Home ATTUALITÀ Quel tempo che fu nell’amarcord di Pablito

Quel tempo che fu nell’amarcord di Pablito

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Galvanica Bruni

Vola in fretta il tempo, non concede scampo, né scampoli di tranquillità. Vola in fretta al punto che alla vigilia d’ogni Natale dici “già siamo arrivati”, e nell’avvicinarsi a certe date confermi quella velocità dell’orologio, che manda in frantumi mille e più pensieri.

Oggi, 9 dicembre, per esempio, è già trascorso un anno dalla morte di Paolo Rossi, idolo d’una gioventù che non ritorna, eroe che affossò il Brasile in una di quelle sfide indimenticabili, vinta 3-2 con tripletta di Pablito. Che fino alla vigilia di quella sfida, era luglio dell’82, consideravamo personaggio controverso per via della manfrina sul calcioscommesse, capitolo delle nostre vite del quale mai conosceremo tutta la verità.

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Rossi, dopo aver calato il tris ai sudamericani, divenne idolo nazionale, anzi, nazionalpopolare, e “nemico” dei brasiliani al punto che una volta tornato nella patria del “futebol bailado”  e sbarcato a Rio de Janeiro, tanti anni dopo quella partita disputata al Sarrià, venne fatto scendere da un taxi quando l’autista lo riconobbe. Il “sicario” della nazionale di calcio brasiliana non meritava di stare sulla sua vettura.

Paolo Rossi, toscano di nascita, aveva la faccia del bravo ragazzo, piedi buoni e ginocchia che scricchiolavano. Ma sotto rete aveva l’istinto del killer. All’Olimpico, si era alla fine degli anni Settanta, con la maglia del Lanerossi Vicenza rifilò tre gol alla Lazio, col pubblico biancoceleste ad applaudirlo a fine gara nonostante la sconfitta.

Altri tempi, altre teste, altri tifosi, oggi gli “osanna” si dedicano al calciatore-social, non all’antagonista di circostanza che rifila tre gol alla tua squadra.

Massimiliano Morelli

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