Giunge alla terza e ultima tappa la nostra inchiesta sull’esperienza di alternanza scuola lavoro presso gli istituti superiori di Roma Nord. Dopo aver ascoltato gli studenti dell’Istituto Pascal e quelli del liceo Farnesina, questa volta sono i ragazzi del Liceo G. De Sanctis, sulla Cassia, a descriverci le loro impressioni.
Chi con verdetti negativi, chi con esiti positivi e chi sollevando qualche perplessità, ci hanno raccontato le loro esperienze.
Come ormai risaputo, l’alternanza scuola lavoro è un progetto formativo sorto nel 2015 dalla legge Buona Scuola e prevede l’obbligo di 400 ore di apprendimento per gli istituti tecnici e professionali, 200 invece per i licei, a cui è offerto un piano didattico differente.
Il ventaglio di progetti a cui ha aderito il De Sanctis è abbastanza variegato e ha conciliato vari curriculum, tentando di assecondare gli interessi degli studenti.
Si va dal volontariato nelle parrocchie, tra cui quella del Preziosissimo Sangue al Fleming e la San Giuliano sulla Cassia, a convenzioni universitarie con La Sapienza, Tor Vergata e la Luiss.
A queste si aggiungono esperienze con la Biblioteca giuridica di legge di Tor Vergata grazie al progetto “Educazione alla legalità”, quello alla Biblioteca della Marina Militare, alla Biblioteca Angelica e a quella di Formello.
Per quanto riguarda il percorso di arte e restauro anche il Museo Crocetti di via Cassia 492 è stato oggetto di un progetto, senza dimenticare quello di giornalismo online o quello che ha consentito ai ragazzi di affacciarsi alla pubblica amministrazione, grazie al progetto condiviso con il XV Municipio.
Conciliare studio e lavoro, volere o potere?
Ciò che emerge dai racconti dei ragazzi di una quarta e di una quinta del De Sanctis è un sentimento di spaesamento di fronte a un’offerta che deve ancora assumere dei contorni definiti, in virtù della complessità della richiesta normativa che ha riversato sulle scuole il peso di assolvere a tale obbligo che, soprattutto per i licei, comporta una totale ridefinizione dei tempi e dei modi della didattica.
Inoltre le scuole di periferia come il De Sanctis, o come abbiamo visto per il Pascal di Labaro e Ponte Milvio, hanno dovuto sopportare disagi maggiori nell’implementare la normativa, in quanto le distanze e i difficili collegamenti fanno sentire il loro peso sull’organizzazione dei tempi della scuola e dello studio per gli studenti.
I ragazzi con i quali parliamo dimostrano di mordere il freno, vogliono varcare il prima possibile le porte del liceo per spiccare il volo fuori, in un mondo che però appare confuso e sottoposto a dinamiche lavorative incomprensibili. Ma l’alternanza scuola lavoro non dovrebbe chiarir loro le idee?
“Non ci siamo mai sentiti realmente coinvolti in un’esperienza che ci riguarda in prima persona“. È critica una studentessa del quinto che vorrebbe fare Psicologia all’università, ma a cui è toccato seguire dei corsi sulla produzione e imbottigliamento di acqua gassata un’esperienza che, dopo le lezioni in classe, si è conclusa con una manciata di giorni di stage in un’azienda ubicata dall’altra parte della città.
“Partire alle 13.30 dalla Cassia per arrivare a Tor Bella Monaca alle 15 e, dopo tre ore, tornare a casa e mettersi con la testa sui libri è stata una follia“.
Lo abbiamo detto, questo è lo scotto che stanno pagando gli istituti periferici. Altro esempio, un progetto presso una grande società editoriale, dove gli alunni hanno imparato a redigere comunicati e a confezionare rassegne stampa.
L’esperienza è piaciuta, ma è stata criticata dai ragazzi perché dopo scuola dovevano arrivare fino a piazza Cavour e, chi conosce la Cassia, sa bene quanto sia difficile raggiungere il centro con i mezzi.
Ma non solo critiche, ci sono esempi di progetti ben riusciti. “Io ho fatto un progetto con Luiss Enlabs bellissimo“, racconta uno studente di quinto, lui vorrebbe fare Economia, ha le idee chiare per la sua età. “Era incentrato sulla creazione di una start up, mi tornerà sicuramente utile”.
Altre esperienze positive sono quelle che hanno visto La Sapienza accogliere gli studenti del De Sanctis in diversi dipartimenti.
Il progetto svolto a Medicina, per esempio, ha riscosso successo così come quelli a Economia. Più criticato è stato invece il progetto a Ingegneria, dove gli studenti si sono sentiti abbandonati a loro stessi nella costruzione di un sismografo, causando malcontento.
Lo conferma una studentessa di quinto che vorrebbe fare chimica: “Dallo scorso anno il progetto alternanza ha cominciato a prendere forma e ce ne siamo resi conto anche noi con l’esperienza a Medicina, dove abbiamo analizzato dei vetrini in laboratorio. È anche vero che non tutti i miei amici sono stati contenti di ciò che gli è stato proposto, ma non è stata colpa della scuola“.
Altra conferma proviene da parte di una ragazza, recatasi gratuitamente all’estero grazie al progetto Erasmus Plus – Chagalle.
“Sono rientrata da poco dall’Inghilterra, dove sono stata per tre settimane per un progetto che ho fatto accreditare. Lì ti insegnavano a creare un’azienda, qui se ti dice bene ti fanno una conferenza e ti lasciano sola a districarti con attività impossibili senza un tutor ad affiancarti, ti dicono ‘costruisci un sismografo con oggetti che hai in casa’ e tu ti devi arrangiare da sola“. Il riferimento è ancora all’alternanza svolta a Ingegneria.
Un altro studente ci racconta di aver già vissuto un’esperienza lavorativa concreta nella capitale economica italiana.
“Io sono stato un anno a Milano, ho lavorato veramente, lì c’è una concezione completamente diversa di alternanza scuola-lavoro. Qui a Roma sembra che il criterio sia solo di colmare le ore mancanti per ciascun studente, solo una rincorsa ai crediti formativi”, ci racconta mentre ci sovviene spontaneamente il detto meneghino: “ma Milàn l’è semper un gran Milàn!”.
Benvenuti nella giungla del lavoro
Le domande dei ragazzi del De Sanctis, soprattutto quelle sul divario fra “utilità” e “produttività” delle mansioni loro affidate, combaciano con quelle che altre generazioni si son poste e si pongono quotidianamente.
Pur mettendo in conto che alcune nozioni vengano impartite, la maggior parte degli appuntamenti in calendario è strutturata a grande distanza, rendendo impossibile acquisire le competenze previste dal progetto.
“La Luiss Enlabs ci ha fatto sentire produttivi pubblicando i nostri comunicati stampa, questo è stato un buon progetto” – racconta una studentessa del quarto, sostenendo che basterebbe poco perché tutti i progetti vadano per il senso giusto – “Vorremmo sentirci semplicemente valorizzati nel nostro operato”.
“Ci siamo trovati più volte impreparati di fronte alle richieste, ma perché mancava una comunicazione chiara con i tutor“, conferma un suo compagno.
Pur avendo espresso il desiderio di partecipare ad altre attività in linea con i loro interessi, la difficoltà di districarsi fra le numerose convenzioni che arrivano dall’esterno spesso hanno scoraggiato, con ripercussioni anche sulla percezione degli studenti che non riescono proprio a capacitarsi di quale sia l’utilità di un progetto che non venga loro incontro. E, francamente, come potrebbero?
Barbara Polidori
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L’articolo omette di far sapere il progetto Alternanza Scuola-Lavoro sulla “Valorizzazione dei beni archeologici e ambientali del Parco Volusia”, che è stato promosso dalla associazione “Amici del Parco Volusia”: è iniziato l’11 ottobre scorso ed è arrivato alla sua quinta tappa. Sarebbe opportuno che VignaClaraBlog gli dedicasse un apposito articolo.