Due finalisti che lottano per aggiudicarsi l’inestimabile ma proibito premio finale. Una conduttrice scaltra e subdola che tenterà di manipolare la volontà dei concorrenti per far schizzare alle stelle gli indici di ascolto.
Ma anche il meccanismo ben collaudato di un format televisivo può incepparsi…
Adamo ed Eva in versione “reality show”. Debutta al Teatro Patologico venerdì 10 marzo, e in replica sabato 11, lo spettacolo di Olimpia Ferrara “Real Adam & Eve“, una pièce sul rapporto uomo-donna liberamente ispirata a “Il diario di Adamo ed Eva” di Mark Twain.
L’opera prima dell’autrice e regista nata a Gaeta ma trapiantata a Roma fa parte del programma della XXVI edizione del Festival del Teatro Patologico, kermesse che fino al 26 marzo propone un cartellone di spettacoli accomunati dall’attenzione all’attualità e ai temi sociali, con quel pizzico di “follia” che da sempre contraddistingue la programmazione e le attività del teatro in via Cassia 472.
Due chiacchiere con Olimpia Ferrara
Oggi e domani sarà la volta del “peccato originale” di Olimpia Ferrara, dalla quale ci siamo fatti raccontare questa strana trasposizione che mischia Genesi e un classico come Twain.
Di cosa parla lo spettacolo?
Dei problemi di coppia di Adamo ed Eva, che paradossalmente sono gli stessi di uomo e donna oggi. Il serpente si è trasformato in una conduttrice televisiva, come quelle che vediamo sui nostri schermi.
Sfrutta i malesseri o i momenti di serenità della coppia per fare audience. Cose che dovrebbero restare intime, le riporta al pubblico in modo falsato.
Ma che tipi sono i tuoi Adamo ed Eva?
Sono due idealtipi, due modelli. Lei romantica, sognatrice e chiacchierona; lui pratico, di poche parole e dai modi burberi.
Hanno comunque uno sviluppo psicologico nell’arco della narrazione. La mela diventa il premio finale e i due devono superare delle prove per poterselo aggiudicare.
Ognuno di loro proietta sulla mela una cosa diversa. Eva è innamorata persa di Adamo e si fa mettere i piedi in testa; lui non la può vedere perchè da quando è arrivata lei nel giardino non c’è più pace.
Alla fine Eva coglie la “pera”, invece della mela, perchè si sbaglia. Adamo le fa un cazziatone inaudito e lei capisce che non ne vale la pena di riversare amore su uno come lui, così se ne va dal giardino per ritrovare se stessa.
Solo quando Eva non c’è più, Adamo si accorge che la voleva nella sua vita, ma ormai è tardi.
E’ d’impatto anche la caratterizzazione dei personaggi
Sì infatti, da una parte la conduttrice è molto sopra le righe, ha una recitazione televisiva e usa gergo e termini televisivi. Dall’altra, Adamo ed Eva sono molto più essenziali e realistici.
Quando hai conosciuto l’opera di Mark Twain?
La lessi per la prima volta durante i miei studi in accademia e mi colpì il fatto che quegli archetipi fossero così attuali.
Pensai che si poteva farne una messa in scena, dato che il testo si prestava alla drammaturgia, così l’ho fatto mio e ho aggiunto qualche piccola variazione.
Infatti è pieno di riferimenti personali e influenze popolari, per dirne una “Frankestein Junior”, ma anche qualche gag in onore della commedia dell’arte.
Ed è stato anche l’occasione per mettere alla berlina un certo modo di fare televisione.
Oggi, col dominio di TV e Internet, è sempre più difficile fare teatro in Italia, e a Roma in particolare. Anche la burocrazia spesso ci mette del suo. E’ di poche settimane fa la notizia della chiusura del Teatro dell’Orologio, in Centro, e prima ancora dello Stabile del Giallo sulla Cassia...
Immagino che sia dura anche per una compagnia come la vostra…
Non ti nascondo che sì, è dura. Per mettere in piedi uno spettacolo devi avere un buon budget di base, altrimenti è difficile. Noi ci siamo totalmente autofinanziati.
Abbiamo fatto le prove al Spin Time Labs, uno spazio sociale occupato al Rione Esquilino, per l’affitto del quale abbiamo pagato meno che in qualsiasi altro posto, e per andare in scena al Teatro Patologico abbiamo partecipato ad un bando per il Festival indetto dallo stesso Teatro.
Trovo che sia la struttura pià adatta, poichè con i suoi 150 posti può garantire anche un minimo di utile e la rassegna ha un’eco importante sui maggiori quotidiani.
Cosa si potrebbe fare per riportare la gente al teatro?Bisognerebbe che le piccole e medie strutture facessero sistema, invece di combattersi a vicenda, e studiassero delle iniziative per “educare” i cittadini ad andare al teatro fin dalla tenera età.
Perchè il teatro è realtà, è emozione non filtrata, è come guardarsi allo specchio. Una società che va a teatro può essere una società più sana.
Valerio Di Marco
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