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Negozi chiusi la domenica? Cosa dicono a Roma Nord

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Chiudere il commercio la domenica, che è diventata il secondo giorno per incasso dopo il sabato, avrebbe un effetto negativo sui consumi già fermi, mentre i posti di lavoro a rischio, per l’intero settore, sarebbero tra i 30 e i 40 mila”.

E’ quanto afferma in una intervista al Corriere della Sera Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione, associazione che raggruppa centri commerciali e ipermercati, che supporta la propria convinzione con i numeri. E che numeri.

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Stando infatti ai dati diffusi da Federdistribuzione, “in Italia le persone che comprano la domenica sono ben 19,5 milioni mentre 3,4 milioni sono i dipendenti che lavorano di domenica. Il tutto corrisponde a 24,5 milioni di ore lavorate in più, a 400 milioni di euro in maggiori stipendi. Per gli esercenti, infine, l’incasso della domenica rappresenta il 15 % del fatturato settimanale“. Perchè dunque far chiudere i negozi la domenica?

Ma facciamo un passo indietro. La deregulation degli orari dei negozi si trova nell’articolo 31 del “decreto Salva Italia” del 2011 varato dal governo Monti. Con questo decreto è scattata la liberalizzazione degli orari di apertura non più vincolata alla presenza degli esercizi in località turistiche o città d’arte.

Al contrario, la proposta di legge che il leader 5S e vice presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, vorrebbe rendere operativa entro la fine dell’anno prevede un meccanismo di turnazione per cui comunque resterebbe aperto il 25% dei negozi. La turnazione andrebbe concordata fra il sindaco di ogni città e i rappresentanti locali dei commercianti.

L’argomento ha spaccato non solo la politica ma anche l’opinione pubblica. A favore anche i sindacati, che da tempo discutevano sulla liberalizzazione degli orari di lavoro e sulle condizioni dei lavoratori. La Cigl, ad esempio, si esprime tramite il segretario Susanna Camusso: ”importante provvedimento, ma poco coraggioso”. Contrari invece Forza Italia, il PD ed Emma Bonino con +Europa.

La vox populi  a Vigna Clara, Fleming e Ponte Milvio

Siamo andati a sondare le opinioni di commercianti e clienti di alcuni quartieri. A Vigna Clara, lungo via di Vigna Stelluti, la via dello shopping per eccellenza, è stato un coro pressoché unanime a favore della proposta di legge.

Vito, responsabile del negozio di scarpe più in voga della zona, ci dice: “noi siamo d’accordo. Si potrebbe tornare a vivere… oltretutto aprendo la domenica ci sono dei costi troppo alti da sostenere, il più delle volte non c’è questo ritorno, tantissimi clienti soprattutto in questa zona tendono a fare il week end fuori. La domenica è per la vita privata, la famiglia e poi la domenica non si va a Messa?“

Anche nel negozio di una nota catena di calze riscontrimao lo stesso parere:” Sono d’accordo. Però se siamo tutti chiusi. Che non ci sia disparità soprattutto per quanto riguarda i centri commerciali!

In un’altra attività commerciale chiediamo il parere di una cliente: “Sono assolutamente contraria alla chiusura domenicale! Una persona che lavora tutta la settimana ed ha bisogno di fare spese deve trovare i negozi aperti. Oltretutto si dà un sacco di lavoro a tanta gente!”.

All’angolo di Piazza Carli una commessa di lunga esperienza di un negozio di abbigliamento è categorica:” è necessario tornare indietro, per riavere un livello di vita più umano. Tanto se lei è intenzionata a venire da me ci verrà anche se io la domenica sono chiusa“.

Cambiamo scenario, siamo a Ponte Milvio. Claudia, titolare di un negozio di borse e bigiotteria, dubitosa ci dice: “ci sto riflettendo ancora, ci sono sia pro che contro. Io non ho personale quindi nessuna spesa aggiuntiva ma spesso mia figlia la domenica mi reclama!

Più avanti, nel più storico negozio di scarpe, hanno invece le idee molto chiare. A parlare per tutti è Giampaolo: “Speriamo! È giusto chiudere la domenica, ci sono le famiglie e i bambini. Non è vero che aprire la domenica faccia crescere le assunzioni. In tutto il nord Europa hanno tolto la domenica lavorativa”.

Ultimo test a Ponte Milvio è in una pelletteria presente sulla piazza fin dal 1970 il cui proprietario, Alvaro, ci risponde sintetico e chiaro: ”noi la domenica siamo sempre chiusi, vorrei che chiudessero anche i centri commerciali per la concorrenza“.

Cambiamo nuovamente quartiere e saliamo verso il Fleming. In  Piazza Monteleone di Spoleto il titolare della profumeria si dichiara inaspettatamente contrario alla chiusura: “la domenica è il mio unico giorno libero e ho anche io il diritto di andare a fare compere! Inoltre non è un provvedimento che ci aiuta.”
Di opinione completamente diversa Luisa la responsabile del negozio di abbigliamento affianco:” favorevole! A noi toglie tanto lavoro la concorrenza.”

Mara invece ci risponde come cliente e come commerciante: “come cliente mi fa comodo che la domenica i negozi siano aperti, da commerciante dico poi che se porterà più lavoro ai piccoli… ben venga!”.

Valentina invece, dell’esercizio affianco:” Sono assolutamente contraria a questa proposta di legge perchè mantenendo così le cose si ha assoluta libertà di poter tenere aperto oppure chiuso. Rispetto ai grossi centri commerciali le piccole imprese di questo quartiere offrono un servizio differente ad una clientela mirata; per cui non ci può essere una vera e propria competizione.”

In Europa come funziona

Appare molto frastagliata la situazione anche a livello Europeo, dove su 28 sono 16 gli stati a non avere limitazioni orarie o ad averne molto poche. L’unico vincolo posto dall’Unione europea, contenuto nella direttiva sull’orario di lavoro, è quello che concede al dipendente un giorno di riposo dopo sei di lavoro, ma non necessariamente deve coincidere con un festivo.

Francia e Germania sono tra i paesi più inclini alla chiusura domenicale insieme ad Austria, Grecia, Cipro, Belgio e Malta. Una particolarità curiosa è rappresentata dalla Norvegia, che pur non facendo parte della UE, proibisce a quasi tutti gli esercizi commerciali di tenere aperto la domenica.

Tornando a Roma Nord…

Nella nostra indagine non poteva mancare il parere di Giovanna Marchese Bellaroto, presidente di Assocommercio Roma Nord (che rappresenta gran parte dei commercianti di Vigna Clara e dintorni, fino a Ponte Milvio) nonché presidente di CNA-Commercio.

Lei che posizione ha rispetto alla proposta di chiusura domenicale?

Questa proposta di legge viene dall’esperienza che le associazioni di rappresentanza degli imprenditori medi e piccoli – quindi i commercianti che hanno attività su strada – hanno portato avanti da 6 anni circa. Noi siamo stati come CNA-Commercio una delle parti promotrici di questa richiesta. La nostra necessità nasce dal fatto che la città nel fine settimana si spopola, i quartieri sono deserti già dal venerdì.

Il commercio su strada rispetto all’attrattiva che offre un grande centro commerciale non ha competizione, non ha appeal. La gente preferisce chiudersi in queste scatole di cemento invece che andare a fare la spesa nei negozi di quartiere. Questo comporta che la piccola e media impresa che noi rappresentiamo non possa competere con questo sistema.

Inoltre noi non possiamo sostenere i costi delle aperture festive, nel 70-80% abbiamo non oltre i tre dipendenti e le attività sono per lo più a conduzione familiare. Mentre invece la grande distribuzione pone la turnazione come condizione all’assunzione. Già questo crea disparità come opportunità di vendita. Una concorrenza sleale nel costo del capitale umano.

Noi avevamo proposto una calendarizzazione delle aperture nei vari municipi di Roma, per far tornare le persone nei contesti urbani.

Lei ritiene che questa proposta di legge favorirà l’e-commerce?

Il mondo è già cambiato in questi anni. Noi prima avevamo come unici competitor i centri commerciali mentre oggi abbiamo dobbiamo vedercela con l’e-commerce. Questa è la sfida del futuro: valorizzare le capacità e le competenze umane. La qualità e l’accoglienza che si può trovare in un negozio romano non è la stessa che si può trovare nè nel centro commerciale nè sui siti internet. Oltretutto i prezzi non sono così realmente competitivi a meno che non si acquistino prodotti usati oppure di provenienza non certificata.

Francesca Bonanni

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4 COMMENTI

  1. Ma la libertà di scelta, non va più di moda? L’apertura domenicale mi pare sia facoltativa, non obbligatoria.
    La gente preferisce chiudersi in queste scatole di cemento invece che andare a fare la spesa nei negozi di quartiere.” e una domanda sul perché accada questo non se la pone nessuno? Che i centri commerciali abbiano parcheggi – per dirne una – invece della doppia fila a rischio, non conta?
    Possibile che il modello di commercio “non virtuale” sia rimasto lo stesso di decenni fa, senza adattarsi ai cambiamenti nella società, nelle sue dinamiche ed ai suoi orari?

  2. Perfettamente d’accordo, spesso faccio acquisti la domenica soprattutto perché è l’unico giorno in cui riesco a parcheggiare anche in quartieri dove normalmente è impossibile.
    Tra l’altro il sabato ci sono altre cose che è necessario fare per chi non ha tempo tutta la settimana.

  3. favorevole per la chiusura domenicale, non ci andrei mai a fare la spesa di domenica, far giocare bambini ai centri commerciali e passare il tempo solo a guardare senza comprare nulla perchè piu della meta di chi viene al centro commerciale di domenica non compra, i negozzi sono aperti fino alle 21 anche più chi vuole fare spesa può farla benissimo anche dopo il lavoro, prima era cosi e si viveva lo stesso e meglio!

  4. >>”Possibile che il modello di commercio “non virtuale” sia rimasto lo stesso di decenni fa, senza adattarsi ai cambiamenti nella società, nelle sue dinamiche ed ai suoi orari?”
    Esatto.
    Posto che non ho mai frequentato centri commerciali di domenica, fossero aperti o chiusi a me cambierebbe nulla, per chi come il sottoscritto lavora dall’altra parte della città e rimane fuori di casa 12-13 ore al giorno rimane un solo giorno a settimana per fare tutto: il sabato. Possibile che non si riesca a far passare il messaggio (e si che ci ho provato più volte) verso diversi negozianti di zona che se facessero orari più elastici avrebbero più clienti? Non servirebbe molto: basterebbe che 1-2 giorni a settimana aprissero più tardi al mattino e chiudessero più tardi la sera. Fino a 30-40 anni fa negozianti e negozi erano “di quartiere”, molte più donne non lavoravano e così via. Oggi no, non più, i negozianti-residenti sono sempre meno, mariti e mogli lavorano entrambi. E se i negozi sono aperti solo quando gli abitanti del quartiere non ci sono, non riescono ad intercettare appieno il loro bacino d’utenza potenziale. Di conseguenza io, e temo non solo io, mi ritrovo a gravitare sempre più nel quartiere del posto di lavoro per la spesa e i servizi (a parte un paio di mini-supermercati di zona che hanno orari più lunghi, che uno trova aperti anche dopo le 19:00-20:00). Non fosse che questo non è un quartiere di uffici, non è un quartiere di servizi: è un quartiere residenziale, che si svuota al mattino (7:30-8:30), si riempie di nuovo di negozianti (intorno alle 9), si risvuota la sera (intorno alle 19:00 e di nuovo intorno alle 20:10-20:20) e si riempie di nuovo di residenti (basti vedere le fasce orarie in cui si trova più facilmente parcheggio).
    Eppure guai a dire a qualcuno dei negozianti di provare a tenere aperto un giorno a settimana fino a sera tardi… Risposta tipica: “si è sempre fatto così!”. E lo vedo da solo!!! Ma il mondo è cambiato: poi non piangete se i vostri potenziali acquirenti si rivolgono altrove, se è grasso che cola se nei giorni feriali vi entrano 10 persone in negozio. A voi sta bene non cambiare e aspettare che le persone (= i soldi) vi cadano in braccio. Non funziona più così, ammesso che abbia mai funzionato così. E pensare di mettere la pezza con la chiusura dei centri commerciali la domenica non servirà a nulla, non vi restituirà i clienti che avete perso. Ammesso che questo sia lo scopo della chiusura domenicale.

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