Essere “social” è ormai d’obbligo per ogni fascia di età e cresce la presenza dei giovanissimi sui social media, un luogo per socializzare e sentirsi parte di un gruppo. I rischi, però, sono molti e difficili da domare. Ne abbiamo parlato con due docenti dell’IC Goffredo Petrassi, nel quale oggi, martedì 20 aprile, alle 17 si terrà il webinar sul tema.
“Se non hai un profilo, non esisti”, ironizzava Caterina Guzzanti nei panni della Ragazza Facebook, in tempi non sospetti. Oggi è più che mai attuale. La maggior parte di noi ha un profilo in almeno un canale social. Nel 2020, durante i mesi di lockdown, si è registrato un vero boom, soprattutto tra preadolescenti e adolescenti.
“Comunicare e condividere le proprie esperienze con i coetanei è vitale. Il confronto tra compagni aiuta a crescere, a maturare, colma la solitudine che spesso gli adolescenti provano anche in famiglia, li abitua a rapportarsi in una realtà nuova dove tutti hanno le stesse esigenze e necessitano degli stessi spazi. Tuttavia, non tutti gli aspetti dei social sono positivi.”, ci spiegano le professoresse Claudia Caprile e Clara Rossi, impegnate nelle attività per il contrasto al bullismo e al cyber bullismo dall’Istituto Comprensivo Goffredo Petrassi di Vigna Clara.
Il ruolo di scuola e famiglie
È frequente che attraverso i social media la realtà venga distorta, le relazioni fraintese, le persone sottovalutate. “I ragazzi sono sguarniti di fronte ai rischi e alle minacce che i social sono in grado di veicolare in modo pericolosamente subdolo. – spiegano le professoresse – Urgente e necessario è il controllo da parte dei genitori, lo testimonia il diffondersi delle app di parent control. Padre e madre dovrebbero monitorare i siti che i figli visitano, avere una il controllo su quello che ricevono o inviano e gestire il loro tempo davanti agli smartphone”.
Fondamentale è anche il ruolo della scuola. “Formazione e informazione sono le parole chiave per prevenire situazioni spiacevoli e difficili da gestire e bisogna iniziare già dalla Scuola Primaria a educare a un uso consapevole di questi mezzi di comunicazione evidenziando che, di ciò che viene pubblicato, resterà sempre una traccia nel web e che lo schermo del dispositivo utilizzato non funge da paravento dietro il quale nascondersi dando libero sfogo ad ogni nostra esternazione”.
Alla consapevolezza di postare è dedicato il webinar “1, 2, 3… pubblica!”, organizzato dall’IC Petrassi e che si svolgerà oggi in diretta su YouTube alle 17.
Per discutere sul tema saranno presenti Patrizia Giordano, dirigente scolastico della scuola, Stefano Simonelli, presidente del XV Municipio, Pasquale Russo, assessore alle Politiche scolastiche del XV Municipio e Domenico Geracitano, sovrintendente tecnico della Polizia di Stato e autore del libro “Pensa per postare”. Appuntamento che segue quello sulla netiquette da adottare sui social, svoltosi a metà febbraio.
Postare senza pensare
“I ragazzi postano istintivamente e con ingenuità, – proseguono le professoresse – condividono i momenti importanti della loro giornata, citano nomi di amici e conoscenti, studiano con accuratezza l’abbigliamento e l’ambientazione. Non pensano, però, alle conseguenze, perché la fiducia che ripongono negli amici è incondizionata. Un commento confidenziale potrebbe essere rinviato a sconosciuti, procurare danni alla reputazione e portare ad atti cyberbullismo oppure i propri dati potrebbero essere impiegati in situazioni di illegalità”.
Inoltre, nel mondo virtuale c’è poco spazio per il ripensamento, “quello che si posta non è più reversibile e rimane on line per sempre. Ne è una dimostrazione il dibattito crescente circa il diritto all’oblio, ancora così difficile da perseguire”.
Cosa non postare
Quali sono i contenuti da evitare? Chiediamo. “Tutti i tipi di dati sensibili, dati identificativi e dati giudiziari, ma anche le immagini di minori e riferimenti personali. Spesso la diffusione di questi contenuti può sostanziare vari tipi di reati, ancora più delicati per il coinvolgimento di persone minorenni, di cui rispondono coloro che esercitano la potestà genitoriale. A volte i ragazzi condividono anche immagini o video con termini non adeguati, irriverenti e non rispettosi nei confronti della diversità sia essa religiosa, politica o sessuale spesso senza conoscerne neanche il significato profondo”.
Sulle Extreme Challenge, tristemente saltate all’occhio della cronaca negli ultimi tempi, sottolineano che “Meritano un’adeguata attenzione, il loro diffondersi è allarmante. Nascono come giochi ingenui o come goliardiche sfide, ma troppo spesso degenerano in tragedie”, concludono le professoresse.
Insegnare a pensare, a non essere istintivi, a riflettere sulle conseguenze, a fare attenzione a come si racconta di sé, a non essere dipendenti dai “like”: questi sono gli obiettivi della scuola e di tutti coloro che cercano di insegnare ai giovani il giusto uso dei social media. Fermarsi ogni tanto davanti a un mondo che pretende velocità e immediatezza potrebbe essere la chiave.
Appuntamento dunque alle 17 cliccando qui
Giulia Vincenzi
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