Chi conosce le aree verdi di Roma Nord sa che i terreni un tempo appartenuti alla Tenuta dell’Inviolatella Borghese, di proprietà oggi del Comune di Roma, sono ripartiti in tre aree: il parco di Via di Villa Lauchli, il parco attrezzato di Via dell’Inviolatella Borghese e infine la grande area compresa tra via Cassia Nuova, i terreni del CREA e la Flaminia.
Quest’ultima, che chiameremo in considerazione delle sue caratteristiche “area naturale” più volte è stata all’attenzione dei comitati cittadini per renderla pienamente fruibile.
Si tratta di una estensione di circa 800 metri per 1 chilometro che ingloba al suo interno alcune abitazioni private e una piccola fattoria. Terreno di straordinario interesse sia per la sua morfologia (al suo interno c’è un “banco fluoritico”) che per il tipo di vegetazione, rappresenta uno scrigno di biodiversità all’interno di quartieri densamente popolati.
Su questa area-naturale si è spesso fantasticato: sono stati elaborati diversi progetti per farne un parco pubblico o un parco didattico; si è proposto anche, ad esempio, di trasformare l’edificio dirupato in Via dell’Inviolatella Borghese in sede dei guardia-parco dell’Ente Parco di Veio o acquisire quel basso edificio sulla Cassia Nuova per farne una “casa del parco”. Tutti progetti che sono stati sottoposti a Comune e Municipio che in realtà hanno manifestato scarso interesse.
Dopo anni di inutile attesa e un provvidenziale intervento dell’Ente Parco di Veio per asportare una grande quantità di rifiuti venne aperto, su una vecchia traccia, un sentiero ad anello che interessava tutta l’area naturale cosi da consentirne la fruizione.
Lungo questo sentiero il Comitato Robin Hood posizionò una serie di cartelli e tabelle illustrative su flora e fauna del luogo in maniera tale da informare adeguatamente i visitatori. In occasione di alcuni eventi furono organizzate anche delle escursioni con tanto di accompagnatore a cui parteciparono numerose persone.
Poi passarono gli anni: i progetti finirono nel fondo di un cassetto, il Comitato Robin Hood cessò, per sfinimento, le attività, la natura si riprese quello che gli apparteneva e i sentieri lentamente si richiusero. Periodicamente si cercò di riaprirli ma questa fatica di Sisifo, non supportata dalle varie amministrazioni, servì a poco.
Oggi il sentiero ad anello non è più praticabile o per lo meno lo è con fatica solo per un breve tratto; una massa enorme di rovi lo ricopre quasi per intero. A bazzicare l’area quindi solo mandrie di cinghiali che non temono i rovi e hanno fatto dell’area naturale una delle tante zone rifugio.
Fruibile è soltanto la piccola radura nei pressi della sbarra metallica (chiusa senza alcuna ragione o autorizzazione con catena e lucchetto) dove vanno per lo più i possessori di cani.
L’area naturale oggi è interdetta e se qualcuno pensa che sia un bene si sbaglia di grosso: non solo questa area è un raccordo tra l’insugherata, l’Inviolatella, la Via Veientana e il Parco Volusia (un tratto significativo di quella che dovrebbe essere la “greenway veientana”) ma la mancata fruizione e l’assenza di ogni tipo di manutenzione ne sta facendo un ambiente trascurato e abbandonato.
Un chiaro esempio è la parte superiore dell’area dove alcuni anni fa furono piantati centinaia di alberelli (lecci, sughere, aceri): molti si sono seccati per la mancanza d’acqua e gli altri stentano a crescere circondati da erbacce alte un metro: in 6-7 anni si sono ispessiti solo di qualche centimetro.
Sono ben 13 anni che si parla di quest’area-naturale e di questo sentiero, un lasso di tempo abbastanza lungo anche se inferiore a quello che c’è voluto per realizzare Central Park: 20 anni. Come dire che al Comune di Roma ne hanno ancora 7 per pensarci.
Francesco Gargaglia
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Pregevoli iniziative come quella del Comitato R.H.
decadute a battaglie contro i Mulini a vento causa
l’ostinata inerzia delle multiformi Amministrazioni.
Anziché elargire euro per il reddito di cittadinanza, le varie amministrazioni, dai Municipi in su, potrebbero assumere maestranze per la gestione, mantenimento e sorveglianza di questa ed altre aree recuperate, per esempio l’ex campo nomadi dell’Acqua Acetosa, e tante altre che, una volta risanate dopo pochissimo tempo ritornano allo stato di abbandono e degrado iniziale.