La telenovela è finita, Josè Mourinho non è più l’allenatore della Roma. Come un fulmine a ciel sereno arriva la comunicazione del licenziamento per l’allenatore di Setubal, la cui esperienza capitolina si conclude in maniera amara dopo due anni e mezzo di esperienza.
Incorniciata da una coppa internazionale, ma anche da un’incredibile serie di incomprensioni e battute d’arresto impreviste. Di polemiche e frasi di circostanza, indici puntati contro e fuggi-fuggi generale davanti ai microfoni.
La dirigenza statunitense chiude il sipario sull’esperienza di un uomo che è stato croce e delizia, amato e odiato nella stessa identica maniera; perché uno come Mourinho lo si ama o lo si odia, non c’è una via di mezzo.
Paga i risultati deludenti, specie della stagione in corso, che oggi relegano la Roma al nono posto della classifica e con la nona difesa più perforata del campionato.
Restano le macerie, o qualcosa di simile, perché al momento la squadra appare un agglomerato di punti interrogativi fra giocatori infortunati o sotto tono, gioco inesistente, mugugni di spogliatoio e immediato futuro incerto.
La squadra è attesa da un trittico apparentemente facile, Verona e Cagliari in casa, Salernitana all’Arechi; ma non è detto che le squadre che lottano per la retrocessione siano disponibili a fare da vittime sacrificali.
Ora trovano spazio le frasi di circostanza, a partire da quel “il ciclo di Mourinho era finito a Budapest”, ma a posteriori è facile parlare.
“L’As Roma annuncia che José Mourinho e i suoi collaboratori tecnici lasceranno il Club con effetto immediato”, questo lo scarno comunicato del sodalizio giallorosso, mentre il via-vai degli sfottò è già cominciato. Ed è partito anche il terremoto radiofonico, fra speaker annichiliti dalla notizia e radioascoltatori che vagheggiano l’arrivo di Daniele De Rossi al capezzale della squadra.
Leonardo Morelli
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