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Prima Porta – Antonini (CPI): L’Auriga non deve chiudere

Derattizzazioni e disinfestazioni a Roma

Da Andrea Antonini, vice presidente di CasaPound Italia e consigliere del Gruppo Misto al XX Municipio, riceviamo e pubblichiamo.
“Sabato 22 gennaio ero presente all’assemblea cittadina indetta dalla onlus l’Auriga. Sapevo che non sarebbe stata una situazione semplice: per tutti coloro che non lo sapessero – ed io ero uno di quelli – il centro ippico in questione opera dal 1993 con l’intento di integrare attività ippica con terapia riabilitativa rivolta a portatori di handicap ed ora, per le cause che tenterò di delineare, sta per chiudere i battenti.”

“Normale quindi che genitori e parenti dei ragazzi che usufruiscono da anni di quelle prestazioni provino un certo livore nei confronti di istituzioni apparentemente incapaci di fornire risposte e, soprattutto, garanzie. Normale anche che la presidente della onlus sia afflitta da scoramento e rabbia, forse non solo imputabile alla mancanza di un adeguato sostegno economico, quanto piuttosto al mancato riconoscimento del valore scientifico, medico e sociale del proprio lavoro.”

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Tenterò di riassumere in poche righe ciò che ho appreso nel corso degli ultimi giorni, da quando cioè un vasta campagna di sensibilizzazione è stata orchestrata dai genitori degli utenti disabili del centro, dagli operatori e da alcuni politici del municipio (non temete, non ometterò di tributare meriti, laddove ve ne fossero). Non ho pretese di esaustività dell’argomento, ma questa è l’idea che mi sono fatto.”

“Nel 1993 un gruppo di volontari, guidati dalla presidente Nicoletta Angelini, decide di iniziare un percorso teso a perseguire l’integrazione tra ragazzi – disabili e non – grazie all’ausilio di animali che particolarmente si prestano allo scopo: i cavalli. Nel corso degli anni l’Auriga si specializza, tanto da divenire punto di riferimento formativo per tutti coloro che vogliano sviluppare analoga esperienza.
Di certo l’attività dell’associazione vive momenti di difficoltà, tanto da dover affrontare, nel corso della propria esistenza, diversi trasferimenti di struttura. Dal 1999 l’Auriga risiede stabilmente nel centro ippico situato all’interno del Parco di Vejo, nella zona di Prima Porta, centro che, per la prima volta, ho avuto la possibilità di vedere, seppur parzialmente, proprio nel corso dell’assemblea del 22 gennaio 2011.”

Oggi il centro in questione rischia di chiudere e tanti sono i motivi. Come nel caso della storia, fornirò l’idea che mi sono fatto dei problemi, peraltro comuni a tante meritevoli associazioni ed organizzazioni operanti nel campo delle disabilità, che affliggono l’Auriga.
Sia chiaro, si tratta più di impressioni che non di documentate osservazioni dei fatti, ma, in molti casi, ciò che si sente è più vero di ciò che si ascolta.”

“L’attività svolta dall’Auriga ha fatto sì che l’organizzazione potesse contare, nel corso degli anni, su importanti finanziamenti pubblici, siano essi erogati da Provincia, Comune o Municipio. Il fatto che le terapie riabilitative equestri non siano ancora equiparate ad altre terapie riabilitative non consente loro di contare su una tipologia di finanziamenti in grado di garantire maggiore stabilità nel tempo: quelli del Servizio Sanitario Regionale erogati tramite ASL.
Non voglio addentrarmi in aspetti tecnici che risulterebbero particolarmente noiosi al lettore, ma il dato è che le istituzioni di prossimità – e quindi la politica – si sono prese cura del centro, hanno finanziato le sue attività, lo hanno sostenuto senza far percepire, se non in modo trascurabile, la difficoltà di sopravvivere nel pericoloso mondo dei finanziamenti pubblici.
L’Auriga ha peraltro percepito e compreso la necessità di integrare entrate di parte pubblica con altre di parte privata, tanto che oggi è proprio la crisi dei redditi delle famiglie a determinare l’allontanamento volontario di tanti utenti che non possono più permettersi la pur popolare retta.
Al contempo però anche i finanziamenti pubblici si sono ridotti: le casse pubbliche sono esangui ed è anche comprensibile che, dopo quasi un ventennio all’opposizione, la nuova classe dirigente possa avere idee diverse sulla destinazione e l’impiego delle risorse, senza per questo essere autorizzati a ritenere che qualsiasi difforme impiego rispetto al passato sia all’insegna dello spreco quando non addirittura della mera prebenda politica, che pure esiste oggi, esisteva ieri e che con forza occorre osteggiare.
Il buco nero generato dalla sanità del Lazio – settore nel quale si registrano oggi oltre 10.000 esuberi di personale – sta assorbendo tutto, causando tagli nei trasferimenti di risorse a comuni e provincie, ed è con certezza ascrivibile ad una disinvolta gestione del denaro pubblico.”

Che fare allora per garantire la continuità delle strutture che offrono servizi di eccellenza?
Di certo non credo che l’approccio dell’onorevole Argentin, presente all’assemblea cittadina del 22, sia stato quello giusto in passato, né che lo sia oggi: lei non ha finanziato l’attività dell’Auriga.
Non erano suoi i soldi erogati dal Comune di Roma per il sostentamento della struttura, ma dei contribuenti. Il centro in questione non è casa sua – come da lei sostenuto sottovoce -, ma delle famiglie degli utenti e degli operatori che tanto hanno fatto per mantenerlo ad un livello di eccellenza. Semmai l’onorevole in questione ha colpe che definirei sistemiche: la continuità di finanziamenti costituisce una mera dilazione del problema.”

Tento di spiegarmi meglio, anche grazie all’ausilio di paragoni con associazioni operanti in analogo settore.
Basta consultare il sito ufficiale dell’Auriga per rimanere colpiti da almeno due elementi: l’assoluta mancanza di sponsor – siano essi privati o istituzioni – ed enti patrocinanti e la scarsità di documentazione sulle attività svolte.
Più volte, ascoltando con attenzione l’intervento della presidente, ho avuto la chiarissima sensazione che questa tegola fosse piombata sul proprio capo senza che alcuna contromisura fosse stata assunta. Lungi dal volermi ergere a giudice di chi ha donato a persone più svantaggiate la propria esistenza, ho sentito la signora Angelini avanzare richieste, o meglio, necessità, a volte banali, che nel corso degli anni precedenti non ha saputo soddisfare: il rifacimento del manto stradale assolutamente dissestato, cartelli che indichino l’attività ed altre piccole misure che non ci si aspetterebbe di veder rappresentate dopo anni di presenza nello stesso luogo.
Insomma, la signora Angelini, tutta presa dal suo encomiabile lavoro e forte del sostentamento di chi ha governato la città per decenni, non ha creato quella rete di contatti, istituzionali e non, in grado di soddisfare necessità di lungo periodo. Per spiegarmi con termini aziendali, ha sfruttato un vantaggio competitivo senza pianificare un futuro per i tempi in cui quel vantaggio sarebbe svanito.
Ma se questo errore è veniale per la signora Angelini, la quale, tutto sommato, si occupa d’altro, non lo è per la folta schiera di politici che l’Auriga dicono di aver sostenuto e di continuare a sostenere. Forse è anche vero, hanno in passato aiutato la struttura, ma, a mio modo di vedere, nel modo più sbagliato.”

Ed ora passiamo alla soluzione.
Al PD, presente in massa all’incontro, propongo una sorta di patto e lo faccio partendo da una considerazione banale: tutto il sistema creato nel campo della disabilità e dell’assistenza sociale non può reggere. I costi sono esorbitanti di gran lunga le possibilità delle casse dell’erario. Esiste un unico sistema per garantire la sopravvivenza al sistema stesso: eliminare le mele marce.
Ed allora, al PD, al PDL, a SEL ed al Gruppo Misto del Municipio Roma XX faccio una proposta: eliminiamo le mele marce ed aiutiamo quelle che possono generare nuovi frutti. Si tolga, senza paura di inimicarsi il potente di turno (leggi Argentin), il laboratorio polivalente per disabili alla cooperativa Effetto Natura, la quale da anni tiene chiuso un centro, in via della Farnesina, costato alla comunità tutta più di 200.000 euro, e si aiuti l’Auriga a sopravvivere.”

“Tutti insieme, si rappresenti poi l’impulso per l’unica vera e rivoluzionaria legge in grado di ristabilire una autentica giustizia sociale: l’accreditamento diretto al disabile e non più alle strutture. Saranno poi i legali tutori dei ragazzi a scegliere dove e come impiegare i soldi spettanti a chi deve smettere di essere considerato utente per assurgere al ruolo, diverso e maggiormente tutelato, di cliente.
Solo così i fruitori del servizio potranno effettuare scelte consapevoli sulla struttura da frequentare e saranno le loro preferenze ad indicare alla politica quali siano i centri di eccellenza e quali no.” (Andrea Antonini, Consigliere Municipio Roma XX)

 

 

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8 COMMENTI

  1. Do volentieri seguito alla Sua lunga lettera, consigliere Antonini, perché principalmente desidero ringraziarLa per l’attenzione che qui mostra.
    In molti passaggi del Suo scritto mi ritrovo ampiamente: sicuramente L’Auriga ha peccato di limitato spirito manageriale, tra noi ce lo siamo detto più volte e ci siamo sempre giustificati con il fatto che Lei stesso coglie con precisione: noi facciamo altro. Ma proprio per la consapevolezza di dover attrarre più risorse abbiamo lavorato in questi anni e abbiamo creato una rete identificando dapprima partners come la Cooperativa sociale el Nath e le Associazioni Anucss e Aicote Onlus per dar vita ad un progetto sperimentale di gestione del Centro di Attività e Terapie con gli Animali, primo nel Lazio. Un lavoro lungo e faticoso, soprattutto partendo da altre competenze, ma irrinunciabile: concordo con Lei, consigliere Antonini, che ha saputo evidenziare la necessità, anche nel sociale, di una mentalità d’impresa. Grazie per la segnalazione circa il sito, che leggiamo come un suggerimento di aumentare la visibilità di quanto finora realizzato: indubbiamente anche in questo caso una mentalità più rivolta al marketing ci avrebbe aiutato a trasmettere meglio contenuti consolidati.
    E allora c’è da chiedersi perché proprio ora L’Auriga ha issato bandiera bianca. Credo di averlo spiegato con chiarezza in più occasioni. Comunque desidero ribadire che non ho preso questa posizione lagnando mancanza di finanziamenti pubblici, meno che meno riferibili al Municipio.
    A questo riguardo vale la pena di ricordare solo l’ormai noto episodio di un affidamento diretto, gestito in contrasto con le norme vigenti, che ci ha scoraggiato.
    Non volendone fare una questione “personale”, ho ritenuto che si fosse persa la possibilità di operare, o meglio che in assenza di legalità e trasparenza non saremmo stati in grado di farlo. Alcuni segnali dati e altri non dati ci hanno indubbiamente fatto sentire poco sostenuti e a volte ignorati in un settore di per sé in difficoltà ove grava oggi anche la perdita di potere economico da parte delle famiglie.
    Se il nostro vissuto non corrisponde alla realtà sarà facile mostrarcelo e in tal caso sarò la prima a esserne lieta e a rammaricarmi per aver interpretato male.
    Prima di tornare al presente, e costruttivamente continuare il dialogo che mi sembra avviato, tengo a precisare due cose:
    L’aver avuto spostamenti di sede è stato dovuto alla ricerca di un luogo che, da una parte, meglio rispondesse a caratteristiche idonee a realizzare interventi non solo di tipo sportivo ma anche e soprattutto socio-sanitari dall’altra alla crescente operatività dell’Associazione. Caratteristiche che abbiamo trovato appunto nella sede definitiva individuata a Prima Porta: non nascondo che l’aspettativa di allora ci portava a ritenere che questa nuova realtà sarebbe stata accolta e apprezzata anche e soprattutto da chi ha il compito istituzionale di amministrare un territorio certamente difficile.
    Rispetto alle sedi precedenti – centri equestri classici, certo non nati per un’utenza disabile – la nuova sede di Prima Porta ha caratteristiche tali da attirare anche sponsor privati, e in tal senso abbiamo già cominciato a lavorare. Le collaborazioni pubbliche – spesso tanto prestigiose quanto gratuite – ci sono già.
    Last but not least: ribadisco qui con chiarezza quanto ho già affermato in assemblea: tutti i “cospicui finanziamenti” affidati a L’Auriga sono stati frutto di bandi e avvisi pubblici regolarmente aggiudicati e i fondi sono stati erogati tutti a rendicontazione. Dal 1994 al 2007, cioè, abbiamo avuto non finanziamenti ma affidamenti: i soldi ricevuti hanno coperto i costi strettamente riferiti alle attività sostenute dai vari enti erogatori in base alla loro programmazione spesso della durata di tre/sei mesi soltanto.
    Unica eccezione a questo stato di cose, nel 2004, quando i ripetuti fermi del cantiere, da parte dell’ufficio tecnico del XX Municipio, nella sede da noi locata ci avevano messo in condizioni simili ad oggi. Ci fu allora suggerito che una possibile soluzione potesse essere il trasferimento in altra sede: come sarebbero andate le cose se avessimo dato ascolto?
    Avevo detto che avrei guardato al presente, ed eccomi a farlo: comincio con invitare Lei, consigliere Antonini, e quanti vorranno farlo, a visitare il centro con la luce del giorno e in un clima meno assembleare. Sarà un’occasione di confronto, provando a guardare avanti, alle possibilità di sviluppo.
    Segnaletica e strada dissestata sono elementi piccoli di un quadro più grande: sarebbero solamente banali se avessi trovato negli anni gli interlocutori cercati. Ma sono disposta ad ammettere, anche a questo riguardo, di non avere saputo insistere nel chiedere cose oggettivamente piccole.
    Cosa chiediamo? Lo ripeto, per sgombrare il campo da equivoci ed essere concreta.
    Dal Municipio, nell’ambito delle sue competenze, potrebbe venire una prima ed elementare forma di sostegno: un riconoscimento della qualità del nostro lavoro sul territorio. Ad esempio un semplice protocollo di intesa sarebbe spendibile con i potenziali partner e avrebbe sicuramente una ricaduta positiva sui luoghi. Si tratterebbe del resto soltanto di “certificare” quanto da noi fatto e l’interesse dell’Organo amministrativo affinché si continui a farlo.
    Quando dico riconoscimento penso a quello formale, ma anche al fatto di riconoscere che ci siamo e che lavoriamo su questo territorio e per questo territorio, senza colori e bandiere. Il richiamo che, Consigliere, fa al nostro avere operato “forti del sostentamento di chi ha governato la città per decenni” così sfruttando “un vantaggio competitivo senza pianificare un futuro per i tempi in cui quel vantaggio sarebbe svanito” è smentito dai fatti e non tiene conto della storia amministrativa della nostra Città, Provincia e Regione. L’Auriga ha lavorato con amministrazioni di diversa appartenenza politica, partecipando ai bandi pubblici e –nel caso – vincendoli.
    Non mi intrometto nella questione che riguarda un’altra realtà. Sulla base della competenza di Voi amministratori sono certa che terrete conto dei bisogni e delle richieste degli utenti/clienti: gli unici veramente titolati a valutare la qualità dei servizi. Anche in questo siamo d’accordo.
    La saluto cordialmente e Le rinnovo l’invito a conoscerci più da vicino.
    Nicoletta Angelini
    Presidente Ass. L’Auriga Onlus

  2. Allora potremmo chiamarle così: “Le Prime Volte di Prima Porta”… Il consigliere municipale Antonini ha dunque visto per la prima volta, sabato 22 gennaio 2011, la pur vasta struttura affittata dal Centro di Attività Equestri Integrate L’Auriga. Posso capirlo: la mancanza di regolare segnaletica (da anni richiesta e non ottenuta presso il Municipio XX), le buche enormi lungo la strada, gli incolmabili buchi neri in bilancio degli enti locali… tutti ostacoli che non incoraggiano nemmeno il più atletico e abile dei consiglieri.
    Come genitore di disabile, io invece conosco da molti anni il metodo de L’Auriga, che non fa politica ma terapia con cavalli e asini, facendo anche molta integrazione: rivolgendosi cioè nelle sue attività anche agli utenti non handicappati, collaborando con una cooperativa sociale, con altre onlus, e infine coinvolgendo una categoria, quella dei politici, particolarmente recalcitrante a lasciarsi integrare.
    L’assemblea cittadina del 22 almeno questo risultato terapeutico, l’ha ottenuto. Terapeutico, perché la distanza tra i politici e i cittadini “normali” (tra cui i disabili) è una malattia virulenta e grave che, se esplode in forme parossistiche ai vertici nazionali, non risparmia tuttavia le realtà locali. E’ un male penoso, tra i cui sintomi c’è quello, terribile, che vede certi politici accorgersi degli handicappati solo qualora essi abbiano, ai loro occhi, un valore economico.
    C’è un buco nero in bilancio regionale, derivato da un’allegra joint venture tra una Lady ASL, imprenditori privati, dirigenti politici? No problem: viene genialmente proposto di farla pagare non a costoro, bensì alle onlus e alle famiglie dei disabili. Ancora non ci sono riusciti, ma ci riproveranno presto.
    Il male dello scollamento sociale dei politici, tra i sintomi più gravi, ha quello di creare distacco anche tra loro stessi. Litigano ciecamente e continuamente, invece di dialogare per trovare una soluzione ai problemi della società civile, della pòlis. L’Auriga, nel suo piccolo, in assemblea cittadina ha fatto ancora questo di straordinario, avendo interrotto le terapie ordinarie: è riuscito a far dialogare politici di segno diverso.
    E il risultato è stato un passo avanti in direzione dei disabili, delle loro famiglie, e di tutto il territorio del XX Municipio: consiglieri municipali di diverso e opposto colore hanno parlato non di fumo ma di arrosto, cioè della concreta realtà terapeutica, sportiva e culturale rappresentata da L’Auriga, la maggioranza di destra, attraverso la delegata all’handicap e il presidente della commissione politiche sociali, la minoranza di sinistra, il gruppo misto si sono formalmente impegnati a coordinarsi, per quanto di loro competenza e facendo da sponda con Regione, Comune e Provincia.
    Un risultato stimolato da tante presenze: quelle della deputata Ileana Argentin, del consigliere regionale Enzo Foschi, di Mario De Luca rappresentante nazionale per l’Italia dei Valori, intervenuto insieme al suo collega di partito delegato cittadino per i problemi dell’handicap, la presenza di Italia Nostra e di Legambiente attraverso i loro dirigenti Mirella Belvisi e Paolo Conti, della Consulta permanente cittadina per l’handicap, di giornalisti, degli operatori qualificati ma senza più stipendio de L’Auriga, di semplici cittadini: ecco, tutta questa partecipazione ha prodotto forse uno scatto di dignità, un pudore generale, una presa di coscienza.
    E tanto peggio per chi non c’era, perché occasioni simili di scambio, possibilità come queste di verifica e di abbattimento di alcuni pregiudizi, purtroppo non è facile averne.
    Le polemiche pretestuose dei politici hanno fatto un passo indietro, noi familiari di disabili un passo avanti: continueremo a farne…

    Andrea Lilli – Comitato genitori e amici de L’Auriga onlus

  3. Lucida, puntuale e condivisibile l’analisi e la proposta del Consigliere Antonini, con un unico “neo”…. non ha considerato gli “interessi diffusi” di qualcuno….in XX Ciscoscrizione….inutile nasconderlo….. 🙁

  4. Gennaio 2011. Un ragazzo di ventanni, che dopo anni di psicofarmaci e un lungo, doloroso e costoso percorso ha preso coscienza dei propri problemi e deciso di dare una svolta alla propria vita, chiede alla Asl di entrare in una comunità terapeutica. Si sente rispondere che per tutto il 2011 la Asl ha i fondi per mandare in comunità terapeutica solo una persona con problemi psichiatrici. Controproposta: la compartecipazione alle spese. Che nello specifico significa 1.800 euro al mese.
    La Asl è la Roma E, ha 530mila abitanti circa, e sul suo territorio si trovano anche l’Auriga e il XX Municipio.
    La parola “compartecipazione” spunta da ogni dove, ultimamente, anche dal documento e dai materiali di discussione per nuovo Piano regolatore sociale di Roma Capitale.
    È evidente che se il concetto di “compartecipazione” si quantifica in cifre di questo genere, la maggior parte delle famiglie ha due scelte. La prima è rinunciare alle cure, o cominciare a vagare per il terzo settore (anzi, por ril volontariato, che sarà meno professionale ma non deve sostenere molti costi) in cerca di cure sostitutive a basso costo (siamo al 3×2 della salute, altro che diritti). La seconda è che cambiano residenza, spostandosi in una regione del Nord, dove l’intregazione sociosanitaria è stata realizzata, c’è ancora uno straccio di welfare e almeno il diritto alla salute è riconosciuto.
    Non mi interessa, in questo contesto, andare ad analizzare le cause (dalla corruzione all’abolizione dell’Ici). Quello che mi interessa è se i nostri amministratori/politici sono consapevoli della situazione e se stanno cercando un modo per affrontare il problema, a breve e a lunga scadenza, senza far ricadere l’intero peso sulle famiglie e sul terzo settore.
    C’è una strategia che permetta di evitare di porre le iniziative dal basso l’una contro l’altra, di scatenate le guerre tra poveri o tra soggetti deboli o tra famiglie in cerca di risposte ai propri bisogni e diritti?
    Durante l’Assemblea all’Auriga ci è statpo detto detto che, siccome l’Auriga Onlus è stata finanziata in passato, adesso tocca a qualcun altro. Che tradotto significa: non conta il merito o la storia, non contano i ragazzi disabili che non sono pacchi postali da spostare qua e là sul territorio… conta che noi abbiamo il potere di scegliere chi deve vivere e chi deve morire.
    Si accusa l’Auriga di non avere lavorato abbastanza sulla comunicazione, sulla costruzione di rapporti e, in ultima sintesi, sull’elaborazione di una strategia in grado di affrontare un crisi diffusa. Ma le Amministrazioni ce l’hanno questa strategia? L’hanno forse discussa con gli utenti e con il terzo settore? Hanno forse adottato uno stile comunicazione basato sulla trasparenza e, soprattutto, sul dialogo? Si sono chiesti come valorizzare le potenzialità del territorio, in un contesto di crisi che sta travolgendo le famiglie?

  5. Ad Andrea Antonini, come sempre, va riconosciuto la sua capacità (per alcuni onestà intellettuale) di esprimere un pensiero chiaro, recante specifiche proposte.
    Ciò consente alla controparte di prendere posizione in senso favorevole o meno, con l’onere, tuttavia, di illustrare a sua volta le ragioni della presa di posizione.

    Una piccola premessa.
    Ieri ho assistito a un convegno sul cd. ” contratto di rete”, una recente “invenzione” del legislatore che dovrebbe favorire l’aggregazione tra le imprese.
    Uno dei contributi riguardava la variazione attesa del P.I.L. in Europa; le previsioni fino al 2040 per la zona Europa, suggeriscono una diminuzione del detto indicatore dal 22% all’11% sul P.I.L. mondiale.
    In altre parole, i tempi delle vacche grasse sono finiti.

    Conclusione della premessa: l’Italia si è impoverita e tale processo non pare reversibile. Essa non ha i mezzi per crescere, e in futuro avrà sempre meno i mezzi per prendersi cura di chi non è autosufficiente.
    Nella migliore delle ipotesi ciò significa che le risorse dovranno essere gestite con efficienza.
    In tale senso giustamente Andrea suggerisce:
    1. la ricerca di sponsor – siano essi privati o istituzioni – ed enti patrocinanti che per migliorare (o ripulire) la loro immagine siano disposti a investire somme a scopo benefico
    2. la chiusura del laboratorio polivalente per disabili alla cooperativa Effetto Natura.

    Andrea però, evidenzia anche la scarsità di documentazione sulle attività svolte.
    Sul merito non mi pronuncio, ma l’aspetto è assai rilevante in quanto rimanda alla utilità e alla efficacia scientifica di detta associazione e dei metodi utilizzati.

    MA la questione rileva sotto un diverso aspetto.
    Certamente si tratta di sottrarre risorse a comparti “produttivi” per destinarle a settori di diverso genere.
    Si tratta di capire la sostenibilità di tali scelte, che oltre (o forse) prima che economiche, rivestono carattere politico.
    Dobbiamo essere onesti e dirci se possiamo, o vogliamo, sostenere centri del genere.
    Io credo che noi non possiamo e che pertanto essi dovrebbero essere sostenuti soltanto dai privati, anche se ciò vuol dire che soltanto i benestanti potranno permettersi di prendersi cura dei propri figli non autosufficienti.
    Personalmente ritengo che non dobbiamo, ma non vado oltre per non essere tacciato, giustamente, di apologia del nazismo.

    Andrea fa parte di quella destra sociale che, credo di poter dire, ha costituito il nucleo originario del pensiero mussoliniano (non dimentichiamo che le forme di assistenza mutualistiche e pensionistiche furono sviluppate in quell’epoca).
    Mi pare che per gli italiani, tuttavia, sia venuto il momento del bastone; abbiamo un popolo vecchio, fiacco, senza idee, senza etica, senza progetti, uso solo a lamentarsi. In queste condizioni ci vuole una terapia da elettroschock.

    Se non avremo il coraggio di autoapplicarci il rimedio, possiamo stare sicuri che lo farà qualcun altro, ma con scopi tutt’altro che benefici!
    Forse arriverà il momento in cui ci lamenteremo come le popolazioni di quei paesi del sud-est asiatico le quali si lamentano del fatto che i cinesi detengono la maggior parte della ricchezza del paese.
    Magari qualche cinese, allo scopo di avere una veste più spendibile, vorrà offrire il denaro necessario per salvare i figli “deboli” del nostro paese.

    Ma se avrete il coraggio di osservare le condizioni di vita nel resto del mondo (o anche quelle degli stranieri che vivono nelle banlieu di Via Gradoli) c’è soltanto da provare paura.
    Meno male che ci sono i “call center”….

  6. Carlo Maria , ho l’impressione che sia il bastone da te invocato e sia la carota , ce l’abbiano messe sempre nello stesso posto.
    Ahi.
    Hai toccato una marea di argomenti , tutti interessanti ma tutti estremamente complessi.
    Il Pil , è vero che come Azienda Italia stiamo con le pezze al cu.o , poco più poco meno degli altri , fatta eccezione per la Germania ( strano no ? ) ma l’indebitamento pro capite degli italiani ancora è inferiore al resto.
    E molto dell’indebitamento deriva da proprietà , ossia mutuo per casa.
    Nel senso che non siamo oberati da revolving card od eccessive spese superflue.
    Chiaro che bisogna stringere lo stringibile.
    Le retribuzioni non salgono e personalmente ho il terrore della ripresa perchè porterà una botta di inflazione che – se non controllata – c’ammazzerà peggio della crisi.
    Adesso stiamo piatti , stipendi-costo vita ma quando (?) ed appena si ricomincerà a risalire lo stipendio sarà fermo ed il costo vita salirà; e saranno dolori.
    Quasi come che se la cura risulterà peggiore della malattia.
    D’altronde , i parlamentari non vogliono ridurli di numero e manco di stipendio.
    I magistrati urlano all’attentato se viene loro paventata una minima riduzione dei sempre loro lauti stipendi.
    Le province se le tengono strette.
    I presidenti delle varie authority continuano a prendersi i loro 16milaeuronettimesepiùautopiùbenefits , i loro dipendenti circa 5-6mila per non fare un cavolo neanche loro.
    Si taglia qualche fondo alla cultura (?) e si grida contro lo sconquasso dello spettacolo , soprattutto da parte di quegli attorucoli che prendono piùdiunmilionedieuroanno per qualche minchiata di serial.
    E le macchine blu con relativi multipli autisti per ciascuna di esse ?
    E gli improbabili uffici ( con i loro costi ) di rappresentanze comunali, provinciali e regionali sparsi ovunque anche all’estero ?
    E così via sperperando.
    I soldi ci sarebbero per tenere in vita le strutture di assistenza se venissero effettuate delle correzioni agli sperperi di cui sopra.
    Allucinante pensare che il costo mensile di 5 auto blu consentirebbe il sostentamento mensile di una di queste strutture.
    Allucinante anche, che quando si parla di contributo privato si alzano innumerevoli ed ingiustificati scudi , a difesa di uno statalismo senza significato, in questo caso ed in questo momento storico ed economico.
    Immagini te una Samsung che in Italia sponsorizza un’intera università come in Corea ?
    Fuori i privati dall’istruzione !
    Mica la samsung è un ente benefico , sponsorizza tutti e sceglie poi i “pochi” migliori.
    Qui prendiamo tutti e poi scegliamo invece solo chi ha lo sponsor “giusto”.
    Quali misteriosi e sicuramente meschini secondi fini ( da un po’ ‘sta parola mi fa ribrezzo ) avrà Della Valle con la sponsorizzazione dei lavori di restauro del Colosseo ? Magari il mascalzone detrae dalle tasse ?
    Possibile che a Roma un Caltagirone , una Lamaro , una Lottomatica , uno straccione di turno insomma non riesca a trovare qualche migliaiodieuro per queste associazioni ?
    Ma vuoi mettere quanti soldi avremmo in più per queste associazioni se la piantassimo di buttare soldi all’estero per aiutare popolazioni che potrebbero assolutamente aiutarsi da sole ?
    Eppoi ognuno ha quello che si sceglie e merita. Lo dico sempre a me stesso pensando a Berlusconi , Bersani &C.
    Ma vuoi vedere che tra un po’ arriveranno un bel numero di tunisini , marocchini , egiziani con la scusa che lì c’è casino e che sono rifugiati e che quindi li dobbiamo sostenere e che dobbiamo dargli una casa , dignitosa s’intende e che dobbiamo dargli un pasto tre volte al giorno compabili con le loro usanze religiose s’intende e che dobbiamo dargli pure un lavoro oltre che il permesso di soggiorno o meglio la cittadinanza.
    Altri soldi che voleranno via ed un altro nostro ragazzo di ventanni dovrà cavarsela da solo a meno che non rimedi un documento bosniaco o kosovaro , si vesta ( non lavato ) in modo approssimativo ed affermando che proviene dal casilino 900 si ripresenta alla ASl competente(?). Accettato e curato. Altrimento solo accettato sì ma con una scure.
    Ventennio ? Grande , gigantesco periodo per questo tipo di discorso. Diritto all’assistenza sì ma condita da un altrettanto corposo libello di doveri. Mussolianamente parlando , altri personaggi , altre visioni , altri doveri , altri diritti, altro onore e dignità. Altri tempi , perlomeno per queste cose.

  7. A tutti è nota la sviluppata capacità dei politici di conservarsi anche meglio di Micheal Jackson.
    Hai ragione a elencare le caste dei privilegiati, ma le mie osservazioni si riferiscono alla gente comune, che la politica (e le relative poltrone) le lascia agli altri (e si tiene il bastone e la carota).
    Sarò forse più realista del re, ma tira una britta aria e non son molti quelli che hanno voglia di raccontarlo.
    Più si tarda a poltrire, più duro il risveglio.
    Buona fortuna

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