A Roma capita spesso di imbattersi in luoghi chiave della storia non solo cittadina ma mondiale. Stanno lì, silenziosi, quasi nascosti, in attesa che di tanto in tanto qualcuno li riscopra.
Sono come anziane signore dal fascino intramontabile che pur accettando il corso degli anni, discretamente chiamano a sé gli sguardi.
E a discrezione, il casale di Marlborghetto non lo batte nessuno, a iniziare dal luogo dove sorge.
Non siamo in centro o in qualche via affollata della Capitale; non ci sono turisti né scolaresche in visita. Anzi, percorrendo via Flaminia si fatica ad accorgersi di questo luogo crocevia dell’umanità tutta, a cinque chilometri da Prima Porta.
Uscendo da Roma, oltrepassato il cimitero, la Flaminia inizia a essere costeggiata sul lato destro dalla ferrovia Roma-Civitacastellana-Viterbo, che in alcuni punti s’interrompe con dei piccoli passaggi per permettere il transito alle automobili dirette verso la campagna.
Poco prima della stazione di Sacrofano, al Km 19.400, uno di questi valichi immette su una stradina parallela che conduce a Malborghetto. Che detto così non rende l’idea dell’importanza del luogo, anzi lo sminuisce.
E non serve ricorrere agli appellativi “di riserva”, perchè “Borghettaccio” – tanto per dirne uno – è ancora peggio. Ma fidatevi, perché di storia, qui, trasuda il terreno. La senti tra le foglie degli alberi, cola dalle loro cortecce. Tutto è storia in questo luogo benedetto.
In hoc signo vinces
Per spiegarne la particolarità bisogna partire dal IV Secolo, più precisamente dal 312 d.C., quando Costantino sconfisse Massenzio nella famosa battaglia di Ponte Milvio.
Sì, quella di “in hoc signo vinces“, la scritta che l’imperatore ebbe come visione prima di dare l’assalto trionfale alle truppe del suo rivale.
Con quella vittoria Costantino divenne imperatore unico d’Occidente e pose fine alle persecuzioni dei cristiani, ponendo le premesse a che il nostro culto si affermasse come religione di Stato. Se oggi andiamo a messa e facciamo il presepe lo dobbiamo a quell’evento.
Il punto dove sorge Malborghetto è quello in cui le truppe di Costantino si accamparono la notte precedente lo scontro e dove lui ebbe la famosa visione.
Che poi per alcuni non fu una visione ma un sogno, dipende dalle fonti storiche. Ma dipende anche dalle chiavi di lettura: fu sogno premonitore o il destino di Roma era già scritto? E cosa ne sarebbe stato di Roma se invece di Costantino a vincere fosse stato Massenzio?
Ipotesi affascinanti che, esplorate da due profondi conoscitori dell’argomento, raccontammo in un articolo di ottobre 2012 in occasione del 1700mo anniversario della battaglia di Ponte Milvio.
Di sicuro l’evento fu d’ispirazione per artisti come Raffaello e Piero della Francesca, che nelle loro tele fissarono quelle quattro parole in latino nell’iconografia cristiana.
Ma non c’è bisogno di conoscere nel dettaglio la storia, nè di essere critici d’arte, per farsi rapire dalla bellezza di questo posto: è il palato che conta.
Vi abbiamo detto come arrivare in auto, ma in treno è tutta un’altra cosa. E’ stupendo viaggiare su quelle linee ferroviarie secondarie che permettono di scoprire posti suggestivi e poco noti, e se non avete fretta, in questo caso ve lo consigliamo caldamente.
Anche perché scendere a Sacrofano è già di per sé un salto indietro nel tempo. La piccola stazione fa tanto modellino e il silenzio, rotto solo ogni tanto da qualche macchina che passa o da qualche cane che abbaia in lontananza, regna sovrano.
Un arco “tetrapilo”
Da lì è un attimo raggiungere il casale, costeggiando da una parte la ferrovia e dall’altra gli orti dei vicini casolari, dopo i quali il verde della campagna si estende a perdita d’occhio.
A un certo punto un barboncino esula per un attimo dalla proprietà in cui era confinato e ci viene incontro con fare intimidatorio, ma quando capisce che siamo venuti in pace s’acquieta e ci accompagna fino alla nostra meta.
La quale, a dire il vero, non nasceva come casale ma come arco. Un grande arco a commemorazione proprio dell’importante evento storico raccontato sopra. L’Arco di Malborghetto, eretto da Costantino addirittura prima di quello più grande e ben più famoso che affianca il Colosseo.
Si tratta di un arco “tetrapilo”, che non è una razza di fenicotteri preistorici ma il nome con cui si indica un arco a quattro arcate, una costruzione – cioè – a quattro lati, ognuno dei quali intagliato da un arco.
Solo nel Medioevo fu trasformato in casale. Anzi prima in fortezza, poi in osteria, poi ancora in stazione di posta e infine in abitazione rurale circondata da un borgo. Quando si dice la riconversione dell’uso.
I segni degli archi sono riscontrabili solo ad uno sguardo più approfondito. Sulle facciate dell’edificio, infatti, si nota come i “buchi” siano stati riempiti per ricavarne facciate.
Un sito vivo e vegeto
Nonostante la costruzione sembri offrirsi solo agli sguardi dall’esterno, e nonostante all’apparenza non vi sia indizio di presenza umana, va detto che il sito è vivo e vegeto.
Gestito dai Beni Culturali, si compone di un parco in cui giacciono alcuni ruderi antichi e di un piccolo museo.
Per accedere a entrambi basta portarsi alle spalle del piccolo edificio a fianco della costruzione principale. Tra l’altro, l’entrata è gratis.
Il museo ospita alcuni reperti divisi per zone di ritrovamento. Sempre di Roma Nord e territori limitrofi, s’intende: c’è la sezione dedicata a Tor di Quinto, quella al tratto urbano della Cassia, quella a Grottarossa.
Troviamo ampolle, statue, sarcofagi, capitelli, e c’è anche un pezzo dell’antica via Flaminia. Tanto per ribadire che qui è passata, e continua a passare, la storia.
Valerio Di Marco
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