“Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone , ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti…” è punibile anche con l’arresto.
Lo prevede l’articolo 674 del codice penale, titolato “getto pericoloso di cose”, ed è su questa ipotesi che la Procura di Roma ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti, avviando un’indagine sull’emergenza rifiuti che attanaglia la città.
Un articolo, il 674, che pochi anni addietro la giurisprudenza, operando una interpretazione estensiva, ha ritenuto che potesse applicarsi anche all’emissione di onde elettromagnetiche come ben sanno i residenti di Cesano e soprattutto gli esponenti del Comitato “Bambini senza onde” che vinsero la loro battaglia legale riuscendo a far spegnere alcune antenne nocive di Radio Vaticana.
Ma tornando alle montagne di rifiuti, di scatoloni, di buste con bottiglie e umido sui marciapiedi e ai cassonetti traboccanti e maleodoranti che a distanza di tre giorni dal pranzo di Natale ancora danno il loro tocco di folklore alle strade della capitale, delegata dal PM a condurre le indagini è stata la Polizia Locale di Roma alla quale non mancano certo le testimonianze documentali dei cittadini che di foto e di video ne stanno postando a iosa sui social.
E tutti puntano il dito contro l’AMA. Al netto dei soliti incivili che buttano di tutto ovunque, la municipalizzata della raccolta dei rifiuti anche questo Natale non è riuscita ad assicurare una raccolta adeguata alla città.
Non basta però dire che l’incendio all’impianto di Tbm del Salario è la causa dell’emergenza; bisogna anche sottolineare che il roboante annuncio dell’assessore capitolino all’ambiente Pinuccia Montanari “A Natale non ci sarà alcuna emergenza, sarà un Natale tranquillo” si è rivelato un flop abbastanza peraltro scontato nonostante i grandi numeri di addetti messi in strada.
“Roma come Beirut”
“Io dico sempre ai miei amici che non vivono a Roma che ormai la nostra città sembra Beirut” ha dichiarato Rita Dalla Chiesa in una lunga intervista a Il Giornale documentando la situazione di Vigna Clara, “una delle più belle zone di Roma diventata una discarica a cielo aperto” ed invitando la sindaca Raggi a prendere un caffè a casa sua “per vedere con i propri occhi in che modo stiamo vivendo qui a Vigna Clara“.
“Io mi vergogno di far venire persone a casa mia, perché quando entro con la macchina le esalazioni dell’immondizia non fanno respirare, e da una città come Roma e un quartiere centrale come questo non me l’aspetto” conclude tranchant.
Ridurre la TARI?
Mentre il natale dei romani si consumava in un oceano di sacchi neri e rifiuti sparsi, il Codacons è tornato a denunciare lo stato indecente della capitale chiamando in causa l’AMA rea di aver abbandonato interi quadranti della città eterna all’incuria e al degrado più totale, come peraltro denunciato pochi giorni fa dal New York Times in una corrispondenza da Roma di Jason Horowitz che ha dipinto una capitale a tinte fosche.
Si tratta, secondo il Codacons, di “una situazione sconcertante e apparentemente senza soluzioni ma contro cui i cittadini possono invece mobilitarsi, cominciando a tutelare i propri diritti“.
Nello specifico il Codacons ricorda ai romani che sul sito dell’associazione “è pubblicato il modulo attraverso il quale è possibile chiedere al Comune di Roma e all’Ama uno sconto dell’80% sulla tariffa rifiuti in presenza di disservizi nella raccolta della spazzatura, come previsto dalla normativa vigente“.
E in effetti la legge è chiara: il decreto legislativo 507/1993 dispone che “la tari è dovuta nella misura massima del 20 per cento della tariffa, in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento“.
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