Ci sarebbe una svolta nelle indagini sull’incidente avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 dicembre scorso a Corso Francia in cui hanno perso la vita Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli, le due amiche di Collina Fleming investite dal Suv di Pietro Genovese.
Come riferisce il quotidiano romano Il Messaggero nell’edizione di oggi 7 aprile i risultati depositati in Procura della perizia effettuata dai tecnici del pubblico ministero la sera dello scorso 10 febbraio sul tratto di strada in cui le due sedicenni sono decedute, dimostrerebbero che Gaia e Camilla quella notte non avrebbero attraversato sulle strisce pedonali, come sostenuto dai legali delle due famiglie, e avrebbero impegnato la carreggiata in un tratto di strada poco visibile. Allo stesso tempo però i periti avrebbero confermato che l’auto guidata dal ventenne procedeva a velocità sostenuta.
Concorso di colpa
L’epilogo della vicenda quindi sembrerebbe puntare in sede di processo al concorso di colpa e di conseguenza ad un alleggerimento della posizione di Pietro Genovese tutt’ora agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio stradale plurimo. D’altronde i due avvocati del giovane, Franco Coppi e Gianluca Tognozzi, dal fermo del ventenne avvenuto appena quattro giorni dopo il tragico incidente, non avevano mai chiesto la revoca delle misure cautelari, preferendo aspettare la prosecuzione delle indagini.
A partire dal giorno dell’interrogatorio del giovane davanti al Gip di Roma, avvenuto lo scorso 2 gennaio – sede in cui Pietro Genovese si era detto “sconvolto e devastato” per l’accaduto – i due legali del ventenne hanno sempre sostenuto infatti che quella sera il giovane sarebbe ripartito con il semaforo verde per le automobili e che, come confermato anche da uno dei due amici che viaggiavano nella stessa auto di Genovese, l’impatto con le due sedicenni sarebbe stato impossibile da evitare proprio per il punto in cui le ragazze si trovavano.
La ricostruzione dell’incidente
Scopo della perizia effettuata circa un mese e mezzo dopo l’incidente mortale, era stato proprio quello di individuare dove esattamente le due ragazze fossero state investite e a quale velocità andasse l’auto prima del terribile impatto.
Alla perizia avevano preso parte cinque consulenti nominati dalla Procura, dalla famiglia Genovese e dai genitori di Gaia e Camilla. Al vaglio degli inquirenti anche tutte le componenti dello scenario di quella tragica notte: illuminazione semaforica, strisce pedonali, situazione dell’asfalto.
I tecnici, affiancati e supportati da funzionari e agenti del II e del XV Gruppo della Polizia Locale, in quell’occasione avevano effettuato numerose misurazioni, rilievi e fotografie nel tratto compreso fra l’incrocio con via Flaminia e il ponte dell’Olimpica.
I risultati della perizia avrebbero dovuto definire il punto preciso in cui Gaia e Camilla avrebbero impegnato la carreggiata, per poi individuare esattamente la posizione dell’impatto con l’auto del ventenne.
Nessuno dei periti, sollecitato dai cronisti presenti, in quell’occasione si era lasciato andare a dichiarazioni ma i rilievi effettuati erano stati concentrati proprio nella trentina di metri che intercorrono fra la rampa per la tangenziale e il successivo attraversamento pedonale, proprio all’altezza in cui ora insiste il murales dipinto dai compagni di scuola delle due ragazze.
I rilievi dei periti sarebbero serviti anche a stabilire la corretta posizione del Suv di Genovese e la velocità al momento dell’impatto. La Polizia Municipale aveva escluso tracce di frenata, come del resto lo stesso Genovese aveva ammesso davanti al Gip, Bernadette Nicotra, lo scorso 26 dicembre, dichiarando di essersi accorto delle due ragazze solo dopo l’impatto con la sua auto.
Lo stesso Giudice per le indagini preliminari, nel disporre gli arresti domiciliari per Pietro Genovese nel provvedimento cautelare aveva parlato di strada con “scarsa visibilità per causa di un’illuminazione colposamente insufficiente” che certamente avrebbe contribuito all’impatto fatale con le due sedicenni.
Se la versione fosse stata confermata, avrebbe certamente richiesto anche un accertamento di responsabilità su chi gestisce la manutenzione e l’illuminazione di Corso Francia, nonostante ad aggravare la posizione del ventenne ci fossero comunque la guida in stato di ebbrezza alcolica e la velocità eccessiva.
Le testimonianze
Subito dopo l’incidente erano state anche tante le testimonianze di altri automobilisti e pedoni che quella notte si trovavano sul luogo dell’impatto, risultate però da subito discordanti tra loro.
Ai due amici di Genovese che si trovavano in auto con lui la notte dell’incidente, Tommaso Edoardo Fornari e Davide Acampora, che hanno sempre sostenuto l’impossibilità di evitare l’impatto con le due ragazze proprio per il punto in cui le sedicenni avrebbero attraversato, si aggiungono le dichiarazioni rilasciate da numerosi testimoni alla Polizia Locale di Roma secondo i quali le giovani sarebbero sbucate all’improvviso e avrebbero impegnato la carreggiata lontano dall’attraversamento pedonale regolato dall’impianto semaforico.
Versione però discordante da quella dei legali delle famiglie di Gaia e Camilla e di altri testimoni secondo i quali le due amiche avrebbero attraversato con il semaforo verde e sulle strisce pedonali.
Ludovica Panzerotto
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