuire sorridendo ed ha continuato.

-Avevo l’opportunità, capitata per caso, di mettere in circolazione una quantità considerevole di banconote false da 10 e 5 euro, quasi irriconoscibili, e quindi di guadagnare una bella montagna di soldi, ma la faccenda comportava dei rischi e quindi avevo bisogno di un socio che fosse, diciamo, dell’ambiente.
Ho pescato, tra le conoscenze del mio ex marito, calabrese, un personaggio che ricordavo di aver conosciuto qualche anno fa, quando Enzo, l’ex marito, si era immischiato in una faccenda di partite di poker truccate. È stata la mia rovina.

È un pazzo scatenato estremamente pericoloso. Ho deciso di fermarlo. A qualunque costo. Dice di far parte di un’associazione che lo protegge, ma ci credo poco. Ho deciso di fermarlo, denunciandolo alla polizia, ma voglio mettere delle condizioni molto precise. O si fa come dico io o mi potete arrestare per i falsi, ma non dirò niente di più…

Gennaro si è alzato e si è seduto accanto a noi.

Il piano

-Buongiorno Commissario, contavo sulla sua presenza.

-E allora, signora Ferri, perché non è venuta da me, direttamente.

– Avevano ragione a dirmi che era molto in gamba…Capirà quando le dirò le mie condizioni.

-Intanto, Gigliola, visto che siamo state presentate, mi spieghi come sei arrivata a me?

-Facendo due più due… facevo seguire Orzali già da qualche giorno. Si presentava a tutti come il giornalista di PonteMolloBlog. È stato arrestato dal Commissario lo stesso giorno del ritrovamento di Peschieri e, quando è sato arrestato, tu eri presente. Non era difficile…

-Ci parli di queste sue condizioni, signora Ferri. Lei sa che comunque io dovrò arrestarla, vero?

-Se vuole prendere un assassino, non lo farà, Commissario. Non per adesso almeno.

-La ascoltiamo.

Abbiamo risposto in coro. Anche la Vice che si era avvicinata nel frattempo.

-Semplice. Pontemolloblog pubblica un pezzo che finisce con quello che sta accadendo qui oggi. Con la mia promessa di rivelare il nome dell’assassino di Peschieri, solo dopo che avrò letto il pezzo. Io so dove nascondermi. Nel pezzo ci sarà il mio vero nome, ma un cognome inventato. Così lui si convince che sono io e che mi state proteggendo, per scoprire l’assassino di Peschieri.  Pubblicato il pezzo, verrò in Commissariato a raccontare tutto. E mi potrà arrestare.

-E perché tutta questa messa in scena, mi scusi.

-Perché così lui sa che se mi succede qualcosa tutti pensano che è stato lui.

Il Commissario non ha ceduto subito. C’è voluto un po’ per convincerlo. E mi ci sono messa anch’io, miei cari lettori. Alla fine, ha ceduto. E questo è quanto. Ora sapete tutto anche voi. Tutto quello che sappiamo noi. Aspettiamo che Gigliola Ferri si faccia viva. Pontemolloblog il suo dovere l’ha fatto.

Ammettete che è stata una lettura interessante? Il seguito alla prossima puntata come si diceva negli sceneggiati di una volta. Il mio solito saluto: Augh!

Sulla homepage di Pontemolloblog.it nella mattina dell’8 maggio 2024 esce questo articolo

La verità…

Allora, cari amici, cominciamo col chiedervi scusa. Siamo stati costretti a tradire la vostra fiducia. Però non avevamo scelta. Si trattava veramente di una faccenda di vita o di morte. E non in senso figurato. Quanto avete letto della conversazione al Gianfornaio è solo una piccola parte di quello che Gigliola Ferri – il cognome falso faceva parte dell’accordo – ci ha confessato e suggerito. Com’è mia abitudine, ho registrato tutto e quello che segue è la ‘verità’. Cominciando da dove ho dovuto, diciamo, manipolarla.

-La ascoltiamo.

Si è avvicinata anche la Vice del Commissario e le abbiamo risposto in coro, ma Rino ha aggiunto qualcosa.

– Mi pare evidente che lei non ha alcuna prova dell’omicidio di Peschieri da parte del suo socio ed ha escogitato un piano per farcelo arrestare, giusto?

– Forse è anche più in gamba di quello che avevo sentito. Sì. Esatto. Ho studiato un piano. Allora… Clara pubblica un articolo in cui racconta tutto quello che è successo in questi giorni fino ad oggi e a questa chiacchierata. Di cui però dirà soltanto che io ho promesso di dirvi il nome del mio socio sociopatico quando avrò letto l’articolo su PonteMolloBlog. E che ho scelto questa strada perché penso che sia un modo per proteggermi, visto che a quel punto è ovvio che se mi succedesse qualcosa sarebbe per mano sua e voi non tardereste molto a scoprire di chi si tratta. Io vi dico anche che so dove nascondermi. E so che lui capirà subito che penso al vecchio rifugio di mio marito. Io so che lui sa dov’è, ma lui non sa che io so che lui sa. Ne sono certa. E siccome si crede molto furbo cadrà nella trappola. Mi deve mettere a tacere a qualunque costo prima della denuncia.

– Non le sembra un tantino pericoloso, signora Ferri.

– No, se lei organizza tutto per bene. E mi pare che abbiamo il tempo necessario per farlo. Clara non pubblicherà l’articolo fino a che lei non le dirà che è pronto e, mi creda, l’ho studiata bene.

– Per ora non mi ha convinto affatto. Mi spieghi meglio e vediamo se ritengo la cosa fattibile.

I dettagli

– Allora, innanzi tutto le devo parlare di Tarquinio. Si chiama così. Tarquinio Prisci. Il padre è un tombarolo di Cerveteri. Lo ha chiamato Tarquinio perché ha l’ossessione degli Etruschi. Lui, alle medie ha scoperto che Tarquinio Prisco si sentiva protetto dalla Dea Fortuna ed è convinto di essere un suo discendente e quindi di esserlo anche lui. Paranoia, ma fino ad ora in effetti gli è andata bene. Non siete ancora riusciti a beccarlo. Nemmeno quando ha tentato di uccidere il mio vecchio professore di ginnastica…

– In effetti quell’incidente puzzava un po’… proprio adesso…

– L’avete scoperto…Sapeva che usciva tutte le mattine poco dopo l’alba per portare fuori il cane in pace e lo ha investito mentre attraversava davanti a casa. Non è vero che si è fermato per soccorrerlo. Era sceso per sincerarsi che fosse morto, ma il cane si è messo ad abbaiare ed è uscita una vecchietta da un portone vicino. Allora si è inventato che il cane era scappato e il professore era uscito di corsa per rincorrerlo e lui non aveva fatto a tempo a frenare. E ha chiamato i soccorsi. E così l’avrebbe sfangata anche questa volta. Ma ora lo incastriamo. Povero professor Bianchetti. Una così brava persona. Non lo avessi mai messo in mezzo. Mi serviva un prestanome per la società e lui si è fidato di me.

Tarquinio dice anche di aver fatto l’affiliazione alla Ndrangheta, ma, secondo me se fosse vero non lo direbbe. A meno che non sia ancora più cretino di quello che penso e non siano cretini anche quelli che lo hanno associato.

-E come ci è arrivato alla Ndrangheta? Mi risulta che se non sei calabrese, non ci vai nemmeno vicino.

– La moglie è calabrese. È la figlia di una specie di antiquario malavitoso in combutta col padre. Vende negli Stati Uniti opere rubate o frutto di scavi clandestini. A Roma, Tarquinio e la moglie vivono in un bell’appartamento vicino a San Giovanni. Ma hanno anche una bellissima villa a Marina di Cerveteri. E fanno su e giu. Tarquinio risulta commerciante, ma in realtà fa il picchiatore per gli usurai romani. Per questo era nel giro delle partite di poker truccate. I giocatori ludopatici finiscono spesso nelle mani degli usurai. È un palestrato molto allenato. E gira sempre armato.

La mia idea – le garantisco che me la sono studiata bene, ovviamente, prima di proporvela – è che lo rintracciate appena possibile e cominciate a seguirlo. Quando vedrà l’articolo che Clara farà uscire di mattina, e lo vedrà presto perché guarda PonteMolloBlog in continuazione da quando sa dell’inchiesta sul commercio degli ambulanti, anche se ci capisce poco, si convincerà che la mattina dopo io sarò al commissariato per denunciarlo, mi verrà a cercare in quel casolare e cercherà di farmi fuori. E voi sarete lì a prenderlo. Sinceramente credo che se organizziamo bene la cosa non corro alcun pericolo. Suppongo che lei metterà qualcuno anche alle mie calcagna e poi, in realtà, lì, quando lui arriverà, io non ci sarò. E lui sparerà a qualcosa che avrete preparato apposta per lui.

È vero che non è stato facile convincere il Commissario, ma ce l’abbiamo messa tutta Gigliola, Marina, la Vice, ed io; ed alla fine si è convinto.

Epilogo

Ed ha funzionato. Tutto, perfettamente. Tarquinio è stato preso in consegna dagli agenti quel pomeriggio stesso e lo hanno seguito per due giorni, per capire bene come si muoveva. Domenica mattina siamo stati a dare un‘occhiata al rifugio. Se l’era studiato bene il marito di Gigliola.

Un casolare semi abbandonato, ad un centinaio di metri dall’ingresso posteriore di un albergo, sulla salaria, vicino al raccordo. Si esce in giardino da un portico dove si può fare colazione anche d’inverno. Oltre una piccola piscina, c’è un cancello che dà sulla campagna. E lui era riuscito a farsi dare la chiave. Ben trovato. Se ti vedono entrare in un albergo, noto, tra l’altro, per essere un albergo ad ore, nessuno pensa che riesci da dietro.

Quando  Rino mi ha dato il via, ieri mattina ho pubblicato l’articolo. La notte scorsa si è svolto tutto come previsto. Aveva addosso due pistole. Una è stata è quella che ha ucciso il Peschieri. La seconda è stata utilizzata almeno per altri due omicidi. Al signor Tarquinio Prisci l’ergastolo non glielo leva nessuno. E il nostro giornale è fiero di aver contribuito a metterlo in galera. Un po’ meno fiero di aver mentito ai nostri lettori, che però sono sicura capiranno e ci perdoneranno. Augh !
P.S. Il consueto modo di chiudere i miei editoriali questa volta mi pare decisamente molto appropriato.

ndr: Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale. Questo racconto è protetto da copyright e non può essere copiato né in toto né parzialmente.

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1 commento

  1. LE TESTE MARCE PURTROPPO SONO SEMPRE E DA SEMPRE CAPACI DI QUALSIASI COSA. L’ETICA E LA MORALE SONO PAROLE CHE NON SONO MAI STATE INSERITE NEI LORO DIZIONARI. CHE TRISTEZZA LOTTARE TUTTI I GIORNI PER LA LIBERTÀ E PER LA DIGNITÀ ESSENDO CONSAPEVOLI DI FARLO ANCHE PER QUESTE TESTE. UN SALUTO ROSA CATANIA

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