Ha iniziato la sua carriera a 9 anni, oggi ne ha 90 e canta ancora, pure in 7 lingue. Ha recitato in più di 60 film, composto più di 1000 canzoni, venduto oltre 100 milioni di dischi. E’ un mostro sacro dell’arte canora. Dopo i numeri il nome: si chiama Chahnourh Varinag Aznavourian, in arte Charles Aznavour.
Martedì 1 luglio, con inizio alle ore 21, il “Centrale Live” del Foro Italico ospiterà l’unica data italiana della manciata di concerti che Charles Aznavour terrà in giro per l’Europa a cavallo fra la primavera e l’estate. Novant’anni da compiere il prossimo 22 maggio, l’ineguagliabile artista transalpino di origini armene ha scritto la storia della musica popolare e d’autore (eh sì, le due cose spesso coesistono), attraversando i tempi, i generi e le mode con eleganza, carattere e sensibilità del tutto peculiari.
Charles le formidable
Ha composto più di mille canzoni, ha venduto più di cento milioni di dischi, canta in sette lingue (compreso il napoletano), si è esibito in ogni angolo del pianeta, ha collaborato e duettato con una miriade di artisti eccellenti, ha recitato in oltre sessanta film, inclusa la bellissima trasposizione cinematografica del magnifico romanzo di Simenon “I fantasmi del cappellaio”. Se gli date un teatro e un ruolo adatto, il genio si vedrà.
Questi versi, che ci siamo permessi di prendere in prestito da “L’Istrione”, sono ancora dannatamente veritieri.
Non crediate, infatti, che il commendatore Aznavour abbia bisogno di campare di rendita e di vivere al sicuro di un passato fastoso, lunghissimo e scintillante, anche se ne avrebbe tutto il sacrosanto diritto.
Non crediate di trovarvi di fronte a un pensionato d’eccellenza, al quale regalare applausi e sorrisi troppo facili, magari “alla memoria”, solo perché “Lei” o “For me formidable” vi ricordano la vostra giovinezza e il vostro primo amore. Sarebbe un gravissimo errore di valutazione.
Solo tre anni fa, all’auditorium, l’ambasciatore Aznavour salì sul palco e si esibì come se da questo concerto dipendesse tutta la sua carriera. Cantò per due ore di fila e dedicò quasi metà della scaletta ai suoi successi in lingua italiana. Fu un trionfo vero. Ma perché?
Per rispondere a questa domanda, facciamo un piccolo passo indietro. Il suo straordinario curriculum racconta parecchio di Aznavour ma non dice, non può dire tutto. Però, fra le pagine e le righe di questa sequela ininterrotta di successi, si può intravedere la ragione principale di quel successo al Parco della Musica e del successo che lo accompagna da più di sei decadi: Aznavour è andato incontro al suo pubblico senza mai rinunciare alla qualità e allo spessore di tutte le sue proposte artistiche.
Non ha inseguito le mode o i capricci dei tempi, non ha “scodellato” materiale di facile acchiappo, non ha intrapreso la via più rapida e, soprattutto, non ha mai pensato che “non farsi capire” fosse sinonimo di talento e di genialità. Aznavour ha sempre conservato la sua integrità di uomo e di artista e non ha mai sottovaluto la gente.
E la gente ha recepito e continua a recepire il messaggio senza riserve, nei cinque continenti e da più di sessant’anni. Aznavour ha dimostrato che la musica d’autore e la musica popolare possono (e devono) essere la stessa cosa, è la prova vivente che, se hai qualcosa da dire e da dare, chiunque è in grado di recepirla senza che essa debba essere necessariamente sminuita o snaturata.
parole vive, vere, importanti
Aznavour ha pronunciato, sussurrato, cadenzato parole vive, vere, importanti. Ha trasmesso sentimenti e sensazioni, ha fermato il tempo e fissato i colori di certi momenti, ha suggerito immagini e evocato odori, ha fatto vibrare i silenzi e le pause, ci ha fatto immaginare persino le virgole e i punti esclamativi.
Ha legato le parole alla musica in un abbraccio sensuale e morbido, malinconico e struggente; ha lasciato fuori il superfluo, le decorazioni inutili e gli orpelli. Parafrasando Hitchcock, tutte le sue canzoni sono come la vita ma senza la parti più noiose.
Per arrivare a questi risultati strabilianti, Aznavour ha imparato le lingue, ha compreso la potenzialità evocativa di alcune città italiane, come Napoli e Venezia, ha scovato il punto d’incontro fra il francese e l’inglese, ha afferrato la profonda malinconia insita nello spagnolo, si è cimentato con il jazz e ha lasciato che le proprie canzoni vivessero (e trasmettessero nuova vita) attraverso le interpretazioni di mille artisti differenti.
il genio si vedrà al Foro Italico
Tutto questo è ancora dannatamente vero, anche ai giorni nostri. Il passato prossimo e il passato remoto si possono tranquillamente riversare e fondere nel presente, la pensione è ancora di là da venire, il miracolo si rinnova.
Molti lo hanno considerato il Frank Sinatra francese, altri lo hanno chiamato addirittura Charles “AznaVoice”. Possiamo pure starci, d’altronde il paragone è lusinghiero e non del tutto fuori luogo. Però, lo accettiamo solo ad una condizione: che, cioè, si cominci a riferirsi a Frank Sinatra come al Charles Aznavour americano, restituendo così ai fatti la giusta prospettiva.
Nell’anno del Signore 2014, a novant’anni suonati, il commendatore Aznavour è pronto ancora una volta a trasformare il passato in presente e a giocarsi tutto. Come nel 1950, come nel 1960, come sempre, l’ambasciatore Charles Aznavour (chapeau!) sarà al Foro Italico il primo luglio, a regalar magie. Un altro teatro e un altro ruolo adatto. Il genio si vedrà, ancora una volta.
Giovanni Berti
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