
Lungo il marciapiede di via Cassia, nel tratto compreso fra Piazza Giochi Delfici e l’incrocio con via Cortina d’Ampezzo, c’è un piccolo monumento funebre in blocchi di tufo con una lapide in travertino. Coperto dal verde, davanti non ci si ferma mai nessuno.
Il monumento è dedicato al Capitano Arnaldo Ulivelli che il 2 Giugno del 1907, a bordo di un aerostato, fu folgorato nel cielo di Roma. L’ultima commemorazione avvenne nel 2007, in occasione del centenario della morte. Poi da allora quella lapide è caduta nell’oblio. A riaccendere i riflettori su quel piccolo monumento ci penserà, giovedì 6 giugno, la sezione di Roma Nord dell’Anget, Associazione nazionale genieri e trasmettitori.
Alle 10 di giovedì 6 giugno, infatti, in occasione del 112° anniversario della morte del Capitano del Genio Arnaldo Ulivelli, la Sezione Anget di Roma Nord ha organizzato una cerimonia commemorativa con la deposizione di un inserto d’alloro al monumento.
Sarà un modo, oltre che per ricordarne ai posteri la memoria, per sottolineare alle istituzioni che il decoro della città si misura anche tramite questi piccoli interventi di manutenzione non effettuata.
La storia del Capitano Ulivelli la si racconta in poche righe. Morì il 2 giugno del 1907 dopo essere precipitato con un aerostato sulla via Cassia, proprio dove ora si trova il monumento. Nel corso di una parata militare, quel 2 giugno il pallone aerostatico del genio militare si levò in volo da piazzale di Ponte Milvio nonostante il tempo stesse peggiorando: nubi scure e tuoni non lasciavano presagire nulla di buono.
L’aerostato, dal volume di 250 metri cubi, raggiunse velocemente i 500 metri di quota e si spinse a nord di Ponte Milvio quando all’improvviso venne colpito da un fulmine e precipitò in fiamme. Arnaldo Ulivelli morì poco più tardi all’Ospedale San Giacomo, dopo aver riconosciuto la moglie ed il Re, accorsi al suo capezzale.
Forse non sarà una delle figure più note e luminose della nostra storia patria ma tenere quel luogo della memoria ricoperto dal verde incolto e senza un minimo di cura dà un senso di abbandono che non fa onore alla Capitale d’Italia.
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