Dai Van Halen, gruppo musicale hard rock statunitense a Woody Allen, settantaseienne attore, pure lui statunitense, il passo è breve. Anzi, l’errore è alle viste, se non si sta attenti a cosa si scrive.
Si, magari “Woody Hallen” si scrive anche per la nostalgia di quel rock anni Settanta che nulla ha a che vedere col morbido rock dei Maneskin, e diciamo che un refuso di stanchezza ci può anche stare.
Ma ne stiamo leggendo tanti in questo periodo, che rischiamo di dar colpe alla pandemia più che all’insegnante d’italiano delle elementari, forse distratto da san Paganino. In ogni caso non è certo colpa sua (dell’insegnante) se chi scrive la lettera “i” al posto della lettera “u” quando si parla di fughe di gas.
A scuola – e di lezioni on line ne abbiamo viste tante nell’ultimo anno, anche solo come uditori – s’insegna tanto, ma a volte si cade nella retorica e le lezioni diventano spesso “amabili chiacchierate coi prof”, più che insegnamenti utili per il futuro.
Così, quando leggiamo qualcosa di interessante, capita troppo spesso di osservare quel “qual è” scritto con l’apostrofo, l’abuso della “d” eufonica e una punteggiatura che un anziano giornalista in voga negli anni Novanta considerava “ad minchiam”. Ma ci può stare tutto, nella letteratura italiana. Pure un briciolo di ironia.
Massimiliano Morelli
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