La serata speciale, che lo scorso 30 giugno l’Auditorium di Roma ha dedicato a Woodstock e che avevamo preannunciato, ha mantenuto le attese sia di chi aveva già una buona conoscenza di quell’evento, che segnò la storia del rock e di tutta la musica più in generale, sia di chi ne sapeva poco e nulla ed è venuto a soddisfare la sua curiosità su un mito assoluto e totalizzante, che quarant’anni non sono bastati a scalfire minimamente.
Vi è stata anche la piacevole sorpresa del saluto in voce, registrato da Gino Castaldo durante una recente intervista, inviato da Michael Lang, ideatore e principale organizzatore dei tre giorni di pace, amore e musica, all’Italia e al pubblico dell’Auditorium: “Saluto il pubblico italiano e l’Italia, posto che amo moltissimo, e spero che lo spirito di Woodstock possa tornare dal passato a darci qualcosa per il presente”.
Lo schema di fondo con cui Assante e Castaldo hanno condotto la serata è stato quello classico delle lezioni domenicali, ovvero commenti, battute e riflessioni alternati con proiezioni di filmati ma, dovendosi confrontare con una platea molto più larga e variegata del solito, sono stati obbligati a mantenere un registro più generalista, cosa questa che è stata probabilmente la causa di una serata che, seppur nel complesso più che positiva, alla fine non è risultata una delle migliori lezioni di rock condotte dal duo di critici musicali (ad esempio la lezione del novembre 2007, sempre sul Festival di Woodstock, ebbe una riuscita sicuramente migliore).
L’apertura e la chiusura sono avvenute sotto il segno potente di Jimi Hendrix (Monterey 1967 – Woodstock 1969), in mezzo racconti e spiegazioni su come nacque l’idea del Festival di Woodstock e poi la storia di come fu organizzato e di chi ne fu protagonista, ovvero il movimento hippie (con alcune riflessioni anche sulle sue derivazioni distorte ed aberranti come Charles Manson e la sua “Famiglia”), di come anzichè cinquantamila persone, ne arrivarono circa cinquecentomila e di come, nonostante questo, non solo tutto si svolse senza incidenti di rilievo, ma anche di come in quei tre giorni sorse una nuova nazione, quella che fu chiamata The Woodstock Nation, nella quale fu abolito il concetto di proprietà privata così come l’uso del denaro; ma soprattutto tanta buona musica, compresi due filmati inediti che non entrarono nel film di Michael Wadleigh: White Rabbit dei Jefferson Airplane e Blackbirds dei Beatles eseguita da Crosby, Stills & Nash.
Sul palco è salito, per pochi minuti, anche Massimo Ranieri il quale ha raccontato che, pur avendo vissuto appieno quel periodo, capì con abbondante ritardo la portata universale ed innovativa di quell’evento.
Per chi non ha potuto partecipare e per chi ha voglia di fare il bis, mercoledì 8 luglio alle ore 18.30 il solo Gino Castaldo, presso la libreria Koob (Via Poletti, dietro Piazza Mancini), presenterà il libro scritto con Assante “Il tempo di Woodstock”; in tale occasione, introdotta tra l’altro da un nostro redattore, ci sarà anche modo di chiacchierare, oltre che su Woodstock, sul prossimo concerto di Bruce Springsteen allo Stadio Olimpico e sul progetto Stratossfera, di cui Castaldo è uno dei promotori.
Noi chiudiamo raccogliendo l’invito a diffondere lo spirito e la musica di Woodstock con cui Ernesto Assante ha salutato il pubblico e di seguito vi segnaliamo qualche filmato assolutamente meritevole di essere visto e soprattutto ascoltato.
↓seppe Guernica Reitano
Freedom – Ritchie Havens
Soul Sacrifice – Carlos Santana
We Shall Overcome – Joan Baez
With a little help from my friends – Joe Cocker
Suite Judy Blue Eyes – Crosby, Stills, Nash & Young
I want to take you higher – Sly and The Family Stone
Summertime Blues – The Who
I’m going home – Alvin Lee and Ten Years After
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