Nella giornata di giovedì 26 gennaio, la Camera, con 469 voti a favore, 74 contrari e 5 astenuti, ha votato la questione di fiducia posta dal Governo sull’approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, del “decreto milleproroghe”, così chiamato in gergo politico-giornalistico per definire quel decreto legge varato dal Consiglio dei ministri atto a prorogare disposizioni urgenti entro la fine dell’anno in corso.
Uno strumento nato come misura eccezionale nel 2005 e poi da allora riproposto ogni anno. Uno strumento che, dal 2008, conteneva un articolo che sanava di anno in anno le affissioni abusive a scopo politico. Un vero e proprio condono che consentiva a tutti i partiti di cavarsela con una misera ammenda che non teneva affatto conto del danno arrecato al decoro urbano delle città.
L’ultimo era scaduto il 31 dicembre 2011 e recitava più o meno così: “le violazioni ripetute e continuate delle norme in materia di affissioni e pubblicità mediante affissioni di manifesti politici o di striscioni e mezzi similari, potranno essere definite in qualunque ordine e grado di giudizio, nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute, a 1.000 euro per anno e per provincia”.
Ciò stava a significa che quel partito o quel singolo politico che nel 2010 aveva affisso manifesti politici in modo scorretto, poteva chiudere la partita pagando 1000 euro per ogni provincia in cui aveva commesso l’infrazione.
Stringendo lo zoom solo sulla Capitale e ricordando che nel 2010 si erano tenute le elezioni regionali, ad ogni partito, o ad ogni candidato, è bastato versare alle casse dello Stato un obolo di mille euro per sanare le migliaia di abusi commessi in ogni angolo di Roma. Il tutto con buona pace delle casse del Campidoglio perché, stando al regolamento comunale, ogni singola infrazione (attenzione, ogni “singola” cioè ogni singolo manifesto) è invece sanzionabile con una multa di 400 euro.
Ma, attenzione, non erano solo i manifesti elettorali abusivi a farla franca. L’articolo non specificava infatti quali tipologie di infrazioni venivano sanate. Anche un semplice manifesto affisso per annunciare, ad esempio, l’avvio della costruzione di un marciapiede, la visita pastorale di un big della politica in un certo quartiere o l’inaugurazione di un monumento, se affisso abusivamente a nome di un politico, o di una parte politica o di un rappresentante di un’istituzione, come ad esempio un presidente di municipio, poteva rientrare nella fattispecie.
Anche quest’anno i partiti hanno tentato di auto-assolversi tramite l’obolo di mille euro l’anno a a provincia. Un emendamento al milleproroghe presentato infatti alla Camera ai primi di gennaio, da PdL e PD, puntava a rinnovare la sanatoria.
Ma il Governo ha detto no. Ha posto la fiducia sul testo così come è uscito dal Consiglio dei Ministri, senza se e senza ma. E quindi senza sanatoria.
Che si sappia, quest’anno il decreto ha cambiato nome, si chiama novecentonovantanoveproroghe ed affiggere manifesti politici abusivi torna ad essere un illecito sanzionabile, a Roma, con 400 euro a singola infrazione, chiunque la compia: che sia un politico, che sia un partito, che sia un Municipio od altra istituzione.
Claudio Cafasso
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Ringrazio Claudio per l’ottimo commento ad una notizia clamorosa e positiva per le casse pubbliche. Si può monitorare ora l’applicazione delle sanzioni? E scoprire quanto avrebbero guadagnto i partiti?