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Tiberina, com’è difficile vivere in via Tenuta Piccirilli

lettera aperta
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“Sono uno dei residenti di Via Tenuta Piccirilli, sulla Tiberina, e vorrei esternare il disagio ed il pericolo in cui viviamo quotidianamente la nostra vita”. Così ci scrive Giuseppe M. per denunciare quanto sia duro vivere in quella strada a stretto contatto con il campo rom River”.

“Inizialmente era stato fatto un piccolo campo di nomadi ed extracomunitari nel Campeggio River, alla fine della strada, che nel tempo è andato ad aumentare in dismisura in quanto è diventato un rifugio di regolari ed irregolari. Anche parte dei nomadi che prima stazionavano al campo casilino 900, ora sono dimorati nell’ex campeggio”.

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“Purtroppo mi sento ospite a casa mia” sostiene Giuseppe spiegando che i residenti nella via “vivono da reclusi e sono costretti a convivere con loro, i nomadi, a stare attenti quando escono dal cancello di casa, perché con le loro macchine, senza assicurazione, corrono e sgommano mettendo in pericolo i pedoni e per evitare ritorsioni dobbiamo stare in silenzio”.

“Se una donna o una ragazza si trova nel bisogno di dover andare a prendere l’autobus sulla via Tiberina, novecento metri circa, lo fa – racconta Giuseppe – rischiando la vita e non ci vorremmo trovare nella situazione dell’Acqua Acetosa (ndr: in realtà Tor di Quinto, il riferimento è alla vicenda della signora Reggiani) dove una donna che rientrava a casa è stata violentata ed uccisa.”

“Purtroppo in Italia si prendono provvedimenti solo quando avviene un grave episodio e non prima per prevenirlo. Vogliamo anche ricordare la loro situazione? Hanno tutti i confort senza spese: elettricità, acqua e pullman privato, mentre in tutta la zona non abbiamo acqua potabile ma semplici pozzi costruiti individualmente, la fermata autobus più vicina si trova sulla Via Tiberina e, tra i vari rischi per arrivarci, alla fermata le donne o ragazze vengono importunate dagli automobilisti perché scambiate per prostitute che sulla via Tiberina sono numerose.”

“Questi e molto altri sono i problemi che viviamo giorno dopo giorno” esclama Giuseppe dichiarando con filosofia: “cerchiamo d’andare avanti, questa è la nostra casa, abbiamo fatto sacrifici e rinunce, pagato tasse molto per costruire la nostra casa e viverla con la nostra famiglia ed i figli che verranno e siamo pronti a lottare ed urlare la nostra voglia di una vita normale, serena come prima dell’insediamento.”

“Chiedo scusa – conclude – per questo sfogo dettato dal raggiungimento del limite massimo di sopportazione, spero possa essere usato come cassa di risonanza per una divulgazione e ringrazio.”

Per saperne di più, riproponiamo la nostra inchiesta di pochi mesi fa dal titolo “Tiberina, dimenticati da Dio e dagli uomini”: clicca qui 

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