“From The Sky Down”, il documentario di Guggenheim sulla genesi di “Achtung, Baby”, il capolavoro della band irlandese, conquista gli spettatori del festival, mentre Giuliano Montaldo, alla presenza del Capo dello Stato, presenta “L’Industriale”, pellicola sulla crisi economica (e non solo) egregiamente interpretata da Pier Francesco Favino e Carolina Crescentini. Nel concorso spicca l’intimista “The Eye of the Storm”. Paura per Pupi Avati, ricoverato d’urgenza all’Umberto I per un malore: sembrano, però escluse conseguenze cardiologiche.
FROM THE SKY DOWN
La nostra quarta giornata al Festival Internazionale del Film di Roma comincia alle 15 sotto il segno degli U2: al Teatro Studio è infatti in programma la proiezione del documentario “From The Sky Down”, diretto da Davis Guggenheim (suo “Waiting for Superman”, l’inchiesta dedicata al sistema scolastico statunitense) ed incluso nel concorso della sezione “L’Altro Cinema – Extra”.
Questo film racconta splendidamente la fase cruciale della straordinaria carriera del quartetto di Dublino, evidenziando la crisi attraversata dalla band dopo la trionfale conclusione del tour seguito alla pubblicazione del magnifico “The Joshua Tree” (1987).
Nel concerto di capodanno 1990, che segnò la fine di quella splendida avventura live, le parole che Bono pronunciò verso la conclusione suonarono decisamente sinistre: “abbiamo bisogno di un po’ di tempo per ricominciare a sognare!”. Si ventilò infatti la possibilità di uno scioglimento del gruppo, dato che ogni componente della band aveva esaurito anche la più piccola goccia di entusiasmo e di creatività.
Per Bono, The Edge, Larry Mullen ed Adam Clayton le date nordamericane, seppure indimenticabili per gli spettatori, furono un vero e proprio incubo a causa del quale avvertivano netta la sensazione di aver smarrito la propria identità.
Uscito il film e pubblicato il disco “Rattle & Hum” (1988), che mirabilmente testimonia la scoperta dell’America da parte dei quattro musicisti irlandesi e che rappresenta un viaggio all’interno della musica made in USA, i membri della band, terminata la lunghissima tournée, evitarono di frequentarsi e si eclissarono.
“Tra una rappresentazione della band e quella successiva non c’è niente”, dice oggi Bono al regista Guggenheim, definendo efficacemente il periodo più oscuro della storia degli U2.
Trasferirsi a Berlino e tentare di combinare qualcosa agli Hansa Studios fu il passo successivo. Ma anche in terra tedesca il gruppo arrancava, non trovava la direzione giusta, produceva materiale insoddisfacente.
Poi, di colpo, torna la magia: “datemi una chitarra acustica alla velocità della luce”, esclamò Bono, prima di mettere in fila tre, quattro, cinque accordi e di improvvisare le parole nel suo tipico linguaggio (il “bonolese”, ossia una sequenza di parole incomprensibili che gradualmente portano all’emersione della melodia e poi del testo).
La genesi di “One”, magistralmente ricostruita nella pellicola, fa sì che la rotta venga finalmente tracciata! Questa gemma indica miracolosamente la strada, i nervosismi cessano e si ritorna a Dublino ad incidere “Achtung Baby” (1991), il settimo album della band, quello della svolta e della rinascita, il disco che, miscelando rock, dance ed elettronica e distorcendo suoni e voci, punta tutto sul rosso e batte il banco, il capolavoro che garantisce al gruppo una nuova prospettiva ed un futuro ancora prepotentemente in prima linea.
Non a caso il film, che include interviste recentissime ai membri della band, esecuzioni live ed alcuni inserti animati assai brillanti, si apre e si chiude con gli U2 al festival rock di Glastonbury, giugno 2011, dove tutto è ancora magicamente “even better than the real thing”.
RED CARPET E IL MALORE DI PUPI AVATI
Terminata la proiezione di questo magnifico documentario, usciamo all’esterno dove un cospicuo numero di ragazzine sono assiepate sulle transenne ed affollano la cavea superiore nell’attesa spasmodica dei due divi della saga di “Twilight”: sul red carpet sono infatti attesi (e saranno applauditissimi e fotografatissimi) i giovani attori Jackson Rathbone e Nikki Reed.
Dopo il passaggio dei due interpreti di “Eclipse”, del quale verranno mostrati alcuni minuti in anteprima, scorgiamo un cordialissimo Pippo Baudo che si sta recando al Teatro Studio, dove è in programma un omaggio a Lelio Luttazzi consistente nella presentazione e nella successiva proiezione del suo film “L’Illazione”.
All’interno dell’auditorium, mentre stava partecipando proprio all’evento in onore di Luttazzi, il regista bolognese Pupi Avati ha avuto un malore ed è stato ricoverato d’urgenza al policlinico Umberto I, dove dovrà restare almeno ventiquattro ore in osservazione.
Sembra che siano, però, escluse conseguenze cardiologiche. Nei prossimi giorni saremo più precisi: nel frattempo, al cineasta italiano, che proprio qui al festival è in concorso con il suo ultimo film “Il Cuore Grande delle Ragazze”, in programma domani sera, vadano i nostri migliori auguri per una pronta guarigione.
L’INDUSTRIALE
La seconda proiezione cui presenziamo è “L’Industriale”, il film diretto dal grande Giuliano Montaldo ed incluso fuori concorso nella selezione ufficiale.
Alla prima assoluta di questa pellicola, in programma nella splendida Sala Santa Cecilia, è presente il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che, applauditissimo, si siede in platea accanto alla signora Clio e Gian Luigi Rondi. In una sala assai piena fa il suo ingresso la nutritissima delegazione del film, capeggiata da Montaldo e dagli interpreti principali, ossia Pier Francesco Favino, la splendida Carolina Crescentini, Eduard Gabia, Francesco Scianna, Elena Di Cioccio e Roberto Alpi.
In questo film il quarantenne Nicola (Pier Francesco Favino) è proprietario di una fabbrica sull’orlo del fallimento. In una Torino, ora nebbiosa e lattiginosa, ora notturna ed algida, simboli della profonda crisi economica che sta attraversando il paese, Nicola è orgoglioso, tenace e testardo, e decide, infine, di tentare di risolvere i suoi problemi senza farsi troppi scrupoli.
Sua moglie Laura (Carolina Crescentini) è sempre più lontana ma Nicola non riesce a far nulla per colmare la distanza che li separa. Incalzato dagli operai, che vogliono avere risposte per conoscere il loro futuro, Nicola avverte che il suo matrimonio sta andando in pezzi ma, invece di parlare con la moglie, inizia a sospettare di lei e a seguirla di nascosto…
“L’Industriale” è un film asciutto ed essenziale nel quale viene rappresentata con lucidità la recessione che sta colpendo in particolare il nostro paese. Niente parole inutili, né inquadrature troppo insistenti: Montaldo è un maestro e sa perfettamente dove piazzare la macchina da presa, con quali tempi raccontare la storia, dove inserire la colonna sonora, scritta da Andrea Morricone, figlio del compositore premio Oscar, che qui al festival è il presidente della giuria internazionale.
Ottimo il cast d’attori (Alpi, Di Cioccio, Scianna, Gabia), in particolare davvero eccellente la prova di Favino ed assai intensa la performance della splendida Carolina Crescentini, che con Montaldo aveva già lavorato ne “I Demoni di Pietroburgo” e che qui conferma tutto il suo talento.
La cosa che ci è più piaciuta di questo film è una scelta narrativa ben precisa e meditata: la storia narrata per buona parte della pellicola riguarda la crisi di una fabbrica, vicenda che si intreccia con la crisi di una relazione interpersonale. Ma, a un certo punto, il film cambia completamente, assume un’altra connotazione, è quasi un giallo, è un thriller che, però, tramite il suo sorprendente finale, ritorna comunque alla tematica trattata all’inizio emettendo una sentenza secca e definitiva nei confronti dell’industriale.
Provare per credere: per la pellicola di Montaldo sono previste altre due proiezioni nell’ambito del festival: cinema Embassy, oggi alle 22.30 e domani alle 17.30 .
THE EYE OF THE STORM
Il terzo ed ultimo film di cui parliamo oggi su VignaClaraBlog.it è “The Eye of The Storm”, pellicola australiana inclusa nel concorso della selezione ufficiale e tratta dal romanzo “L’Occhio dell’Uragano” di Patrick White, premio Nobel per la Letteratura nel 1973.
Diretto da Fred Schepisi (presente in Sala Sinopoli ed applauditissimo al termine della proiezione), questo lungometraggio è ambientato in un sobborgo di Sydney, dove due infermiere, una governante ed un avvocato assistono Elizabeth Hunter (Charlotte Rampling), che si trova sul letto di morte.
I figli Sir Basil (Geoffrey Rush), un attore che fatica ad affermarsi a Londra, e Dorothy (Judy Davis), la moglie di un aristocratico francese che non le ha garantito il benessere economico, vengono convocati al capezzale.
Entrambi i figli, che in passato si erano allontanati dalla madre accusandola di non averli mai saputi amare, tentano di riconciliarsi con lei condividendo un obiettivo comune: lasciare l’Australia con l’eredità della donna. Servendosi del riluttante avvocato di famiglia (John Gaden), i due progettano di sistemare la madre in una casa di riposo per accelerarne la morte.
Si tratta di una pellicola di carattere intimista che va ad indagare le complesse dinamiche dei rapporti interfamiliari, che evidenzia i rancori, le ipocrisie ed i conti in sospeso: madre contro figli e tutti contro tutti. I ritmi sono blandi, meditativi, le scene sono lunghe, delicate, sofferte, spruzzate di poesia, insomma, il film convince e non annoia, anzi esplora con efficacia e con delicatezza questo mondo oscuro e dolente, connotandosi come un riuscito ritratto di famiglia in un interno dove non manca qualche spruzzata di ironia.
Gli attori sono tutti in parte: Rush è una sicurezza, Charlotte Rampling e Judy Davis sono spettacolari, intensissime, commoventi.
Il film sarà proiettato ancora oggi alle 14.30 alla SalaCinema Lotto e domani alle 17.30 alla sala 4 del Cinema Moderno.
Appuntamento a domani sulle pagine di VignaClaraBlog.it per la cronaca della quinta giornata.
Giovanni Berti
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