
Con questo articolo si chiude la trilogia su storie e ricordi di Ponte Milvio che fu.
Dopo aver raccontato nella prima parte come si viveva a Ponte Milvio fra gli anni ’30 e i ’60 e dopo aver ripercorso la vita della Piazza nella seconda parte, attraverso piccole e grandi vicende della storia del mercato rionale, ci inoltriamo ora nell’evoluzione che ha vissuto la zona nel periodo a cavallo fra il 1960 e il 1990.
Storia recente dunque, nella quale sarà più facile per tutti riconoscersi. Anni in cui Ponte Milvio si è trasformata da piazza popolare a salotto buono di Roma Nord. Ma andiamo con ordine.
Anni ’60, aria di cambiamenti
Ne è passata di acqua sotto il Ponte e sono trascorsi i decenni. Siamo negli anni Sessanta, gli anni della politica e della nuova borghesia.
Piazza Ponte Milvio resta un piccolo quartiere prettamente proletario, caratterizzato ancora dalle attività artigianali e dal mercato sulla piazza.
Ma lentamente la “concezione” della mappa si amplia: dal limitato perimetro del piazzale, si iniziò a considerare parte del quartiere l’inizio di via Cassia, di via della Farnesina e di via Orti della Farnesina da un lato e via Flaminia fino a via Riano dall’altro.
Gli anni ’60 sono caratterizzati dal boom edilizio che investì Roma in generale al quale non restò estranea l’area di nostro interesse con l’espansione di quartieri come Vigna Clara e Collina Fleming.
Quartieri della borghesia medio-alta, dove le case di lusso e le auto costose facevano contrasto con l’atmosfera operaia della vicina Ponte Milvio.
Vicini, ma lontani. La neonata “alta società” sorta sulle due colline influenzò la vita di chi viveva a valle. Molte le donne di Ponte Milvio che andavano a lavorare “a ore” nelle belle case con due ingressi e due bagni, segni che a quel tempo erano sinonimo di ricchezza.
E la nascita dei due quartieri “altolocati” attirò numerose persone a Ponte Milvio, persone che da altre regioni vi si trasferirono a vivere trovando lavoro nelle nascenti attività commerciali, nei ristoranti, nelle portinerie dei palazzi.
Il boom economico
Il boom economico che attraversò il Belpaese arrivò anche qui, nella piazza e nelle strade limitrofe di Ponte Milvio: si iniziarono a vedere più automobili, più impiegati, più persone a cena fuori.
Nacquero nuove attività, dalla pizzeria a taglio al negozio di dischi, dalle prime boutique ai negozi di scarpe.
Dal punto di vista commerciale la Piazza si animò: l’ambulatorio venne sostituito dalla rosticceria, venne aperta l’ottica di Alvaro dove prima vi era la sellaia, il “Vini e Oli” cedette il posto alla pizza al taglio, il “Coiffeur pour dames” della signora Maria ed il “Sor” Emilio, il fornaio, iniziò a vendere i biscotti Gentilini, una vera bontà, ora come allora.
Aumentò il lavoro dei tassisti e diversi autobus avevano il capolinea proprio sulla Piazza. Ma mentre i cambiamenti investivano la zona, lo spirito del quartiere si manteneva intatto.
Era sempre una grande famiglia
Un rapido sguardo alla vita di quartiere permette di comprendere come per diverso tempo il tratto “famigliare” si restato tale anche negli anni ’60.

Di qualsiasi cosa si avesse bisogno lì c’era. Il medico del quartiere era il Dott. Scuderi, con lo studio situato in Via dei Prati della Farnesina, dove chiunque poteva contare sul suo parere esperto e sulla gentilezza dell’infermiera Armida.
Il ciabattino era Arnaldo, che aveva la bottega al numero 14 di Via dei Prati, disponibile a qualsiasi ora e sempre impegnato a lavorare sul suo banchetto, cercando di ridare dignità a scarpe troppo logore.
E al numero 4 il barbiere era Giovanni, giunto da Alatri nel ’39, poi affiancato dal figlio Livio, quello che ha fatto la barba anche a Totò, come ci raccontò un paio di anni fa.
I rifiuti venivano ritirati dal “monnezzaro”, un uomo che con il suo grande sacco in spalla passava casa per casa a svuotare la pattumiera nella quale i vetri venivano accortamente gettati avvolti in fogli di carta.
E sul ponte passava ancora il tram, che portava i pontemollesi al lavoro la mattina e li riportava a casa la sera.

S’affaccia la politica
I ’60 sono gli anni in cui la politica comincia ad infiammare gli animi, gli anni dei raduni in piazza e degli scontri.
La storia vuole una Ponte Milvio rossa, con i comizi elettorali allestiti al centro della piazza, le feste dell’Unità vissute come un momento di condivisione, Enrico Berlinguer a spasso in via della Farnesina.
Erano gli anni durante i quali i giovani militanti si scontravano fisicamente: da una parte i pontemollesi di sinistra, dall’altra i giovani missini di Vigna Clara.
Gli “indimenticabili”
Molti over 70 di oggi ricorderanno sicuramente alcuni personaggi tipici negli anni ’60. Uno di questi era Belardino, un uomo che raccoglieva tutti i cartoni che trovava per strada per andare a rivenderli, e che attraversava la piazza con la sua inimitabile camminata, un po’ molleggiata e un po’ trascinata.
Poi vi era Felicetta, una signora anziana che ballava non appena sentiva due note e che tutte le mattine si divertiva a “rubare” i foglietti che i famosi “metronotte“, il controllo notturno dell’Urbe, lasciavano infilati nelle serrande dei negozi.

Carlo l’arabo, uno dei primi stranieri arrivati nella zona e che parlava romanaccio; poi Ezio Gigli, l’artista della Farnesina.
Luigi, detto “Hendel”, il senzatetto che passeggiava cantando “Born to be alive” e che spesso ricorreva ai residenti per un cambio di abito.
Vi era anche Johnny Chitarra, basettoni e pantaloni a vita bassissima, che con l’aiuto di un goccetto di vino cercava sempre di cantare con tutti.
Infine, Dario, detto “il nanetto”, che abbiamo già conosciuto, che gestiva l’edicola: burbero con chi non conosceva, ma che nascondeva un cuore tenero.
Gli anni Settanta
Con l’avvento di questi anni si assiste ad un’apertura generale del quartiere. La mentalità cambia e dalla vita “di paese”, Ponte Milvio passa ad essere un luogo di ritrovo, con una mentalità più aperta e molti più “forestieri” che iniziano a frequentare la zona.
Uno dei punti di maggiore interesse era il cinema Aurora in via Flaminia (poi crollato negli anni ’90 e non più ricostruito), dove la programmazione era prestabilita: un giorno i film gialli, uno le commedie, un giorno i film per adulti e l’altro quelli per famiglie. E poi il varietà dal vivo con le ballerine
E poi c’era il “Pidocchietto”, il vecchio cinema parrocchiale dedicato a film per ragazzi: il biglietto costava 80 lire e comprendeva anche il pacchetto di pop-corn.
Nel 1970, apre la prima discoteca vicino casa: all’angolo fra via Flaminia e Corso Francia nasce il “William’s Club”, dove i ragazzi più giovani passano il pomeriggio tra coca cola e shake.
Il ritrovo per i più grandi, invece, era la sala da biliardo Pallotta o il Bar Battistini, situato all’inizio di via della Farnesina.
Ma anche la Piazza fungeva da luogo di ritrovo. Lì nascevano sfide goliardiche, discussioni sportive, scommesse, partite di pallone e battaglie di gavettoni in estate.
All’interno del quadro generale, poi, vi erano loro: i romanisti e i laziali. Nessuno tifava per altre squadre, si era giallorossi o biancocelesti.
Memorabili le scommesse per i derby. Chi le perdeva il giorno dopo era costretto a girare in mutande per la piazza, pagare il gelato agli amici o essere vittima di sfottò.
Il risvolto della medaglia
Negli anni ’70 Ponte Milvio non rimase estranea alla diffusione fra i giovani della droga.
Veniva chiamata “oro liquido”, era l’eroina, prima utilizzata solo da tossicodipendenti provenienti da altre zone, poi arrivata nelle case dei pontemollesi. Molte vite si sono logorate e poi spezzate a causa dell’ago.
Aumentarono le prostitute, ragazze che si vendevano per una dose. Arrivarono gli spacciatori e con loro la delinquenza irruppe a Ponte Milvio.
Le “monellate” che fino a pochi anni prima avevano caratterizzato la vita di quartiere e che spesso si concludevano in ramanzine, lasciarono il passo a scippi e furti.
La droga non portò via solamente delle vite, ma trascinò velocemente il quartiere in un clima di sfiducia e di diffidenza; addio alla “grande famiglia su Piazza”.
Arrivò la microcriminalità, le risse, i colli di bottiglia utilizzati come armi, i coltelli. Negli angoli si trovavano lacci, siringhe e bustine. La sera si restava barricati in casa.
Sono anni carichi di ricordi amari, in cui molti si persero.
Gli anni Ottanta
Nella memoria dei pontemollesi sono tre i ricordi più vivi di questo periodo: i panini di mamma Flora, la festa per i romanisti in occasione della vittoria dello scudetto nel 1983 e la memorabile nevicata sulla Capitale nel 1985.
Mamma Flora, madre di Ercole Scaramella, proprietario del Bar-Osteria, ogni giorno portava da mangiare per il figlio e per chi lavorava all’osteria e iniziò un po’ per caso a far provare i suoi panini ai clienti.
Di punto in bianco diventarono uno dei motivi principali per cui la gente si recava al locale: operai, impiegati e studenti in fila a tutte le ore.
Ciriole o rosette con trippa, fettina panata e insalata, polpette e broccoletti ripassati in padella, frittata e cicoria, fagioli e cotiche, melanzane alla parmigiana: ingredienti semplici e tradizionali, che furono la ricetta per il successo dei panini di Mamma Flora.
E come non ricordare la grande festa nel 1983 per lo scudetto della Roma? Ponte Milvio s’infiammò.

Gli anni ’80 sono anche quelli che hanno “imborghesito” Ponte Milvio, grazie alla contaminazione dei vicini quartieri di Vigna Clara e Fleming.
I ragazzi di ponte mollo cominciarono ad andare ai concerti al Bar del Tennis, agli spettacoli del Teatro Tenda di Piazza Mancini, al cinema di prima visione al di là del ponte.
Con l’arrivo del Centro RAI di Saxa Rubra, il quartiere iniziò a perdere l’aspetto di semplicità che lo aveva caratterizzato nei precedenti anni: furono diversi i vip dell’epoca che acquistarono casa proprio a Ponte Milvio, causando un incremento dei valori immobiliari.
Da quartiere operaio e commerciale, divenne un quartiere benestante, se non di lusso.
Si arriva così intorno ai primi anni del ’90. E qui finisce la storia di Ponte Milvio che fu perchè da quegli anni diventa Ponte Milvio che è: quella che tutti oggi conosciamo.
Grazie
Ancora una volta il nostro ringraziamento va ai pontemollesi doc del gruppo facebook “Sei di Ponte Milvio” che con le loro foto e i loro ricordi hanno contribuito alla redazione di questi articoli.
Un ringraziamento speciale va a Valeria Scaramella, lucidissima e simpaticissima novantenne, e alla figlia Silvana Landi: dalla loro memoria e dai loro album abbiamo attinto a piene mani.
Francesca Romana Papi
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Ho trasferito con successo i miei uffici in zona Ponte Milvio nel 1970 e piu precisamente all’ inizio di via Farnsina dove ora ci sono il Banco
Popolare di Novara ed il sovrastante Hotel Farnesina.Al nostro fianco ,(dove ora c’e una copisteria ),a quell’epoca c’ era un piccolo bar del sig. Rispoli, che grazie alla bravura sua e di tutta la famiglia si e’ sviluppato e trasferito di fronte in un locale molto piu’ampio e moderno che abbraccia la biforcazione tra la via Farnesina e via degli Orti Farnesina. Oggi e’ un punto fisso di incontri e di ritrovo per spuntini meravigliosi gelati “al
naturale”, e pacchi dono Natalizi e di tutte le altre occasioni. Mi sorprende che non sia stato citato, perche’ molto conosciuto ,e mi sono permesso ricordarlo.
perché terminale la trilogia, la redazione non può concepire una prosecuzione aperta a contributi di storici residenti? comunque complimenti e grazie
Mia nonna ci abitava ,mia zia ci abita (io so de rione prati)…grandissima e veritiera ricostruzione della ponte milvio che fu..è vero che sono cambiate molte cose,sembra assurdo ma anche a livello calcistico,essendo un appassionato mi piace esaminare il tifo nelle varie zone di Roma:una volta ponte mollo era più romanista,poi con l’aggiunta di quartieri limitrofi come rione prati ,fleming e vigna clara…e in un certo senso anche la cassia..anche seun po al limite.,la maggioranza è Laziale..non solo gli abitanti,ma la stragrande maggioranza dei commercianti…io sono laziale,mio padre romanista mamma laziale fratelli laziale e juventino..perciò non faccio un discorso fazioso eh..era solo per sottolineare il cambiamento quasi sociologico di un quartiere..che per me è un vero e proprio rione. SSL RIONE XXII
Mio padre aveva un appartamento in via della farnesina n 1. Vorrei sapere se è vero che anni prima, anni 60 e precedenti, si chiamava via dell’Aspromonte.