
Il capolinea di piazza Mancini è un universo a sé stante, un crogiolo di personaggi, razze e umori, è il luogo delle lunghe attese, dei battibecchi futili e degli appuntamenti per far sega a scuola.
Il capolinea di piazza Mancini è il porto delle nebbie, dove le informazioni latitano o sono del tutto inutili, fuorvianti o irritanti, dove il bus parte “quando è ora” (un classico ATAC) o “parte quello a fianco” perché l’altro (quello dove sono saliti tutti) è rotto (anzi “la vettura è guasta, signori, scendete“), dove “questo non è il 446” anche se davanti c’è scritto “446” (dogma n.3), dove “ne arriva un altro, abbiate pazienza ” (ma, più che pazienza, ci vuole fede).
Il capolinea di piazza Mancini è una battaglia spesso silenziosa, ma non per questo meno aspra e cruenta, una guerra velenosa in cui si fronteggiano e si guardano in cagnesco due categorie, una provvisoria e raffazzonata (quella degli utenti), l’altra istituzionale e diversamente raffazzonata (quella degli autisti al gabbiotto), un conflitto sbilanciato in cui gli occhi e le braccia dei primi saettano furibondi in direzione dei secondi, placidamente presi dall’ennesima discussione sui turni, il governo e la partita.
Il capolinea di piazza Mancini è un “topos” tutto romano, dove la percezione del tempo si smarrisce (ci si accorgerà altrove e in un secondo momento che se ne è perduto e non poco), dove per sbaglio o per paraculaggine ogni tanto capita qualche automobilista, che, suscitando l’irritazione moralistica di tutti, sancisce una temporanea, stramba e vergognosa alleanza fra utenti e autisti.
Al capolinea di piazza Mancini puoi anche trovare la rarità e la primizia di un bus che sul davanti indica fra quanti minuti partirà (con tanto di conto alla rovescia), ma si tratta di un episodio sporadico del quale tutti ovviamente diffidano.
E, soprattutto nel mese di novembre, donne arcigne dal volto di pietra, con il capo velato e coi fiori mano, silenziose e stoiche affollano la banchina del 200 direzione Prima Porta, ricordandoci inesorabilmente che le mogli vivono sempre più a lungo dei mariti.
Giovanni Berti
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Meraviglioso dipinto della realtà di piazza Mancini! Da applausi!
Io non ci trovo nulla di pittoresco in un capolinea degradato che produce livelli di inquinamento sonoro e atmosferico ormai senza limiti.
La verità è che che queste accozzaglie di autobus non dovrebbero trovarsi vicino alle abitazioni per due motivi: 1. l’inquinamento prodotto. 2. il bivacco e la feccia che questi snodi attirano.
Ma questo ovviamente non interessa a chi non ci abita!
Dove a volte ti rechi per prendere l’autobus e il piazzale, dove fanno capolinea una decina di linee, è completamente vuoto e ti assale il dubbio: ma oggi c’è sciopero?
Piazza mancini e’un vero degrado, noi siamo un gruppo di mamme che accompagnamo i bimbi a calcetto in un circolo alle spalle del capolinea, oltre il capolinea c’e tanto altro…
E’tutto in stato di abbandono e degrado, per non parlare dei vicini giardini colonizzati da cose abbandonate e gente che utilizza il limitrofo parcheggio come una latrina. Mi chiedo perche’noi ci adattiamo e assuefiamo a tutto questo, senza voler e poter far niente per migliorare l’ambiente dove viviamo?
Ma insomma, chi era ‘sto Mancini ?