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    A Roma avremo veramente bisogno del biometano?

    dubbio
    Galvanica Bruni

    Da Giandaniele Giampaoli, referente nel XV Municipio del coordinamento dei Comitati “No al Biodigestore OsteriaNuova/Cesano” riceviamo e pubblichiamo una riflessione incentrata sulla domanda: “A Roma avremo veramente bisogno del biometano?

    “Da Invitalia è stata pubblicata la gara per la realizzazione dei due biodigestori, uno a Casal Selce nel Municipio XIII e l’altro a Cesano-Osteria Nuova, nel Municipio XV. Nell’occasione il sindaco di Roma e Commissario Straordinario al Giubileo Roberto Gualtieri ha dichiarato: “Per lo smaltimento dell’organico a Roma oggi paghiamo per mandarlo in Veneto con i tir, che non sono ecologici, dove fanno il biometano per loro. Noi produrremo biometano per noi e per i mezzi Ama. Ne faremo due da centomila tonnellate l’uno”.

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    Ma la domanda è: ne abbiamo veramente bisogno a Roma del biometano e soprattutto è un investimento conveniente oppure un’opportunità di guadagni a rischio zero per pochi?

    Approfondiamo la questione

    “Va detto per esempio – sostiene Giandaniele Giampaoli – che il trattamento integrato anaerobico/aerobico + anaerobico, da fonte Ispra, nel 2022 conta 51 impianti il primo e 22 il secondo e insieme queste due tipologie hanno prodotto mediamente il 39, 4% di rifiuti da selezione, triturazione, vagliatura ovvero altri rifiuti da gestire come plastica, gomma, legno diverso da quello ammesso, compost fuori specifica, percolati e altri liquidi, sabbie, vetro, metalli e altro a cui aggiungere combustibili da rifiuti destinati all’incenerimento.

    Va detto anche che del digestato prodotto dalla fase anaerobica spesso non se ne misurano le quantità (fonti Ispra). Pertanto, del destinato al settore compostaggio se ne conosce poco il destino se non di quei quantitativi avviati a terzi per la produzione di compost.

    Va ancora detto che il regolamento Europeo 2020/852 (articolo 17, finalità ambientali) dice di utilizzare tecnologie che non devono arrecare danni significativi secondo il principio DNHS ( NdR: “do no significant harm”, traducibile in “non nuocere” o “non fare del male” in modo significativo; rappresenta un principio etico con il quale si vuole portare l’attenzione sull’importanza di agire, in tanti e diversi contesti, prestando attenzione a non causare danno ad altri).
    Ora c’è da chiedersi: i due progetti di biodigestore a Cesano e Casal Selce rispettano questo obiettivo ambientale?

    È noto ai più, ma basta avere la pazienza di informarsi, che il cattivo odore, gli olezzi affliggono molti cittadini sparsi per l’Italia, quelli che risiedono per loro sfortuna vicino a certi tipi di impianti. Tante sono le testimonianze di situazioni invivibili, di assoluto disagio e preoccupazione.

    A tal proposito fonti mediche quali ISDE (Associazione Medici per l’ambiente) ci dicono che le emissioni sono sempre state additate come pericolose; le stesse fonti mettono in guardia dalla digestione anaerobica affermando che essa è da considerare scelta di secondo livello rispetto al compostaggio aerobico, in quanto la combustione del biogas prodotto dalla digestione anaerobica presenta notevoli rischi ambientali e sanitari legati alla presenza di batteri patogeni, alte concentrazioni di metalli pesanti e composti organici tossici con successiva contaminazione del suolo, della catena alimentare ed emissione di inquinanti in atmosfera (diossine, formaldeide, benzene e altri).

    Per tale motivo, sostengono sempre le stesse fonti, tale pratica costituisce un rischio per la salute, soprattutto degli abitanti che si trovano nei territori limitrofi a tali impianti.

    Peccato che i due biodigestori previsti a Roma risultino, contrariamente alle raccomandazioni mediche, essere troppo vicini ai centri abitati perfino dove vi sono già altri siti sensibili con cui entrare in conflitto. Quali? A Cesano-Osteria Nuova ci sono le attività di stoccaggio radioattivo della società Sogin all’interno del Centro Enea Casaccia, situato a poche centinaia di metri dal terreno scelto per la costruzione dell’impianto. A Casal Selce c’è l’area della megadiscarica di Malagrotta oggetto di bonifica ambientale oltre a o a raffinerie e depositi di combustibili.

    Tutta Roma sulle spalle di Cesano e Casal Selce

    Va anche ricordato – afferma Giampaoli – che Cesano e Casal Selce saranno gli unici siti che dovranno sopportare il carico della gestione della raccolta della frazione organica di Roma per quasi tre milioni di persone, ripartendosene per metà l’uno il carico. Una enorme contraddizione rispetto a ciò che viene indicato dal piano rifiuti della Regione Lazio nel quale si indica che “gli impianti devono essere il più possibile baricentrici rispetto alla produzione dei rifiuti organici, questo per minimizzare i costi di trasporto e quelli dell’inquinamento prodotto dagli spostamenti su gomma”.

    È quindi palese che Cesano, estrema periferia a nord di Roma, e Casal Selce, periferia a nord ovest, non sono in linea con i criteri indicati. Per raggiungerli da tutte le zone della capitale i mezzi AMA dovranno percorrere molta strada, inquinando.

    I rifiuti, per non arrecare danni significativi all’ambiente, dovrebbero essere trattati nei vari Municipi, a pochi passi dalla loro produzione, in aree apposite e provviste di piccoli impianti di compostaggio possibilmente aerobici, supportati da centri di raccolta in isole ecologiche.

    Le altre anomalie

    Tornando alle anomalie tutte nostrane va ricordato che le richieste per la produzione di Biogas / Biometano in Italia sono praticamente triplicate negli ultimi periodi, il 40% circa degli incentivi PNRR viene destinato a questi impianti o similari. Dai dati 2023 evince che, se autorizzati tutti i progetti, in futuro vi saranno più impianti trattamento dell’organico che rifiuti da trattare. Già ad oggi ci attestiamo attorno ai 136 milioni di m/cubi di biometano, fonte CIC (comitato italiano compostatori).

    Le direttive europee e le politiche di prevenzione hanno invece avvertito tutti i paesi membri che bisogna gradualmente abbandonare la produzione di energia elettrica immessa in rete proveniente dai combustibili fossili e suoi assimilati, quindi anche quella generata dal biometano o biogas prodotti dal recupero energetico dei rifiuti organici, riducendone necessariamente il loro utilizzo.

    Spacciato per utile alla transizione energetica il metano rappresenta il 17,3% delle emissioni globali, resta in atmosfera per un periodo più breve rispetto all’anidride carbonica ma ha un effetto serra 25 volte superiore. Tanto che oramai gli scienziati concordano nel sostenere che è impossibile fermare il riscaldamento globale senza dichiarare «guerra al metano”.

    In sintesi

    In sintesi, biodigestione o piuttosto biodistorsione? A Roma avremo veramente bisogno del biometano?

    Giandaniele Giampaoli

    Pubblicata la gara per il biodigestore a Cesano Osteria Nuova

     

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