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I Lipizzani del generale Patton nelle campagne della Sabina

Galvanica Bruni

Per questo primo week-end di maggio VignaClaraBlog.it vi propone un itinerario nelle campagne della Sabina, tra la Valle del Tevere e le basse colline che degradano verso la Via Salaria, sulle tracce di un incredibile episodio della seconda guerra mondiale. Due i protagonisti di questa storia: il generale George Smith Patton e i cavalli di razza Lipizzana.

Patton fu uno dei più noti generali americani durante il secondo conflitto mondiale. Capace, esperto e determinato era molto conosciuto anche per il suo carattere eccentrico: sull’uniforme portava un cinturone da cow-boy con un revolver dall’impugnatura in avorio e non si separava mai dal suo bull-terrier di nome Willie.

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Ufficiale di Cavalleria, esperto nell’impiego delle unità corazzate, aveva combattuto contro Pancho Villa e poi in Europa, durante la 1° Guerra Mondiale.

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I lipizzani sono invece cavalli ottenuti dall’incrocio di più razze con stalloni andalusi; hanno la prerogativa di avere alla nascita il manto scuro che in età adulta diventa bianco (o, come si dice nel mondo equestre, “grigio”).
La razza venne selezionata da Carlo 1° d’Asburgo a Lipizza, oggi in territorio sloveno, e utilizzata dall’Alta Scuola Spagnola di Vienna.

Nel 1943 i tedeschi portarono i cavalli di Lipizza a Hostau in territorio ceco; quando nel ‘45, dopo Yalta, la regione passò sotto il controllo dei Russi, la popolazione abbandonò quelle zone mettendo in grave pericolo l’allevamento.

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E’ a questo punto che entra in scena Patton: informato dai servizi segreti del Colonnello Reed decide di impossessarsi dei lipizzani e trasferirli in territorio controllato dagli alleati.
L’Alto Comando si oppone ma Patton è oramai deciso: con una azione fulminea il 28 aprile 1945 carica i cavalli su vagoni ferroviari e li trasferisce, insieme ai libri contenenti la loro genealogia, a Linz da dove nel 1948 raggiungeranno la Scuola di Cavalleria di Pinerolo e successivamente Montelibretti.

Oggi è possibile vedere i discendenti di quelle fattrici nel grande allevamento gestito dal Ministero dell’Agricoltura nelle campagne della Sabina ad appena 30 chilometri da Roma.

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Per arrivarci è sufficiente seguire la Via Salaria in direzione di Rieti fino al bivio per Montelibretti (km 35 della SS n. 4); alla periferia del paese, in prossimità di un fontanile e di una chiesetta chiamata “Madonna della schioppettata” si svolta a destra e si scende in direzione del pianoro.

Si segue sempre la rotabile di destra che passa accanto ad un frantoio e in circa 3 chilometri si raggiunge un secondo fontanile dove è possibile lasciare l’auto; si prosegue quindi lungo la sterrata delimitata da alti pini e in appena quindici minuti si è nei pressi degli ampi recinti che ospitano i cavalli Lipizzani.

In questa zona il territorio è molto bello perché le morbide colline alternano frutteti e oliveti ad ampie macchie; numerosi sono i vecchi casali e le stalle, oramai in rovina, utilizzate un tempo per il ricovero del bestiame.

Piccoli ruscelli, tra cui il Rio Moscio, si incuneano tra la vegetazione creando, all’ombra di enormi pioppi e olmi, minuscole oasi di frescura.

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I cavalli Lipizzani, forti ed eleganti, vengono allevati al pascolo brado negli ampi spazi dell’Istituto Sperimentale della Zootecnia dove si selezionano gli esemplari più belli; dalla strada sterrata che costeggia le scuderie dell’Istituto (in una di queste sono conservate alcune vecchie carrozze) è possibile vedere le fattrici con i loro puledri che pascolano su ampie e fiorite colline oppure ammirare gli stalloni all’interno dei recinti.

In lontananza, a giro d’orizzonte, si potranno osservare le cime del Monte Gennaro e del Monte Morra, gli abitati di Palombara, S. Angelo Romano e Montecelio e riconoscere la torre del palazzo comunale di Monterotondo; in direzione nord-ovest l’inconfondibile sagoma del Soratte con alle spalle la catena dei Monti Sabini.

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In questo periodo la campagna della sabina, verdissima, è molto bella e tra le colline ricoperte di ciliegi in fiore si nascondono piccoli e grandi gioielli: antiche dimore in rovina (come Villa Palazzi), minuscole chiesette, fontanili e laghetti di pesca, ruderi di antichi monasteri e vecchie torri.

Chi ama camminare potrà farlo lungo le tante carrarecce che attraversano la campagna e fermarsi a mangiare all’ombra di qualche grossa quercia; i più pigri (e buongustai) potranno sempre approfittare di una delle numerose osterie presenti a Montelibretti o Passo Corese e gustare, oltre a salsicce e fave con pecorino, anche la tradizionale “ciummacata”.

Francesco Gargaglia

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