
Cosa è la speranza? Chi lo sa, cosa è la speranza. Forse è una sensazione, quella che viviamo da un paio d’anni a questa parte, da quando un virus pronto a non dare scampo si è affiancato alle nostre vite, s’è inserito nella quotidianità.
La speranza è quella di allontanarlo per sempre dalle nostre vite, come accaduto chessò.. con la peste, o col colera.
Solo che stavolta il processo è più lento, macchinoso, di sicuro non aiutato dai social, che propongono ogni tre per due virologi dell’ultima ora pronti a raccontare per quale motivo non ci si dovrebbe vaccinare.
In Italia, si sa, il bastian contrario va sempre di moda, del resto si è presi in considerazione se ci si fa notare (anche in maniera sguaiata), e non se si sta nella massa. Molti non vogliono essere considerati “numeri”, peccato se ne accorgano tardi d’esser “diventati numeri” e di sicuro nel momento sbagliato.
Ma questa è una sensazione del cronista che si reca negli ospedali per scrivere articoli sul “momento che viviamo” e annota sempre più situazioni disperate nei corridoi di nosocomi e case di cura.
“Del doman non v’è certezza”, recitava Lorenzo il Magnifico, sintetizzando in maniera esplicita quell’“oggi ci siamo e domani chissà” che è mera constatazione di fatto. E allora ci si interroga, se “del doman non v’è certezza”, come possiamo preoccuparci di un gene che – secondo alcuni – potrebbe fra dieci o vent’anni mutare il nostro corpo?
Ovvio, ammesso e non concesso questa mutazione avvenga, ma poi diciamola tutta, quando si parla di mutazioni umane mi vengono in mente quei kolossal hollywoodiani dove si diventa supereroi o superassassini, fate voi. Oppure, quando si parla di mutazioni, penso a Chernobyl, ma questa è un’altra storia, e pure triste.
Non so cosa ci riserverà la vita nelle prossime ore, nei prossimi giorni, nei prossimi anni. Per uscire di scena basta un amen. Non dipende da noi. Dipende da noi invece il rispettare le regole, con buona pace di chi – bastian contrario per antonomasia – invita a non vaccinarsi.
Ognuno è libero di far quel che vuole, purché non leda lo spazio del “vicino”. Per cui, nel capitolo “speranza”, non includeremo quel “bisogna vaccinarsi” necessario per vivere tranquilli. Includeremo invece la parola “rispetto”. Per gli altri.
E qui chiudiamo, con buona pace di chi vagheggiava un editoriale di buon Natale alla “volemose bene”.
Massimiliano Morelli
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