
Gli atti e le intercettazioni fotografano una situazione inquietante. Una banda di giovanissimi operativa tra Roma nord e Grottaferrata aveva il suo covo in un garage a Vigna Clara. Arredato e attrezzato come le basi delle gang che affollano le serie TV.
Divanetti, tavolini, una macchina contasoldi, novemila euro in contanti, teaser e tirapugni, una pistola a salve, una parete mobile dietro alla quale ripararsi da occhi indiscreti.
Del resto la banda tirava su soldi come se piovesse. “Avevo 15 anni e a Frascati i soldi giravano….Proprio bei tempi, spogliavamo la gente… ero ricco come un re. ..a quei tempi si facevano cinque/ seimila euro a settimana “.
A parlare è Federico, il capobanda secondo gli investigatori. Minorenne, liceale, figlio di professionisti e con una spiccata vocazione criminale, secondo chi indaga. Per Federico, Manfredi, Catalin, Tommaso, e Attila la procura di Velletri ha chiesto il rinvio a giudizio. Affari di droga, ma non solo.
Federico che puniva gli sgarri e le offese, vere o presunte, organizzando dei pestaggi di gruppo al Vallone di Grottaferrata, si vantava nelle conversazioni con gli amici di essere in affari con i Casamonica. Come una nuova leva mafiosa distribuiva il soldo agli affiliati in difficoltà.
“Lo faccio lavora’ a Tommaso – dice alla sua ragazza – perché deve fare soldi. Io è da quando sono bambino che macino soldi“.
Ai ragazzi reclutati per spacciare che rifiutavano “la retta” faceva intravedere la terribile punizione. Portati al Vallone e minacciati di spinte nel dirupo. “Ho ammazzato tanta gente buttandola giù nel vallone“. Coltello alla gola per farsi consegnare il denaro.
Criminali incalliti nonostante la giovanissima età. Intimidazioni, minacce, soprusi e vessazioni nei confronti delle vittime, scelte tra le persone più vulnerabili. Tra i complici anche un tassista dal quale si faceva scorazzare in giro per Roma – non avendo ancora la patente – per le sue spedizioni punitive.
Un “padrino” in miniatura che era arrivato addirittura a immaginare l’omicidio di un imprenditore cinese in viaggio tra la Gran Bretagna e la Francia. Intercettato mentre espone il suo piano al tassista dice: “quando entra nel cesso del treno lo ammazzo e scendo a Parigi“. Il tassista è allibito. Teme la mafia cinese. Ma Federico la irride: “chi se ne frega di chi sono. I sicari a Napoli per ammazzare prendono 2500 euro. Io lo ammazzo per duecentomila euro“.
Questo è il quadro. Molto sconfortante. E non c’è da appellarsi alle condizioni economiche delle famiglie, lo stato di indigenza, la povertà educativa… o altre responsabilità in capo alla società. È un nuovo grido d’allarme che sale alto e forte.
Questi ragazzi di Roma nord devono rispondere di minacce, rapine, stalking, estorsione, spaccio. E sono stati fermati in tempo, per il momento.
Rossana Livolsi
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