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    La grazia nella disgrazia

    Fabrizio Azzali

    Mi viene in mente un paragone col football: il calciatore che esulta dopo un gol – massima espressione d’una partita – viene ammonito dall’arbitro, ma a volte il cartellino giallo non esce dal taschino del direttore di gara pure se c’è un “fallo assassino” da parte di chi azzanna i garretti e liscia il pallone. Comparazione genuina e perfino nazionalpopolare per cominciare a ragionare sulla vicenda Sallusti, personaggio pubblico ancor prima che giornalista.

    Uno che magari resterà pure antipatico nei modi, o nella fisionomia, perché ormai nella società dell’apparenza serve esser belli e aitanti per andare avanti; uno che comunque viene condannato per aver svolto il suo lavoro.
    Bene o male non sta a noi giudicarlo, ci sono giudici preposti ad accusarlo e avvocati capaci di difenderlo.

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    Colpisce che in Italia cambiano le regole e neanche ce ne accorgiamo. E capita, in Italia, che chi ammazza una persona resta a piede libero per cavilli burocratici o chissà cos’altro, e chi lavora rischia pesante.

    Ma questo è un Paese strano, osserva le proteste degli ellenici e del popolo spagnolo, sa che sta rischiando nella stessa identica maniera, ma invece di scendere in piazza fa la fila per la quinta edizione dell’i-phone, che costa più d’un terzo di uno stipendio medio.

    Ron, cantautore schietto, un quarto di secolo fa cantava “è l’Italia che va, con le sue macchinine vroom vroom”, istantanea perfetta ancora oggi, che sarebbe il caso di non prendere la macchina per dare un segnale ai signori del petrolio e invece si continua a fare la fila dal benzinaio, che un litro di gasolio costa più d’un litro di latte.

    Qualunquismo? Dietrologia?
    Macché, semplicemente constatazioni di fatto, che arrivano mentre osserviamo il tg e invece di ragionare sulle notizie perdiamo tempo a sparlare degli occhiali d’un conduttore o del décolleté dell’inviata di turno.

    Si convive con terminologie negative, e siamo passati dal “lei non sa chi sono io” a “m’indigno”, sorridevamo dicendo “addavenì baffone”, oggi ci industriamo per scovare le magagne degli altri.

    Il centrodestra sbaglia e il centrosinistra che fa? Invece di proporre, anziché seguire il dalemiano “facciamo qualcosa di sinistra”, continua a girare il coltello nella piaga, incasinandosi anch’esso nelle pecche dell’altra sponda. E vale lo stesso per quelli dell’altra barricata, non è che i berlusconiani o chi per loro si comportino diversamente.

    Su Sallusti è stato detto tutto e il suo contrario, stavolta restiamo a guardare, pure perché allo scoop “costi quel che costi” preferiamo da sempre ragionare a mente fredda. A botta calda, tante volte, si fanno dei disastri senza eguali.
    E a noi credo che difficilmente concederebbero la grazia.

    Massimiliano Morelli

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