
Un’analisi aggiornata della situazione dell’immigrazione nella Regione Lazio, nella Capitale e in particolare nel XV Municipio.
Lo studio, redatto da Vincenzo Pira – antropologo ed esperto di cooperazione internazionale che dopo aver lavorato per anni in Africa ed in America Latina oggi vive e lavora nel quartiere di Labaro – si basa sul 16mo Rapporto dell’Osservatorio Romano sulle migrazioni, curato dal Centro Studi e ricerche IDOS con l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V” e che mostra lo stato dell’immigrazione nella Regione Lazio e in particolare nella città di Roma con analisi specifiche per ogni Municipio.
La Città metropolitana di Roma conta 509.057 residenti stranieri, aumentati in un anno di 1.302 unità (+0,3%) e dal 2011 (ultimo censimento) di 133.456, con una crescita in 10 anni del 35,5% a fronte del +16,7% nazionale. Il ritmo di crescita del 2019 è il più basso degli ultimi 8 anni ed è alimentato dal solo territorio dell’hinterland, che ha registrato 1.592 residenti in più a fronte di 290 in meno nella Capitale (-0,1%).
Da sola la Città metropolitana concentra il 10,1% degli stranieri residenti in Italia e l’80,9% di quelli del Lazio. L’incidenza degli stranieri sulla popolazione complessiva è del 12,0%, terzo valore più alto dopo le Città metropolitane di Milano (14,1%) e Firenze (12,4%).
Gli stranieri residenti nel Comune di Roma sono 382.301, il 13,4% dei residenti totali, entrambi in lievissimo calo (-0,1% e -0,4%), nel caso degli stranieri soprattutto a causa delle cancellazioni per irreperibilità accertata o per mancato rinnovo della dichiarazione di dimora abituale, con il decremento massimo nel municipio I (-3,5%). Tuttavia, dal 2009 al 2019 la popolazione straniera è cresciuta del 19,3%, mentre quella complessiva è diminuita dello 0,6%.
I municipi che presentano la maggiore incidenza di stranieri sulla popolazione sono il I (20,1%), il XV (19,6%), il VI (17,7%) e il V (17,6%); quelli con incidenza minore sono i municipi IX, III e IV (rispettivamente 8,8%, 9,4% e 9,7%).
Circa un quarto della popolazione straniera della Capitale è di cittadinanza romena (90.823, il 23,8% degli stranieri), cui seguono filippini (42.000, 11,0%), bangladesi (32.912, 8,6%), cinesi (19.478, 5,1%) e ucraini (15.297, 4,0%). Tuttavia, le uniche nazionalità in crescita tra le prime dieci sono quelle bangladese (+3,9%), egiziana (+1,1%), indiana (+3,1%) e srilankese (+0,6%), mentre calano i romeni (-1,9%), i peruviani (-2,0%) e i polacchi (-3,5%).
Per quanto riguarda il Municipio XV, gli stranieri iscritti all’anagrafe alla data del 1°gennaio 2020 sono 31.512 (erano 31.055 nel 2018). Con una popolazione complessiva di 160.502 gli immigrati nel Municipio XV sono attualmente il 19,6%. Le comunità immigrate sono composte per il 56,1 % da donne delle quali il 49,8 sono nubili. I minori sono 5.288 pari al 16,8 % del totale.
Le nazionalità di provenienza più numerose sono: i rumeni (8.187 persone pari al 26 % del totale della popolazione straniera), i filippini (5.262 persone pari al 16,7 %) i srilankesi (2.659 persone pari al 8,4 %), i peruviani 1.600 persone pari al 5,1 %), gli ecuadoriani (1.349 persone pari al 4,3 %), i moldavi (791 persone pari al 2,5 %), gli indiani sono 786 (pari al 2,5 %), gli ucraini (765 persone pari al 2,4%), i polacchi (717 persone pari al 2,3 %), i provenienti dal Bangladesh sono 654 (pari al 2,1 %).
I quartieri di maggior presenza demografica della popolazione straniera sono Tomba di Nerone con 7.791 persone, La Storta con 4.661, Labaro 4.554, Farnesina 2.999, Cesano 2.649, La Giustiniana 1.883, Tor di Quinto 1.586, Santa Cornelia 1.368, Grottarossa 1.510, Prima Porta 374, Foro Italico 156 persone. Fanalino di coda Martignano con 25 persone.
Le criticità più volte menzionate sono state acuite dalla pandemia Covid 19. La più allarmante riguarda le prassi di iscrizione anagrafica spesso disomogenee sul territorio cittadino e non conformi alla normativa.
Troppo diffusi risultano i rifiuti di iscrizione anagrafica per le dichiarazioni di residenza sprovviste di contratto di locazione o accompagnate da un permesso di soggiorno in fase di rilascio o rinnovo (nonostante sia un titolo valido). Un’altra criticità coinvolge gli studenti respinti dalle scuole al momento dell’iscrizione per ragioni prettamente burocratiche e formali, con conseguente negazione del diritto all’istruzione.
Vi è poi la condizione dei rom, con l’annosa (e mai risolta) questione dei campi, oltretutto dimenticati durante la pande[1]mia, luoghi che puntualmente le nuove amministrazioni capitoline promettono di superare ma che da 25 anni confinano la popolazione rom in veri e propri “ghetti etnici”.
Nell’anno della pandemia le difficoltà maggiori si sono avute in ambito sanitario. Le difficoltà di accesso ai servizi sanitari di base, alla prevenzione, al tracciamento dei casi di Covid hanno colpito soprattutto i cittadini più fragili, tra cui molti immigrati. La sinergia tra pubblico e privato si è “congelata”, i rapporti di assistenza sono rimasti sospesi e la mancanza di una governance organica ha rallentato anche la campagna vaccinale, il cui accesso non è ancora universale.
Un argine ai danni causati dalla pandemia lo hanno assicurato le tante associazioni e organizzazioni di volontariato che hanno attivato strategie comuni, azioni di supporto ai servizi pubblici, interventi inediti e tempestivi quali l’insegnamento dell’italiano L2 al telefono, il sostegno agli studenti in didattica a distanza, la medicina di prossimità, un coordinamento sanitario operativo a supporto delle Asl romane, l’apertura, in collaborazione con il Comune di Roma, di strutture ponte per la quarantena di richiedenti asilo e rifugiati.
Nella distanza imposta dal virus e dalle restrizioni, sono germogliate pratiche di prossimità e interventi territoriali che hanno in parte attenuato isolamento ed emarginazione. Superata l’emergenza, urgono ora politiche territoriali governate dalle istituzioni e con più ampio respiro. (Vincenzo Pira)
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