E’ in corso presso il Complesso del Vittoriano e si concluderà il 23 gennaio la mostra “Punto a Capo” di Pat Carra, promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali della Provincia di Roma. Si tratta di un’interessante esposizione che vuole far conoscere l’universo di una delle più amate fumettiste italiane attraverso 29 tele che sono ingrandimenti, tutti disegnati e cuciti interamente a mano, dei fumetti su carta originari.
Le dimensioni variano da 90×100 cm a 100×260 cm. I tessuti spaziano dal lino al khadi di Gandhi, dal cotone alla canapa, alla iuta. I fumetti di Pat Carra sono quindi volati dalla carta alla tela, hanno preso corpo e volume, sono disegnati a mano, ricamati al dritto e al rovescio, tagliati, cuciti.
Pat intreccia sulle tele il lavoro della penna e quello dell’ago, cucendo ironie taglienti su morbidi tessuti. Le vignette e le strisce sono umoristiche, ironiche, satiriche. Parlano di donne e di uomini, di libertà femminile, di conflitti tra i sessi, compongono un discorso allo stesso tempo forte e leggero, invitano alla riflessione, al riso, al sorriso.
Pat Carra nasce a Parma nel 1954. Nel 1978 si trasferisce a Milano dove vive e lavora. I suoi fumetti, in forma di striscia o di singola vignetta, sono incentrati sul mondo delle donne e sulla visione “al femminile” della vita. In Italia ha pubblicato su Noi Donne, Cuore, Smemoranda, Aspirina, (la rivista satirica “al femminile” della Libreria delle Donne di via Dogana di Milano, di cui è stata l’ideatrice), Donna Moderna, che l’ha resa nota al grande pubblico. I suoi fumetti sono tradotti e pubblicati anche in Spagna, Grecia, Argentina e Francia.
Sul suo sito così si dipinge: “Ho cominciato a lavorare da piccola, come i sette nani, ma invece di diamanti estraevo fumetti, battute, scherzi. Vengo da una famiglia con molte donne che sono state le prime protagoniste e il pubblico originario delle mie vignette. Il teatro familiare era una miniera di spunti e si prestava al racconto di conflitti e alleanze, sceneggiate e drammi.
L’incontro con il femminismo negli anni ’70, quando avevo 20 anni, è stato l’ingresso stupefacente in un teatro pubblico e aperto, dove molte donne giocavano liberamente le più svariate parti, tragiche o comiche, in un happening che ha trasformato i nostri destini e i rapporti con gli uomini.
E’ stata una svolta anche per il lavoro.
Disegnando fumetti per giornali, libri e mostre, mi sento spesso l’ambasciatrice ironica della lotta delle donne per la libertà. Nella mia qualità di ambasciatrice a fumetti, porto messaggi creati per lo più parlando con amiche. Intrecciamo pettegolezzi e filosofia, passiamo dai commenti sulla politica al racconto degli stati d’animo, dallo scambio teorico sul pensiero della differenza sessuale alla rivelazione di una paura o di un movente inconscio.
Queste relazioni sono una scuola a tempo pieno, una risorsa, un modello di esperienza, un destino felice. Bisogna essere in due per ridere o sorridere, bisogna avere la speranza, se non la certezza, che l’altra persona capirà e condividerà il piacere.”
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