Ernesto Alicicco non era solo un medico, era un emblema dello sport. Una bandiera da sventolare sia per i tifosi della Roma che per quelli della Lazio, vista la sua militanza su entrambe le sponde del Tevere.
Un personaggio trasversale, amato da tutti; l’uomo, per esempio, che salvò la vita a Lionello Manfredonia quando il cuore del ragazzo si fermò, al Dall’Ara, nel corso di una trasferta giallorossa a Bologna.
Era uno sportivo a tutto tondo, che prima di salire alla ribalta per il suo ingresso nel mondo del football fu pilota di rally, fra le altre cose con ottimi risultati.
Ma soprattutto era un uomo buono, capace di offrire sempre risposte argute ai giornalisti; capace, soprattutto, di prendersi responsabilità quando altri nascondevano la mano e abbassavano lo sguardo.
Affiorano ricordi e ci si confronta con chi l’ha conosciuto, e nell’incrocio di parole si viene a sapere che diceva mai “non posso” e curava pazienti d’ogni ordine e grado, ceto sociale e razza, senza chiedere il becco d’un centesimo.
Negli ultimi anni era sbarcato in Albania per insegnare il mestiere. Era entusiasta, sorrideva come un bambino che vede i pacchi sotto l’albero di Natale. Ma fra i ricordi, forse quello più iconico, è legato a quando corse dietro Carlo Mazzone, pronto a scardinare la curva dell’Atalanta nel finale di una sfida col Brescia.
Massimiliano Morelli
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Grazie per averci riportato alla mente il mitico Alicicco ed ancora più grazie al redattore per il linguaggio comprensibile scritto in un italiano irreprensibile. (A leggere “Disse mai non posso” senza usare il”non” mi sono quasi commosso..)
Sottoscrivo le belle parole espresse nell’articolo su Alicicco, ma preciso che a correre dietro a Mazzone furono il vice allenatore Leonardo Menichini e il dirigente Cesare Zanibelli