
Via dei Prati della Farnesina assunse questo nome con un regio decreto del 1924 prendendolo a prestito dalla vigna di madama de Medici. Congiunge piazzale Ponte Milvio con via della Farnesina e vi si trovano villini e piccole palazzine d’epoca, uno spicchio di vecchia Roma che difende a denti stretti la sua fisionomia.
“Salve, volevo un po’ spostare l’attenzione su quello che è rimasto di questo piccolo angolo di Roma Nord, poco conosciuto o forse messo in ombra dalla notorietà di Ponte Milvio, dove a partire dal dopoguerra molte botteghe artigiane hanno tenuto vivo il quartiere, molto diverso allora, molto più simile ad un piccolo paese”.
A scriverci è Massimo Ferri, titolare dell’officina cicli e scooter che dal 1952 opera in via dei Prati della Farnesina a dimostrazione che arti, artigiani e mestieri sono duri a morire laddove le tradizioni restano un valore di vita.
“In questo piccolo spicchio di Ponte Milvio – ricorda infatti Massimo – integrati con i residenti c’erano tutti i mestieri, dal barbiere come Livio al fabbro, dal vetraio al falegname, dal lucidatore al carrozziere, dall’alimentari al forno. Negli ultimi anni, le cose sono cambiate profondamente, con l’impennata dei prezzi degli affitti e l’arrivo della crisi molti residenti storici insieme a molte attività sono andate via”.
Fra i tanti i fattori del declino, a detta di Massimo c’è l’istituzione del senso unico su via della Farnesina avvenuto nel 2009. Un senso unico, ricorda, “che ha contribuito a tagliare fuori la zona dal flusso dei residenti delle zone alte, linfa vitale per le attività artigianali storiche e stoiche che resistono alla trasformazione in pub, minimarket, e locali notturni.”
Già, quel senso unico in via della Farnesina, voluto e coccolato da chi governava in XV in quel periodo e accettato e ben custodito da chi lo governa oggi. Il tutto a dispetto dei residenti che lo hanno osteggiato fin dal primo giorno. (red.)
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io vado ancora piu indietro.. Ricoredo il banco del lotto, dove le vecchine andavano a raccontare i loro sogni agli addetti che li interpretavano e, smorfia alla mano, davano i numeri… Ricordo ancora quei grandi fogli di carta che erano le bollette delle giocate… Io ci andavo con Antonio, che per un periodo fece il cassiere al Bar Ponte Milvio e che prima di arrivare i fondo alla via, si fermava alla curva per farmi annusare le roselline che ricoprivano, come una enorme tenda, tutta la grata della casa all’angolo dove intravedevo un albero di melograno.Vicino al botteghino del lotto c’era un alimentari (mi sembra la sora Marianna) e davanti, attraversata la strada, c’era il forno di Belleggia. Via dei Prati della Farnesina..era il dottor Scuderi con l’infermiera Armida che ha fatto iniezioni a tutta la zona, era Aleandro il fabbro che non mancava mai di salutarti quando passavi e lo vedevi con la maschera davanti all’incudine a battere il ferro…Aleandro che lo potevi chiamare tutte le volte che “restavi fuori casa” e lui arrivava con gli attrezzi del mestiere. All’inizio di via dei Prati, al n. 80, se scendevi la scalette interne, trovavi er Sor Arnaldo che ha risuolato le scarpe di generazioni a Ponte Milvio..sempre su quel suo banchettino..sempre a lavorare e a cercare di far lavoretti cosi puliti che nessuno potesse accorgersi della riparazione. Via dei Prati, che all’inizio, prima del cortile Bellini/Manfrini , ti accoglieva la porta della cantina dell’osteria Scaramella. Dietro il cortile,l’officina Beri (se il cognome è diverso me ne scuso..ma io ricordo questo) con i meccanici di quartiere che io ricordo come persone oneste e cortesi. Via dei Prati dove da piccola non potevo superare la curva senza avvisare mia madre al bar, perche uscivo dalla sua visuale di controllo. Via dei Prati che era la sezione del P.C.I. Via Prati era la trattoria di Ennio ” Nasostorto” dove mangiavi come a casa tua. Via dei Prati della Farnesina, Piazzale di Ponte Milvio, Via della Farnesina (bassa) e inizio via degli Orti della Farnesina erano tutto un paese. Scusate ortografia e sintassi..ma quando ricordo a briglia sciolta..va cosi..senza rileggere…perche si perderebbe in spontaneità
grande silvana, troppo c’è da raccontare di questo meraviglioso quartiere
Ho letto per caso la sua descrizione della vecchia via della farnesina e per me è stoto un tuffo al cuore. Alla metà degli anni cinquanta inizio anni sessanta ogni anno proveniente da Comacchio trascorrevo i tre mesi delle vacanze scolastiche a Ponte milvio presso i parenti Bellini e Manfrini che facevano i fruttivendoli nello storico mercato della Piazza Abitavo al N° 80 di via della farnesina presso zia Antonietta e Almo altro mio zio era Dario il nanetto che vendeva i giornali nel chiosco al di la della piazza Arnaldo il ciabattino aveva la sua botteguccia nel cortiletto del palazzo e suo flglio era un mio compagnuccio Altro mio zio era Gaetano Bellini vecchio partigiano e uno dei fondatori della locale sede del PCI Ogni mattina facevo colazione nel bar della signora Valeria sorella degli Scaramella che gestivano l’antica osteria accanto alla quale c’èra il negozietto della porchettara Il proprietario dell’officina si chiamava proprio Beri e i parenti mi raccontavano che dentro l’officina venne girato il film Catene con Amedeo Nazzari Meravigliosi il quartiere della farnesina e Ponte Milvio in quei lontani anni di quel tempo ho ricordi straordinari Come era straordinaria quella Roma di allora che haimè non cè più. Scusate gli strafalcioni ma l’emozione di questi ricordi appanna la mente.
leggo solo adesso 🙂 Ciao, un saluto dalla figlia della signora Valeria e amica del cuore del grande Walter Manfrini che ci ha lasciato troppo presto . I tuoi ricordi, anche se limitati alle vacanze estive sono indelebili come i miei. Grazie a questo giornale che con i suoi articoli ci fa ritrovare e condividere emozioni passate
Luifogl
Ti ricordi i bellissimi giorni di quel periodo della nostra età giovanile e li descrivi in modo fantastico. Grazie
Sono Silvano Bellini tuo parente stretto.
Nel cortile di nonno Arturo siamo cresciuti
divertendoci trai i banchi e cavalletti del mercato. È trascorso del tempo ma ricordi così profondi non si dimenticano. Un grazie a Silvana che forse non si ricorda di me ma ci avvicina il ricordo di mio zio Dario che in edicola vendeva speranza.