
Lunga vita ai ribelli che a cavallo di una bici girano per Roma sfidando distanze, buche, traffico e salite e anche la pigrizia. In una città dove sfrecciano motorini e scooter, dove le macchine sono parcheggiate in seconda e terza fila, dove il traffico è il comun denominatore di tutti i quartieri, vien proprio da chiamarli ribelli quei pochi che girano in bicicletta.
Non è un caso se Massimo ne ha fatto un logo, “Lunga vita ai ribelli” appunto, che ha inciso sul legno. Un logo e un progetto nuovo che coniugano un lavoro di passione per le biciclette con il riciclo creativo.
Siamo a due passi da piazza Ponte Milvio, esattamente in via dei Prati della Farnesina al civico 8 e Massimo Ferri è il titolare dell’officina Cicli e Scooter presa in consegna dal padre che l’aveva aperta nel 1952.
Un piccolo angolo di Roma Nord poco conosciuto, dove a partire dal dopoguerra molte botteghe artigiane hanno tenuto vivo il quartiere “che in quel tempo era molto diverso, molto più simile ad un piccolo paese dove c’erano tutti i mestieri: dal barbiere al fabbro, dal vetraio al falegname, dal lucidatore al carrozziere, dal negozio di alimentari al forno. Negli ultimi anni, le cose sono cambiate profondamente, con l’arrivo della crisi e l’impennata dei prezzi. Molti residenti storici sono andati via a molte attività hanno dovuto chiudere” ci racconta Massimo che lì è nato e cresciuto.

Nostalgia di un tempo che non c’è più e una grande passione per la bicicletta sono stati gli ingredienti necessari alla nascita del progetto; l’idea di Massimo è quella di recuperare vecchie biciclette destinate alla rottamazione per donar loro una seconda giovinezza.
Bici che Massimo trova gettate vicino ai cassonetti o donategli da chi ne ha una abbandonata in cantina.
Sfruttando le esperienze fatte in passato con il restauro delle vespe, la decorazione ad aerografo di caschi e scooter, l’hobby per la lavorazione del legno, oggi Massimo trasforma ferri vecchi in bici nuove di zecca. Sistema i pezzi rotti, raddrizza manubri storti, monta catarifrangenti e ruote nuove. Progetta accessori fatti a mano e personalizzati.
Il cestino, ad esempio. Ogni bici che si rispetti ha il suo cestino, quello dove un tempo si poggiava la spesa o il giornale. Massimo li fa a mano con listelli di abete che taglia e poi assembla per farne dei veri e propri porta pacchi.
Ma il cuore della vecchia bicicletta rimane, anzi “è quello che voglio tenere in vita”, ci dice Massimo.
Gli chiediamo com’è nato il logo. “Lunga Vita ai Ribelli, che disegno direttamente sul telaio, è venuto fuori pensando un po’ all’indolenza e alla pigrizia, considerate comunemente due caratteristiche dei romani e delle scuse che accampano per non utilizzare la bicicletta. Così – spiega Massimo – mi è piaciuta l’idea del “ribelle” che supera gli stereotipi sfidando le ostilità di Roma a cavallo di una bici”.
E a supporto del progetto ha creato anche un piccolo sito internet dal nome FERrICICLI, divertendosi a giocare con parte del suo cognome.

Massimo ci parla e ci sembra di essere in un’altra epoca, o in un piccolo paese sperduto dove non ci sono automobili e la bicicletta è l’unico mezzo di trasporto. E invece siamo nel cuore di Roma, a cento metri da Ponte Milvio, dove però un tempo era davvero così: bambini e signore in bici, uomini in sella per andare a lavoro.
Certo, non c’erano ancora le piste ciclabili, ma neanche l’inquinamento di oggi. Nel giro di cinquant’anni è tutto cambiato, e se ne è ben accorto Massimo che da piccolo vedeva il suo papà riparare bici, poi col tempo ha incominciato a riparare solo vespe e scooter. Di biciclette neanche più l’ombra.
Un ritorno al passato quindi, un ritorno alle origini. Un lavoro minuzioso e caparbio; caparbio sì, tipico di chi non si vuole arrendere di fronte al bello che non c’è più: a quelle due ruote che erano simbolo di libertà, di rispetto per l’ambiente, di gioco e di sport.
Valentina Ciaccio
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