Alla regionali nel Lazio vince chi prende un voto in più degli altri. E Francesco Rocca ne ha presi tanti, molti di più. Vittoria schiacciante pertanto per il candidato del centro destra.
Quando lo spoglio nei seggi del Lazio si avvicina alla conclusione (4145 sezioni scrutinate sul totale di 5306) Rocca si conferma in testa con il 53,3% lasciandosi alle spalle Alessio d’Amato – centrosinistra – col 33,7% e Donatella Bianchi – M5S – con l’11%.
Una carrellata sui voti dati alle liste evidenzia nel Lazio l’ulteriore crescita di Fratelli d’Italia che mentre scriviamo ha superato il 34% con quasi tre punti in più rispetto al 2018 e allargando ancora di più la forbice con gli alleati: la Lega è in stallo intorno al 7%, Forza Italia al 6%, entrambi perdono rispetto al 2018 mentre il partito di Meloni fa man bassa nel bacino di centro-destra.
Nel centrosinistra il PD si attesta sul 21% mantenendo la posizione del 2018 mentre Azione-Italia Viva registra un flop fermandosi a meno del 5% contro l’8,5% delle politiche 2022 (confronto non possibile con le regionali del 2018).
Deludente risultato anche per il partito di Giuseppe Conte: il Movimento 5 Stelle pare attestarsi sul 9% quando nel 2018 toccò quota 22%.
Ha vinto l’astensionismo
Mentre scorrono i numeri sul sito del Ministero degli Interni – ora siamo a 4600 sezioni scrutinate su 5306 – possiamo ormai considerare conclusa questa tornata elettorale laziale, la più snobbata dagli elettori e dove a vincere, in realtà, è stato il partito dell’astensionismo.
Nel Lazio ha votato il 37,1% contro il 66,5% di cinque anni fa. Un vero tonfo. Nelle elezioni regionali di tutt’Italia mai era stato registrato un valore così basso.
Per non parlare del crollo avvenuto nella capitale dove i romani andati a votare sono stati il 33,1%, un bel po’ in meno della metà dei votanti – il 71,9% – delle regionali del 2018.
“L’idea di fondo sembra essere quella per cui le persone ormai pensano che il proprio voto non cambi le cose“, spiega Lorenzo Pregliasco, sondaggista e direttore di Youtrend. “E infatti anche alle politiche del 25 settembre votò appena il 63% degli aventi diritto. Poi c’è un elemento specifico delle Regionali, che – aggiunge Pregliasco – sono a metà tra le comunali e le nazionali“: non sono un ente vicino come i Comuni ma neanche politicamente rilevanti come quelle per il Parlamento.
Quale che sia la motivazione sociale non bisogna sottovalutare la disaffezione pura dalla politica, il disinteresse delle classi giovanili che si stanno affacciando al voto in questi anni, l’arroccarsi delle forze politiche, la loro frammentazione.
Sono questi i temi sui quali i partiti dovrebbero interrogarsi da domani. C’è poco da festeggiare sui punti percentuali presi in più, c’è poco da dolersi per quelli persi, il problema riguarda tutti: qui se il fenomeno dell’assenteismo continua salta proprio il concetto di democrazia.
Francesco Rocca
Romano, 58 anni, avvocato, un passato giovanile in politica nelle fila del Fronte della Gioventù, ala del MSI, due matrimoni e due figli, attualmente residente a Roma Nord, in zona Via Cortina d’Ampezzo, Francesco Rocca nella seconda metà degli anni ’90 si è occupato di processi di mafia, impegno che lo ha costretto a vivere sotto scorta per cinque anni.
Agli inizi del 2000 il salto nel mondo della sanità e del sociale. Dal 2003 al 2007 è direttore dell’ospedale Sant’Andrea. Subito dopo arriva il primo incarico in Croce Rossa, come capo dipartimento delle operazioni di emergenza. Nel 2008 viene nominato capo del dipartimento Salute e Attività sociali del Comune di Roma e due anni dopo commissario straordinario della Croce Rossa. Nel 2013 diventa presidente nazionale della CRI, carica mantenuta fino al momento della sua candidatura alla presidenza della Regione Lazio.
Al neo presidente gli auguri di buon lavoro da parte della nostra testata.
Claudio Cafasso
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