Riceviamo dall’architetto Bosi un comunicato dettagliato sulla mancata redazione del Piano di Assetto del Parco di Vejo. L’architetto Bosi chiama in causa Luigi Camilloni, Ludovico Todini, Simone Ariola, Luigi Celori, Fernando Petrivelli, Salvatore Codispoti e Giovanni Carapella dai quali ci piacerebbe avere una risposta in merito.
Dagli inizi del corrente mese di giugno sono stati pubblicati sia sulla stampa che su diversi siti on line tutta una serie di comunicati ed articoli relativi alla mancata “redazione” del Piano di Assetto del Parco di Veio: riportano dichiarazioni e prese di posizione in merito da parte di esponenti politici ed istituzionali che sono arrivati a dare “giudizi” ed ad emanare “sentenze” in riferimento a specifici aspetti della questione, ma per lo più nell’ignoranza completa o comunque in una illecita interpretazione delle disposizioni di legge che dettano la disciplina riguardante volta per volta l’argomento trattato.
In qualità di Coordinatore nazionale per Parchi e Territorio dell’associazione Verdi Ambiente e Società (VAS) e di Responsabile del Circolo Territoriale VAS di Roma, nonché come ex Presidente del “Comitato Promotore del Parco di Veio” (che nel 1987 ha presentato la 1° proposta di legge istitutiva di quest’area naturale protetta) ed ex membro del 1° Consiglio Direttivo dell’Ente Parco di Veio dal 21 luglio 1998 al 28 aprile 2004, mi corre l’obbligo di controribattere a molte delle dichiarazioni fin qui rilasciate, perché non rispondenti al vero.
Dal momento che ritengo di trovarmi ancora in uno Stato di diritto, dove la democrazia deve essere assicurata dalle regole che ci siamo dati e che risultano in vigore a questo momento, e dove dovrebbe valere sempre e comunque il principio secondo cui la legge non ammette ignoranza, specie da parte di chi ricopre cariche istituzionali, non posso accettare che esponenti che esercitano a vario titolo cariche pubbliche arrivino a rilasciare dichiarazioni che risultano difformi dalla normativa vigente in materia, tirando in ballo “conclusioni” da altre disposizioni di legge o arrivando a “deduzioni” sulla base di norme che non disciplinano affatto l’argomento da loro affrontato.
Come cittadino che vive nello stesso Stato di diritto e ne rispetta le stessi leggi e ne pretende il rispetto da parte di tutti, non posso accettare che ad opera di esponenti politici ed istituzionali venga diffusa la più totale disinformazione o peggio ancora si rilascino dichiarazioni che non solo portano discredito alle stesse istituzioni, ma possono addirittura istigare alla turbativa dell’ordine pubblico tutta quella parte di cittadini che in perfetta buona fede credono a ciò che gli è stato detto.
Mi sento pertanto in obbligo di fare un’opera di corretta controinformazione, per portarne a conoscenza tutti coloro a cui la stessa sarà riuscita in qualche modo ad arrivare, a partire dai diretti interessati che hanno rilasciato dichiarazioni non sempre rispondenti al vero e che invito pertanto ad astenersi d’ora in poi dal continuare a rilasciare, dopo che avranno avuto se non altro la curiosità (più che il dovere) di leggersi le contestazioni che ha portato il sottoscritto e che riguardano i 10 punti riportati in allegato.
L’invito riguarda in particolare Luigi Camilloni, Ludovico Todini, Simone Ariola, Luigi Celori, Fernando Petrivelli, Salvatore Codispoti e Giovanni Carapella.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi
Riportiamo qui di seguito il testo completo dell’allegato inviatoci dall’architetto Bosi
LA MANCATA ADOZIONE DEL PIANO DI ASSETTO DEL PARCO DI VEIO
E L’ESERCIZIO DELLE CARICHE ISTITUZIONALI
NEL RISPETTO DELLE REGOLE DI UNO STATO DI DIRITTO
1 – LUDOVICO TODINI (PdL-AN), ex consigliere del Municipio di Roma XX ed ora consigliere comunale, in data 5.6.2008 ha dichiarato che l’Ente Parco di Veio non ha adottato il Piano di Assetto <<sebbene nella legge è previsto il termine finale perentorio di cinque anni>>: in pari data il Dott. LUIGI CAMILLONI, Presidente dell’Osservatorio Sociale ha dichiarato a sua volta che le “misure di salvaguardia” <<secondo l’intenzione del legislatore dovevano durare per non più di cinque anni (articolo 8 legge regionale 29 del 1997) con l’articolo 44, comma 11 questa volontà viene meno in quanto si applicano fino all’adozione da parte degli organi competenti di specifiche norme di salvaguardia>>.
I sigg. Todini e Camilloni fanno una confusione che non è ammissibile (perché ricoprono cariche che non ammettono la “ignoranza” delle norme) tra le “misure di salvaguardia” che si applicano esclusivamente al <<Piano regionale delle aree naturali protette>> ancora da istituire e le “misure di salvaguardia” dei Parchi e delle Riserve naturali regionali e provinciali effettivamente già istituite.
Dal momento che il suddetto “Piano regionale delle aree naturali protette” riguarda soprattutto la previsione dei parchi e delle riserve naturali che la Regione Lazio intende istituire in un prossimo futuro, è abbastanza logico che da un lato i parchi e le riserve che saranno prima o poi istituite debbano essere tutelate dalla compromissione irreversibile fino a che non avverrà la loro concreta istituzione, dettando apposite “misure di salvaguardia” che però dall’altro non possono durare in eterno se poi la Regione ritarda di fatto all’infinito l’approvazione delle leggi istitutive delle aree protette programmate: questo doppia garanzia è assicurata dal 2° comma dell’art, 8 della legge regionale n. 29/1997, che dispone testualmente che <<dalla data di pubblicazione del piano regionale approvato dal Consiglio regionale …..e fino alla data di entrata in vigore delle leggi regionali istitutive delle singole aree naturali protette, e comunque per non più di cinque anni, entro i confini delle aree …. si applicano le disposizioni dei successivi commi>>.
Si coglie l’occasione per fare peraltro presente che la Regione Lazio aveva già adottato nel 1993 uno “schema” del “Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali”, che ai sensi del 2° comma dell’art. 46 della legge regionale n. 29/1997 la Regione avrebbe dovuto adeguare e far diventare lo schema del “Piano regionale delle aree naturali protette” entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, cioè dal 25 novembre 1997: a distanza di più di 10 anni e mezzo la Regione Lazio deve ancora adottare il “Piano regionale delle aree naturali protette”, forse proprio perché non vuole sottoporre a “misure di salvaguardia” per almeno 5 anni i parchi e le riserve che dovrà poi necessariamente istituire con apposita legge regionale.
Viceversa, per i parchi e le riserve naturali istituti contestualmente alla legge regionale n. 29/1997, così come elencati al 1° comma dell’art. 44, tra cui figura alla lettera a) anche il Parco di Veio, dalla data di entrata in vigore della medesima legge (vale a dire dal 25.11.1997) sono scattate le “misure di salvaguardia” stabilite dal comma 11 dell’art. 44, che sono le stesse dettate dall’art. 8, da cui sono fatte salve quelle ulteriori prescritte dai successivi commi 12, 13 e 14 dell’art. 44, che valgono però solo per i territori ricadenti nel Comune di Roma: per i parchi e le riserve naturali istituite successivamente alla legge regionale n. 29/1997, le “misure di salvaguardia” sono state dettate dalle specifiche leggi istitutive che rimandano sempre e comunque a quelle prescritte dall’art. 8 della legge regionale n. 29/1997.
Per completezza di informazione, i sigg. Todini e Camilloni debbono sapere che ai sensi del 5° comma dell’art. 9 della legge regionale n. 24/1998 nelle aree naturali protette istituite si applicano <<sia le misure di salvaguardia previste negli specifici provvedimenti istitutivi o legislativi generali, sia la normativa relativa alle classificazioni per zone delle aree ove prevista dai PTP o dal PTPR; in caso di contrasto prevale la più restrittiva>>: “misure di salvaguardia” per il Parco di Veio sono dunque anche le prescrizioni dettate dal PTP n. 15/7 “Veio-Cesano” e dal PTP n. 4 “Valle del Tevere”.
Tutte le suddette “misure di salvaguardia” dei diversi tipi di aree naturali protette comunque istituite restano in vigore (all’interno delle rispettive perimetrazioni provvisorie) fino alla approvazione definitiva del Piano di Assetto e del Regolamento, che con le rispettive Norme verranno a sostituirsi ad esse: lo stabilisce in modo chiaro la lettera b) del 3° comma dell’art. 9 della legge regionale n. 29/1997.
Per quanto riguarda l’ulteriore inammissibile confusione che fa il Cons. Ludovico Todini sui tempi di “adozione” del Piano di Assetto del Parco di Veio, ritenendo che sia di 5 anni <<il termine finale perentorio>> anche per la sua adozione, si fa presente che ai sensi del 2° comma dell’art. 26 della legge regionale n. 29/1997 <<il piano dell’area naturale protetta è redatto a cura dell’ente di gestione, con l’assistenza dell’Agenzia regionale per i parchi, ed è adottato e trasmesso alla Regione entro nove mesi dall’insediamento degli organi dell’ente di gestione>>.
Se si intende sapere anche entro quanto tempo il Piano di Assetto debba essere definitivamente approvato e non solo adottato, il successivo 4° comma del medesimo art. 26 stabilisce un deposito di 40 giorni del Piano una volta adottato, entro i quali possono essere presentate le osservazioni da parte dei cittadini, a cui l’Ente Parco deve controdedurre entro 30 giorni per poi trasmettere tutto alla Giunta Regionale, che entro 3 mesi deve proporre al Consiglio Regionale l’approvazione definitiva: ne deriva che dalla data di insediamento del Consiglio Direttivo di un Ente Parco alla data di trasmissione in aula della proposta definitiva del Piano di Assetto dovrebbero decorrere almeno 14 mesi e 10 giorni circa.
2 – In un’intervista pubblicata sul quotidiano “Italia Sera” del 4 giugno 2008 il Dott. LUIGI CAMILLONI è arrivato ad affermare che per causa della mancata “redazione” del Piano di Assetto del Parco di Veio <<si é di fatto applicata un’espropriazione di valore ingiustificata che dovrebbe essere indennizzata dalla Regione Lazio>>: in un’altra intervista sempre da lui rilasciata si è spinto fino ad affermare che le “misure di salvaguardia” arrivano a comprimere totalmente il diritto di proprietà, dichiarando testualmente che <<in questo ultimo caso, verificabile nell’ipotesi che al proprietario sia interdetta non solo l’edificazione dell’area ma anche qualunque forma di sfruttamento del terreno, anche agricola, si è in presenza di un’espropriazione di valore da indennizzare>>.
Un’ipotesi del genere non è affatto prevista dalla normativa vigente in materia: a dimostrazione ulteriore si porta quanto è stato ribadito di recente.
Come già evidenziato al precedente punto 1, “misure di salvaguardia” del Parco di Veio sono anche le prescrizioni dettate dai PTP n. 15/7 “Veio-Cesano” e n. 4 “Valle del Tevere”.
Il 4° comma dell’art. 145 del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, emanato con D.Lgs. n. 42/2004, così come modificato dal D.Lgs. n. 63 del 26.3.2008, entrato in vigore dal 24 aprile 2008, dispone testualmente che <<i comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici>> e precisa che <<i limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo>>.
3 – In data 9 giugno 2008 LUIGI CELORI (AN), consigliere regionale, ha dichiarato che <<le misure di salvaguardia vigenti adottate in mancanza di un piano di assetto stanno penalizzando fortemente i cittadini>>, perché ad esempio <<consentono nelle zone agricole, dove per altro ricadono la maggior parte degli edifici oggetto di condono edilizio, unicamente interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, con enorme danno per i proprietari>>.
In precedenza, in data 5.6.2008, il Dott. LUIGI CAMILLONI, Presidente dell’Osservatorio Sociale, aveva dichiarato che <<l’applicazione delle misure di salvaguardia non impediscono gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, mentre non consentendo le ristrutturazioni edilizie e gli interventi di carattere strutturale di conseguenza impediscono addirittura gli adeguamenti alla normativa antisismica>>.
In altra intervista il Dott. Camilloni ha dichiarato che <<le ristrutturazioni edilizie secondo il DPR 380/01, tra cui l’adeguamento obbligatorio alla vigente normativa antisismica non rientrano tra quelle consentite dalle misure di salvaguardia e quindi vengono respinte dall’ente Parco di Veio>>.
Quanto affermato da entrambi non risponde assolutamente al vero, dal momento che ai sensi della lettera q) del 3° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997 nelle zone agricole (zone territoriali omogenee “E”) ricadenti in zona “A” del Parco (di massima tutela) <<sono comunque consentiti:
- interventi già autorizzati e regolarmente iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge;
- interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro conservativo e di risanamento igienico-edilizio che non comportino modifiche di carattere strutturale;
- ampliamenti ed adeguamenti a fini agrituristici;
- interventi di adeguamento tecnologico e funzionale>>.
Appare fin troppo evidente che fra gli “interventi di adeguamento tecnologico” rientrano anche <<gli adeguamenti alla normativa antisismica>>, che invece secondo il Dott. Camilloni non sarebbero consentiti.
Ai sensi inoltre della lettera d) del successivo 4° comma del medesimo art. 8 all’interno delle zone territoriali omogenee “E” sono consentite <<le attività agricole e gli interventi strutturali previsti dai piani di miglioramento aziendale autorizzati dagli organi tecnici competenti>>: possono essere altresì realizzati <<gli interventi di imboschimento, di utilizzazione dei boschi e dei beni silvo-pastorali>>.
Come si può ben vedere, la disciplina dettata per le zone agricole non si presta ad essere “interpretata” discrezionalmente: una certa “discrezionalità” ci sarebbe potuta essere nel caso dei suddetti “interventi strutturali“, perché così come spesso previsti dai piani di miglioramento aziendale prevedono la costruzione non solo di annessi agricoli, ma anche di costruzioni ad uso residenziale.
Dal momento che in zona agricola la lettera q) del precedente 3° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997 vieta <<la realizzazione di nuovi edifici>> e la disposizione appare in contrasto con i suddetti “interventi strutturali” consentiti, l’Ente Parco di Veio – almeno fin quando ne sono stato membro del Consiglio Direttivo – si è dato come regola quella della mediazione tra il divieto assoluto di edificare e l’autorizzazione indiscriminata di tutto, consentendo solo la nuova costruzione di annessi agricoli, proprio con la finalità dichiarata di non danneggiare le attività agricole.
4 – In data 9.6.2008 il Cons. LUIGI CELORI ha dichiarato che <<le misure di salvaguardia vigenti adottate in mancanza di un piano di assetto stanno penalizzando fortemente i cittadini>> perché <<non prevedono la ricostruzione di immobili fatiscenti, sebbene già in possesso di regolare concessione edilizia>>: la ricostruzione di immobili fatiscenti rientra nella categoria delle opere di ristrutturazione edilizia e fa comunque parte degli interventi di carattere strutturale che non sarebbero consentiti dalle “misure di salvaguardia” secondo quanto dichiarato il 5.6.2008 tanto dal Dott. LUIGI CAMILLONI quanto dal Cons. LUDOVICO TODINI che ha parlato di <<centinaia di dinieghi per le insegne di esercizi commerciali, di ristrutturazioni integrali di manufatti fatiscenti, di riqualificazioni aggiuntive di aziende, lungaggini burocratiche per i cittadini che intendano arricchire le pertinenze delle proprie abitazioni>>.
Come già precisato al precedente punto 3, le “ristrutturazioni edilizie” in zona agricola (che non sono di norma consentite dalle “misure di salvaguardia”) possono essere autorizzate solo se riguardano ampliamenti ed adeguamenti a fini agrituristici, adeguamenti tecnologici e funzionali (non solo alla normativa antisismica, ma anche alle barriere architettoniche ecc.), nonché “interventi strutturali” approvati in piani di miglioramento aziendale.
Va fatto presente che le “misure di salvaguardia”, ai sensi della lettera r) del 3° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997, vietano <<qualsiasi attività edilizia>> (e quindi anche opere di ristrutturazione edilizia) all’interno delle zone territoriali omogenee “C” (di espansione edilizia), “D” (industria ed artigianato) ed “F” (Verde e Servizi), mentre – ai sensi della lettera a) del successivo 4° comma del medesimo art. 8 – consentono <<la realizzazione di quanto previsto dagli strumenti urbanistici vigenti generali ed attuativi nelle zone territoriali omogenee A) e B)>>, cioè nei centri storici (come ad esempio Sacrofano ed Isola Farnese) e nelle loro immediate vicinanze.
5 – Da quanto precisato al precedente punto 4 deriva che non risponde completamente al vero quanto è stato dichiarato da più parti riguardo alle ristrutturazioni edilizie, in particolare dal Cons. Todini, che è arrivato a parlare di dinieghi <<per lo stesso XX Municipio che non riesce ad adeguare arterie di scorrimento perché l’Ente Parco non concede il nulla osta>>, e dal Dott. LUIGI CAMILLONI secondo cui <<va pertanto impedito che le norme di salvaguardia in vigore da oltre un decennio, continuino a realizzare una espropriazione sostanziale o larvata di beni privati, senza peraltro alcuna corresponsione di alcun indennizzo ai proprietari in tutte quelle aree protette prive del Piano d’Assetto>>.
Per quanto riguarda l’adeguamento delle arterie di scorrimento, si fa presente che ai sensi della lettera c) del 4° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997 nelle zone “A” di massima tutela del Parco di Veio è consentita <<la realizzazione di interventi per le infrastrutture ferroviarie e viarie nell’ambito dei tracciati esistenti o di limitate modifiche di questi>>.
A dimostrazione definitiva che comunque le “misure di salvaguardia” non sono così rigide da determinare una “espropriazione sostanziale o larvata di beni privati“, che non è comunque risarcibile per legge (come dimostrato al precedente punto 2), si porta la disposizione del 9° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997 secondo la quale <<in caso di necessità ed urgenza o per ragioni di sicurezza pubblica, il Presidente della Giunta regionale, con provvedimento motivato, può autorizzare deroghe alle misure di salvaguardia di cui al presente articolo, prescrivendo le modalità di attuazione di lavori ed opere idonei a tutelare l’integrità dei luoghi e dell’ambiente naturale>>.
Si tratta di una norma che evidentemente ignora il Cons. Todini, specie quando è convinto che l’adeguamento delle arterie di scorrimento non rientri fra le “ragioni di sicurezza pubblica” oltre che “di necessità ed urgenza“.
6 – Riguardo agli “interventi strutturali” di cui si è già detto nei precedenti punti o comunque ad una possibile “interpretazione” non univoca delle norme, va fatta una ulteriore precisazione, dal momento che in modo sempre non corrispondente al vero LUDOVICO TODINI e SIMONE ARIOLA (PdL), Presidente del Consiglio del Municipio di Roma XX, in un comunicato congiunto del 9 giugno 2008 hanno dichiarato che l’attuale regime di “misure di salvaguardia” <<desta qualche incertezza e dubbio per i cittadini e discrezionalità nell’applicazione delle regole>>: anche per il Dott. LUIGI CAMILLONI <<la mancanza del piano d’assetto comporta una maggiore discrezionalità>>.
In data 9.6.2008 il Cons. LUIGI CELORI ha dichiarato, sempre in tema di discrezionalità, che <<sono gravi le inadempienze e i danni provocati dagli effetti dei pareri negativi espressi dall’ente Parco di Veio>> perché <<si devono calcolare i probabili ricorsi al TAR, le spese e gli oneri vari di una cattiva gestione che si esplicano anche in mancanza di introiti per le casse regionali>>.
Dal momento che il nulla osta che l’Ente Parco di Veio deve rilasciare per “interventi, impianti ed opere” ai sensi dell’art. 28 della legge regionale n. 29/1997 consiste esclusivamente nella verifica della conformità del progetto di trasformazione presentato con le “misure di salvaguardia” dettate sia dagli articoli 8 e 44 della legge regionale n. 29/1997 che dall’art. 5 della legge regionale n. 24/1998, da parte degli Uffici Tecnici dell’Ente Parco di Veio non ci può essere sostanzialmente nessuna “discrezionalità nell’applicazione delle regole“, così come non ci può essere “incertezza e dubbio per i cittadini” quando debbono presentare domanda di rilascio di nulla osta, dal momento che il tecnico abilitato a cui si debbono affidare è tenuto a conoscere ed a far conoscere ai suoi clienti le stesse “misure di salvaguardia” e quindi a sapere sin da subito se la trasformazione che si intende fare può essere consentita o meno.
Il rispetto delle prescrizioni vigenti in materia deve infatti valere anche e soprattutto per il cittadino, prima ancora che per l’Ente Parco che le deve comunque far rispettare e che quindi si dovrebbe trovare ad opporre in modo motivato (comunque non impugnabile al TAR o passibile di censura) un rigetto della domanda di rilascio di un nulla osta solo quando il tecnico abilitato “ci ha provato” (come si dice in gergo) oppure è un perfetto “ignorante” della materia (che è ancora peggio, perché in tal caso ha fatto spendere a vuoto dei soldi al suo cliente).
Se viene respinta una domanda di rilascio di nulla osta perché in modo oggettivo non ce ne sono i presupposti di legge, assieme al rigetto dovrebbe scattare una denuncia dell’operato del tecnico abilitato, quanto meno all’Ordine in cui è iscritto, per violazione della sua deontologia professionale.
7 – A giudizio del Dott. LUIGI CAMILLONI << la mancata redazione del Piano d’assetto del Parco di Veio … sta favorendo la crescita dell’abusivismo, specialmente edilizio>>.
In data 5 giugno 2008 il Cons. LUDOVICO TODINI ha sottolineato che <<Roma insiste nel Parco di Vejo nella porzione riguardante il XX Municipio, dove si vedono sorgere con disinvoltura migliaia di metri cubi a fronte di centinaia di dinieghi>>.
In un comunicato congiunto, ribadito nell’intervista concessa al settimanale “Zona Cassia” del 20 giugno 2008, LUDOVICO TODINI e SIMONE ARIOLA hanno dichiarato che <<la cittadinanza non capisce come mai per mettere un insegna ad un negozio servono una miriade di nulla osta e pareri tecnici, mentre poi sorgono abusi edilizi dal nulla>>.
La crescita dell’abusivismo, specialmente edilizio, non é affatto dovuta alla mancata “redazione” del Piano di Assetto del Parco di Veio o alle lungaggini burocratiche, ma é causata espressamente dalla mancata repressione di ogni tipo di abuso da parte non solo dell’Ente Parco di Veio e del Municipio di Roma XX, ma anche dello stesso Comune di Roma e soprattutto della Regione Lazio, che hanno di fatto incentivato la crescita del fenomeno perché non hanno mai esercitato né i poteri diretti né i poteri sostitutivi, tranne qualche raro caso di tipo “dimostrativo”dell’
Stupiscono fortemente le dichiarazioni rilasciate tanto da Lodovico Todini, perché è stato consigliere di maggioranza del Municipio di Roma XX, quanto da Simone Ariola, perché è l’attuale Presidente del Municipio di Roma XX: nelle vesti istituzionali che hanno rivestito e rivestono tuttora, sono chiamati entrambi al rispetto della normativa relativa alla repressione dell’abusivismo che é dovuta da parte del Municipio di Roma XX e che invece non è stata quasi mai di fatto messa in atto.
A dimostrazione della mancata repressione si porta la “Relazione sullo stato dell’abusivismo” per gli anni 2004 e 2005 che è stata redatta e pubblicata sul sito Internet dall’Assessorato all’Urbanistica della Regione Lazio, dove sono raccolti ed elaborati i dati relativi agli abusi accertati, desunti dagli elenchi che i segretari comunali trasmettono mensilmente alla Regione: va rilevato che restano perciò esclusi gli abusi che, pur perpetrati, non sono mai stati accertati negli elenchi.
Dalla relazione suddetta si ricava che rispetto ai 19 Municipi di Roma, quanto alla media, il Municipio di Roma XX si attesta all’ottavo posto nel 2004 con i suoi 174 abusi (pari ad una media di 14,5 abusi al mese), mentre sale al settimo posto nel 2005 con i suoi 140 abusi (pari ad una media di 11,66 abusi al mese).
Per quanto riguarda la presunta sistematica repressione, risulta che dei 174 abusi accertati come tali nel 2004 (dai Vigili) ne sono stati “definiti” solo 12 da parte dell’Ufficio tecnico, mentre dei 140 abusi accertati nel 2005 (sempre dai Vigili) ne sono stati “definiti” solo 2 da parte dell’Ufficio Tecnico: occorre per di più precisare che la “definizione” degli abusi riguarda l’adozione dei soli provvedimenti e non la loro effettiva esecuzione, fino al ripristino dello stato antecedente dei luoghi (cioè alla demolizione).
Il bassissimo numero di “ordinanze” (di sospensione dei lavori o di ripristino dello stato antecedente dei luoghi) è stato sempre “giustificato” con il numero carente tanto di Vigili quanto di personale addetto all’Ufficio Tecnico.
Ciò nonostante, sono state oggettivamente effettuate le tre seguenti demolizioni, ma ad opera dell’amministrazione comunale:
- capannoni a ridosso di via della Giustiniana e del Fosso del Fontaniletto, demoliti in data 6.2.2004 alla presenza dell’allora Sindaco Veltroni e dell’allora Assessore ai Lavori Pubblici D’Alessandro;
- palazzina di 5 piani in via di S. Cornelia, demolita in data 19 aprile 2005;
- costruzione in via Prato della Corte demolita in data 26 giugno 2005.
Per tutte e tre le demolizioni l’allora Dirigente dell’Ufficio Tecnico è riuscito addirittura a sottoscrivere in un tempo lampo le ordinanze di demolizione, solo perché il geom. Massimo Miglio, verificando sul posto segnalazioni pervenutegli dai cittadini, ha denunciato di persona come responsabile AMA delle demolizioni per conto del Comune i tre abusi accertati in flagrante, costringendo il Direttore dell’Ufficio Tecnico a firmare le Determinazioni Dirigenziali necessarie a consentirgli di effettuare le demolizioni.
A definitiva conferma della più assoluta mancanza di volontà della maggioranza che governa il Municipio di perseguire gli abusi, si porta la risoluzione del Consiglio del Municipio di Roma XX n. 8 del 26 aprile 2005 concernente le <<Politiche per la prevenzione e la repressione del fenomeno dell’abusivismo edilizio, commerciale e di tutela ambientale>>, che è stata strappata dall’opposizione di centro-sinistra e che prevedeva fra l’altro l’istituzione da subito di un Osservatorio sull’abusivismo edilizio ed il rafforzamento del personale tecnico, ma che è rimasta a tutt’oggi completamente inevasa.
Quando il sottoscritto é stato membro del 1° Consiglio Direttivo dell’Ente Parco di Veio, si é visto costretto suo malgrado a denunciare personalmente il Presidente, il Direttore e gli altri membri del Consiglio Direttivo dell’Ente, nonché il Direttore dell’Ufficio Tecnico del Municipio di Roma XX, perché non reprimevano sistematicamente nessuno degli abusi che aveva puntualmente segnalato e che soltanto a febbraio del 2005 portavano a far emergere il seguente quadro, non certo consolante: soltanto all’interno del Parco di Veio, tra piccoli e grandi abusi risultavano essere state compiute in 7 anni e 4 mesi ben 143 violazioni, con una media di circa 20 abusi all’anno e quindi di quasi 2 abusi al mese.
Novanta delle suddette violazioni hanno riguardato veri e propri abusi edilizi o comunque trasformazioni illecite del territorio, mentre le rimanenti 53 hanno riguardato i cartelloni pubblicitari abusivi, tutti denunciati esclusivamente dalla associazione VAS, che a tutt’oggi ne ha fatti rimuove più di 100.
Va fatto presente che ai sensi del comma 4 bis dell’art. 28 della legge regionale n. 29/1997 <<nel caso di interventi abusivi …. e di inerzia dell’ente di gestione dell’area naturale protetta o del comune nell’adozione degli atti ….., la Giunta regionale, previo invito a provvedere entro un congruo termine, esercita i poteri sostitutivi e ordina essa stessa la riduzione in pristino>>: benché ripetutamente sollecitati dal sottoscritto, né i Direttori dell’Ufficio Tecnico ed i Presidenti del Municipio di Roma XX, né i Sindaci del Comune di Roma e gli Assessori all’Ambiente ed all’Urbanistica della Regione Lazio di tutte le tre precedenti legislature regionali sono mai intervenuti nel rispetto del suddetto disposto normativo.
Il Piano di Assetto del Parco di Veio dovrà assumere una precisa posizione di fronte a questa marea di abusi, che non potrà comunque far finta di continuare ad ignorare come ha fatto la proposta consegnata a febbraio del 2003 dalla ATI Cles S.r.l. incaricata della redazione del Piano di Assetto, perché ha vinto il bando dio gara promettendo fra l’altro fra le analisi anche una precisa ricognizione dell’abusivismo.
8 – In data 5.6.2008 il Dott. LUIGI CAMILLONI ha dichiarato che <<a fronte di questa grave situazione, cioè della mancata approvazione di un atto obbligatorio, è giunto il momento che la Regione Lazio commissari l’ente parco di Veio, avocando a sé il piano d’assetto per la redazione e l’approvazione in modo da chiudere questa brutta parentesi caratterizzata da un regime transitorio ‘ingiustificato’ che dura da oltre un decennio per passare finalmente ad un regine definitivo con regole certe ed essenziali per la pianificazione territoriale delle zone vincolate dalla legge>>.
In un comunicato di pari data l’Avv. FERNANDO PETRIVELLI, Presidente dell’Ente Parco di Veio, ha replicato al Dott. Camilloni che <<la ragione principale della mancata adozione del Piano d’Assetto è individuabile nel continuo avvicendamento degli organi di gestione, conseguente alle vicende politiche regionali, ed ai continui commissariamenti del Parco che hanno “congelato” ogni capacità decisionale; quindi, per coerenza con l’assunto iniziale che cosa si propone? Di commissariare nuovamente l’Ente (ipotesi, peraltro, normativamente e giuridicamente non praticabile) complimenti!>>.
Anche LUDOVICO TODINI e SIMONE ARIOLA nell’intervista concessa al settimanale “Zona Cassia” del 20 giugno 2008 hanno chiesto che <<la Regione avochi a sé la realizzazione del piano di assetto>>.
In data 9.6.2008 il Cons. LUIGI CELORI ha invece dichiarato che <<i tempi sono maturi per chiedere il commissariamento del Parco di Veio>> ed ha fatto sapere che <<per questo ho presentato oggi un’interrogazione con cui chiedo al presidente Marrazzo di procedere, in virtù dei poteri di vigilanza conferiti alla Giunta regionale dalla legge 6 ottobre 1997, n. 29, ad un’ispezione presso l’ente di gestione per accertare le gravi inadempienze di atti obbligatori: in primis la mancata redazione di un piano di assetto>>: ha concluso la sua dichiarazione precisando che <<a questo punto, e’ il caso che la Giunta proceda a rimuovere il consiglio direttivo e a nominare al più presto un commissario>>.
In pari data GIOVANNI CARAPELLA (PD-L’Ulivo), consigliere regionale, ha replicato che <<il consigliere Celori é evidentemente rimasto fermo ai tempi in cui l’allora presidente della Regione, Storace, commissariò i parchi regionali>>, facendo presente che <<la soluzione é quella di far lavorare i Direttivi e di dare poteri alle Comunità del parco che rappresentano gli Enti locali>>, ricordando in proposito che <<l’approvazione del Piano non fu possibile nemmeno in regime commissariale e che oggi sarà necessario aggiornarla alla luce del nuovo PTPR e dei nuovi PRG del Comune di Roma e di quello di Formello>>.
Riguardo alla normativa vigente in materia di mancata redazione del Piano di Assetto entro 9 mesi dalla data dell’insediamento degli organi dell’Ente di gestione, così come prescritto dal 2° comma dell’art. 26 della legge regionale n. 29/1997, si fa presente che il successivo 3° comma dispone che <<decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, la Giunta regionale si sostituisce all’ente di gestione per l’adozione del piano, affidandone la redazione alle proprie strutture competenti in materia o all’Agenzia regionale per i Parchi, che debbono provvedere nel termine di un anno>>: la stessa casistica, ma più generale, è prevista anche dal 4° comma dell’art. 18 della legge regionale n. 29/1997 che è relativo a “Vigilanza e controllo sull’attività” e che testualmente dispone che <<in caso di inerzia o ritardo nell’adozione di atti obbligatori da parte dell’ente di gestione, la Giunta regionale, previo invito a provvedere entro il termine perentorio di trenta giorni, esercita, d’ufficio o su richiesta degli interessati, il potere sostitutivo>>.
Come si può ben vedere, si tratta del cosiddetto <<commissariamento ad acta>>, che non comporta affatto il contestuale scioglimento del Consiglio Direttivo ed il conseguente commissariamento dell’intero Ente Parco di Veio, previsto invece dall’art. 19 della legge regionale n. 29/1997, che è relativo proprio a “Vigilanza e controllo sugli organi” e che al 2° comma dispone che <<qualora siano riscontrate gravi e ripetute violazioni di legge e/o persistenti inadempienze di atti obbligatori, ovvero in caso di impossibilità di funzionamento, il Presidente della Giunta regionale dispone, con provvedimento motivato, lo scioglimento del consiglio direttivo dell’ente>>: il successivo 3° comma precisa che <<contestualmente allo scioglimento del consiglio direttivo il Presidente della Giunta regionale nomina un commissario straordinario con pieni poteri, che dura in carica fino alla data di insediamento del nuovo organo, ovvero affida, in alternativa, fino alla stessa data, la gestione dell’area naturale protetta alla Agenzia regionale per i parchi>>.
Va fatto presente che, in applicazione dei 2 suddetti commi dell’art. 19 della legge regionale n. 29/1997, l’On. Francesco Storace (che è stato Presidente della Giunta Regionale del Lazio dal 16 aprile 2000 al 4 aprile 2005) per <<gravi e ripetute violazioni di legge e/o persistenti inadempienze di atti obbligatori>> nell’agosto del 2002 ha commissariato gli Enti Parco dei Monti Simbruini, dei Monti Lucretili e dei Castelli Romani, nonché l’Ente di gestione della Riserva Naturale di Monte Navegna e Monte Cervia, mentre l’On Piero Marrazzo – attuale Presidente della Giunta Regionale del Lazio dall’aprile del 2005 – ha commissariato per ben 20 mesi tutti gli Enti Parco istituiti nel Lazio per <<impossibilità di funzionamento>> imputabile però stavolta alla stessa Regione Lazio, perché – come dichiarato al Pubblico Ministero dall’On. Angelo Bonelli – le forze politiche non si sono messe d’accordo per più di un anno sulle “lottizzazioni” delle varie cariche: più o meno per le stesse identiche ragioni, anche l’On. Francesco Storace, alla scadenza del 1° mandato dei Consigli Direttivi (4 giugno 2003, poi spostato al 31 ottobre 2003 a seguito della approvazione della legge regionale n. 22 del 31 luglio 2003), aveva allungato i tempi delle nuove nomine, ma – anziché commissariare gli Enti Parco – aveva prorogato di ulteriori 6 mesi circa la durata del 1° mandato dei Consigli Direttivi, per cui quello di Veio é rimasto in carica dal 21 luglio 1998 al 28 aprile 2004.
Il mandato del successivo 2° Consiglio Direttivo è durato fino al 2005, per causa della fine della legislatura regionale: ma il 3° Consiglio Direttivo ha iniziato il suo mandato soltanto nel 2007.
Dal 17 agosto 2005 al 24 aprile 2007 è durato infatti il commissariamento dell’Ente Parco di Veio da parte della Dott.ssa Silvia Montinaro, che ha adottato il Programma Pluriennale di Promozione Economica e Sociale (in sigla P.P.E.S.), che assieme alla consulente Arch. Rossella Almanza aveva predisposto il sottoscritto su delega espressa del Consiglio Direttivo: il Commissario Straordinario non se l’è sentita invece di operare nemmeno una “revisione” d’ufficio della proposta del Piano di Assetto consegnata dalla ATI Cles S.r.l. a febbraio del 2003.
Ne deriva che l’Ente Parco di Veio è stato “commissariato” per ben 20 mesi non certo per sua responsabilità e comunque solo per una volta (dall’agosto del 2005 all’aprile del 2007), per cui non risponde completamente al vero che abbia subito i <<continui commissariamenti>> che gli ha invece attribuito il Presidente dell’Ente Parco di Veio, che considera addirittura una <<ipotesi, peraltro, normativamente e giuridicamente non praticabile)>> quella di <<commissariare nuovamente l’Ente>>.
L’Avv. Fernando Petrivelli avrebbe ragione soltanto se la sua “ipotesi” fosse riferita allo stesso tipo di “commissariamento” operato dall’On. Piero Marrazzo: dal momento che non ci sono gli stessi presupposti “politici” legati alle nomine, tanto “normativamente” quanto “giuridicamente” è più che praticabile se non altro l’ipotesi del “commissariamento ad acta” espressamente prevista in generale dal 4° comma dell’art. 18 della legge regionale n. 29/1997 e più nello specifico dal 3° comma del successivo art. 26 della medesima legge.
In modo invece corretto tanto il Dott. Luigi Camilloni quanto Lodovico Todini e Simone Ariola hanno chiesto il commissariamento ad acta dell’Ente Parco di Veio, perché ci sarebbero tutti i presupposti oggettivi per la piena applicabilità delle 2 suddette norme, che invece sembrano essere ignorate non solo dall’Avv. Fernando Petrivelli, ma anche dall’On. Giovanni Carapella: l’On. Luigi Celori al contrario ha chiesto in modo non del tutto corretto lo scioglimento del Consiglio Direttivo sul presupposto non dimostrato né dimostrabile che dopo poco più di un anno di gestione l’attuale 3° Consiglio Direttivo si sia reso responsabile di <<gravi e ripetute violazioni di legge e/o persistenti inadempienze di atti obbligatori>>.
9 – A giudizio del Dott. LUIGI CAMILLONI la Regione Lazio, se avocasse a sé la redazione del Piano di Assetto del Parco di Veio, dovrebbe dare <<la possibilità a tutti i cittadini in possesso di concessione in sanatoria di poter sistemare adeguatamente i loro immobili nell’area naturale protetta del Parco di Veio, senza dover continuare a vedere delle brutture che leggi nazionali hanno comunque legittimato>>: in precedenza aveva fatto presente che nelle zone agricole <<per altro ricadono la maggior parte degli edifici oggetto di condono edilizio>>.
In data 8.6.2008 il Presidente dell’Ente Parco di Veio, Avv. LUIGI PETRIVELLI, ha dichiarato che <<il nostro Piano d’Assetto, oltre alla salvaguardia dei valori paesaggistici, ambientali e naturalistici, risponderà alle esigenze di valorizzazione e sviluppo delle proprietà fondiarie, secondo le loro naturali vocazioni, ma sarà fermissimo nel contrastare ogni tentativo di speculazione edilizia di bassa lega>>.
In un’intervista rilasciata al settimanale “Zona Cassia” del 20.6.2008 il Direttore dell’Ente Parco di Veio, SALVATORE CODISPOTI, ha a sua volta affermato che <<le attività ordinarie svolte dagli uffici danno l’opportunità di costituire una importante “banca dati” sulle domande di trasformazione avanzate da privati ed istituzioni>>.
Soltanto nel periodo che il sottoscritto è stato membro del Consiglio Direttivo dell’Ente Parco di Veio, erano pervenute 58 istanze di cittadini ed associazioni e 28 istanze di amministrazioni pubbliche, che sono state trasmesse alla ATI Cles S.r.l. incaricata della redazione del Piano di Assetto, ma di cui non è stato tenuto nessun conto, malgrado i criteri di “recepimento” proposti dal sottoscritto.
Per quanto riguarda <<la possibilità a tutti i cittadini in possesso di concessione in sanatoria di poter sistemare adeguatamente i loro immobili nell’area naturale protetta del Parco di Veio>>, fra gli elaborati di analisi promessi dalla ATI Cles c’era la ricognizione degli abusi edilizi, che non è stata poi effettuata: malgrado le proteste del sottoscritto, l’allora Consiglio Direttivo non ha mai rinfacciato la ATI Cles questa omissione del contratto d’appalto, che non è affatto secondaria perché avrebbe dovuto riguardare anche la legittimità tanto delle concessioni edilizie in sanatoria rilasciate quanto delle domande di sanatoria tuttora in corso di istruzione, oltre che la massa degli abusi edilizi accertati per i quali non è stata presentata o è stata rigettata la domanda di condono né comunque messa in atto la dovuta repressione.
Riguardo alla legittimità delle concessioni edilizie in sanatoria rilasciate dall’Ufficio Speciale Condono Edilizio (USCE) del Comune di Roma, al sottoscritto risultano quanto meno una ventina di concessioni rilasciate dall’USCE senza il preventivo ed obbligatorio “parere” che l’Ente Parco deve esprimere ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985, di cui risultano quanto meno viziate di legittimità le seguenti 6:
- concessione in sanatoria n. 89430 del 5.2.1998 rilasciata per la realizzazione di un fabbricato in via Bomarzo n. 35, che era originariamente un pollaio;
- concessione edilizia in sanatoria n. 151293 del 21 dicembre 1998 rilasciata per la realizzazione di un box in via d’Avack, che non è stato mai costruito;
- concessione edilizia in sanatoria n. 190597 del 07.09.1999, rilasciata per la realizzazione di e edifici gemelli in via d’Avack, che sono stati dichiarati risalenti al 1966, ma che sono stati costruiti e sequestrati il 12 agosto 1999, come risulta dalle foto allegate alla denuncia di VAS presentata dal sottoscritto;
- concessioni edilizie in sanatoria n. 333554, n. 333555 e n. 333556 del 27 luglio 2006 per tre villini in via della Giustiniana n. 960, che non sono stati mai costruiti, dal momento che sul posto figura un fabbricato non ultimato consistente da allora ad oggi nei pilastri di fondazione su cui poggia un unico solaio di circa 574 mq.
Voglio augurarmi che il Dott. Camilloni non intenda estendere anche ai casi suddetti la sua auspicata <<possibilità …di poter sistemare adeguatamente>> gli immobili interessati all’interno del Parco di Veio.
Per quanto riguarda le domande di condono che sono state rigettate, senza che a tutt’oggi sia stata operata la dovuta demolizione, si citano come esempi significativi i 2 seguenti:
- rigetto deciso in data 24.3.2003 delle 14 domande di condono degli abusi edilizi realizzati nel parco antistante il castello della Crescenza, sito in via del Casale della Crescenza n. 1;
- rigetto della domanda di condono di un villino bifamiliare in via di Quarto Annunziata n. 10, registrata al protocollo dell’Ufficio Speciale Condono Edilizio (U.S.C.E.). n. 188412/04 del 10 dicembre 2004, da cui risulta che la data di ultimazione dei lavori dichiarata è il mese di febbraio 2003, quando in realtà è stato iniziato a costruire dal 12 dicembre 2004 e terminato alla fine di gennaio del 2005.
Voglio sperare che anche per tali immobili il Dott. Camilloni non intenda estendere la possibilità di una sistemazione adeguata.
Per quanto riguarda invece le domande di sanatoria tuttora in corso di istruzione, si fa presente che in base alla normativa relativa al 3° condono edilizio di livello sia statale (lett. d, comma 27, art. 32 della legge n. 326/2003) che regionale (lett. b, comma 1, art. 3 della legge regionale 12/2004) non sono comunque suscettibili di sanatoria gli abusi realizzati all’interno del parco regionale di Veio, sia prima che dopo la sua istituzione (novembre 1997): di tutto questo non potrà non tenere conto il Piano di Assetto del Parco di Veio.
Riguardo infine alle declamate <<esigenze di valorizzazione e sviluppo delle proprietà fondiarie>> ed alla <<“banca dati” sulle domande di trasformazione avanzate da privati ed istituzioni>>, si fa presente che, oltre alle 58 istanze presentate dai cittadini (quasi tutte di richiesta di essere esclusi dai confini del Parco), con deliberazione n. 46 del 17.12.2001 il Consiglio Comunale di Formello ha approvato una “proposta di nuova perimetrazione del Parco di Veio” nel territorio del Comune di Formello, che consiste nella “scucitura” dal Parco di 378 ettari, articolati in ben 14 “aree escluse”, diverse delle quali totalmente inedificate, a differenza delle rimanenti la cui esclusione dai confini del Parco è se non altro motivata dal fatto che sono state compromesse dall’abusivismo edilizio: nei confronti di ognuna di queste “aree escluse”, così come di ognuna delle analoghe richieste di “scucitura”, il Piano di Assetto del Parco di Veio dovrà valutare se, come dichiarato dal Presidente Petrivelli, costituiscano o meno un <<tentativo di speculazione edilizia di bassa lega>>.
10 – In data 9.6.2007 l’On. GIOVANNI CARAPELLA (PD-L’Ulivo), ha fatto presente che per la redazione del Piano di Assetto del Parco di Veio <<la soluzione é quella di far lavorare i Direttivi e di dare poteri alle Comunità del parco che rappresentano gli Enti locali>>, ricordando in proposito che <<l’approvazione del Piano non fu possibile nemmeno in regime commissariale e che oggi sarà necessario aggiornarla alla luce del nuovo PTPR e dei nuovi PRG del Comune di Roma e di quello di Formello>>.
Riguardo al ruolo e soprattutto ai “poteri” che l’On. Giovanni Carapella vorrebbe dare alla Comunità del Parco di Veio si fa presente che ai sensi della lettera b) del 1° comma dell’art. 14 della legge regionale n. 29/1997 essa ha il diritto di scegliere e quindi di avere 3 suoi rappresentanti come membri del Consiglio Direttivo, sul totale dei 7 previsti, per cui non ha un “potere” assoluto derivante da una maggioranza precostituita, anche perché ai sensi del 3° comma dell’art. 16 della legge regionale n. 29/1997 <<la comunità è organo propositivo e consultivo dell’ente di gestione>> ed <<in particolare, il suo parere è obbligatorio: … b) sul piano dell’area naturale protetta>>.
L’On. Giovanni Carapella sembra voler dare quanto meno un peso maggiore, anche se non assoluto, ai Sindaci dei Comuni che assieme al Presidente della Provincia di Roma costituiscono la Comunità del Parco di Veio e che già da precedenti consultazioni hanno espresso l’esigenza di una “copianificazione” intesa però nel senso di un “asservimento” del Piano di Assetto non solo alle attuali destinazioni dei loro vigenti PRG, ma anche alle ulteriori trasformazioni edilizie che sono programmate su “Varianti” dei medesimi PRG sia generali che di settore: lo si desume chiaramente dal fatto che secondo lui è necessario “aggiornare” l’approvazione del Piano di Assetto alla luce non solo del nuovo Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR), ma anche <<dei nuovi Prg del Comune di Roma e di quello di Formello>>.
Con l’art. 15 delle “disposizioni correttive ed integrative” apportate con il D.Lgs. n. 157 del 24.3.2006 al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, emanato con D.Lgs. n. 42/2004, è stato modificato il 3° comma dell’art. 145 del “Codice” che dispone che <<per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette>>: è rimasto invece invariato il primo periodo dello stesso 3° comma che stabilisce che <<le previsioni dei piani paesaggistici …. sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province>>.
Il testo suddetto è rimasto in vigore, mentre il successivo 4° comma del medesimo art. 145 è stato integralmente sostituito dal D.Lgs. n. 63 del 26 marzo 2008, che è entrato in vigore dal 24 aprile 2008.
Secondo il testo originario del 4° comma dell’art. 145 del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, emanato con D.Lgs. n. 42/2004 <<i comuni, le città metropolitane,le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano e adeguano gli strumenti di pianificazione territoriale … alle previsioni dei piani paesaggistici, introducendo, ove necessario, le ulteriori previsioni conformative che, alla luce delle caratteristiche specifiche del territorio, risultino utili ad assicurare l’ottimale salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dai piani>>.
Il nuovo testo che è entrato in vigore dal 24 aprile 2008 dispone testualmente che <<i comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale, entro i termini stabiliti dai piani medesimi e comunque non oltre due anni dalla loro approvazione. I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo>>
Nel Lazio “le procedure previste dalla legge regionale” sono quelle dettate dal 6° comma dell’art. 9 della legge regionale n. 24/1998 che dispone che <<i piani delle aree naturali protette tengono conto delle disposizioni di cui al Capo II della presente legge quali livelli minimi di tutela, fatte salve valutazioni specifiche coerenti con le finalità delle aree naturali protette>>: il Capo II riguarda la normativa relativa alle classificazioni per zone delle aree prevista dai PTP (nel caso di Veio n. 15/7 “Veio-Cesano” e n. 4 “Valle del Tevere”) o dal PTPR.
L’On. Giovanni Carapella ha dunque ragione quando afferma che l’approvazione del Piano di Assetto deve essere aggiornata al Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) del Lazio, ma nel pretendere contestualmente che l’approvazione del Piano di Assetto debba essere “aggiornata” anche al nuovo PRG di Roma ed a quello di Formello dimostra al tempo stesso di ignorare del tutto la specifica disposizione sopra riportata secondo cui <<le previsioni dei piani paesaggistici …. sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni>>.
L’On. Giovanni Carapella sembra soprattutto aver dimenticato che la sera del 9 novembre 2000 è stato convinto personalmente dal sottoscritto della fondatezza dell’emendamento da lui presentato via fax nella tarda mattinata in merito alle controdeduzioni alle osservazioni presentate alla cosiddetta “Variante delle Certezze” adottata dal Consiglio Comunale con delibera n. 92 del 29 maggio 1997: l’emendamento poi approvato all’unanimità con delibera n. 176 del 9 novembre 2000, con riferimento ai cosiddetti “toponimi” dei nuclei abusivi da perimetrare – stabiliva testualmente che <<la disciplina delle aree eventualmente compromesse, laddove ricadenti anche in parte all’interno delle aree naturali protette (parchi e riserve) è demandata per la parte interna ai parchi alla redazione dei relativi Piani di assetto da parte degli Enti Parco, nel rispetto della normativa vigente in materia di aree naturali protette>>.
La stessa disposizione è stata poi mantenuta in sede di adozione del nuovo PRG di Roma, avvenuta con delibera n. 33 del 19/20 marzo 2003 e ribadita tanto nelle controdeduzioni approvate con delibera n. 64 del 20/21 marzo 2006 quanto nell’approvazione definitiva operata con l’Accordo di Copianificazione sottoscritto il 6 febbraio 2008.
Ai sensi infatti del 4° comma dell’art. 69 delle Norme Tecniche di Attuazione del nuovo PRG di Roma <<nelle Aree naturali protette regionali … fino all’approvazione dei piani di cui all’art. 26 della LR 29/1997 ………….. si applica la disciplina transitoria costituita dall’art. 9 della LR n. 24/11998 e dagli articoli 8, 44, commi 13 e 14, della LR n. 29/1997>> con la precisazione che <<si applica altresì, ove più restrittiva o ad integrazione, la disciplina urbanistica del PRG pre-vigente (che per il Parco di Veio è il “Piano delle Certezze”, ndr.); per le zone già destinate ad Agro Romano, in luogo delle norme tecniche previgenti, si applicano quelle del presente PRG>>.
Come si può ben vedere, non c’è affatto da aggiornare il Piano di Assetto del Parco di Veio al nuovo PRG di Roma.
Per quanto riguarda il Comune di Formello, va fatto presente che con delibera n. 58 del 20 dicembre 2000 il Consiglio Comunale aveva adottato la “Variante Generale” al PRG, che arrivava a pianificare anche il territorio ricadente all’interno del Parco di Veio, prevedendovi addirittura ben 23 zone di recupero degli insediamenti abusivi, classificate come <<sottozona 6CR>> (zona di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente) e disciplinate dall’art. 20 della Variante Generale, che consente un indice di fabbricabilità fondiaria di 0,05 mc/mq su una superficie del lotto minimo pari a 5.000 mq.
Con deliberazione del 24 gennaio 2006 la Giunta Regionale del Lazio ha approvato definitivamente la “Variante Generale” al PRG del Comune di Formello, ma con modifiche, integrazioni e precisazioni da introdursi d’ufficio, fra le quali c’è lo stralcio dell’intero testo dell’art. 26 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA), sostituito dalla seguente frase: <<nelle aree sottoposte a vincolo paesistico, in attesa del piano d’assetto del parco, si applicano sia le misure di salvaguardia previste dagli specifici provvedimenti istitutivi o legislativi generali (art. 8 della L.R. 29/97) sia la normativa relativa alla classificazione delle aree ove previste dal P.T.P. stesso, in caso contrario prevale la più restrittiva>>.
Come si può ben vedere, non c’è affatto da aggiornare il Piano di Assetto del Parco di Veio nemmeno alla Variante Generale al PRG di Formello.
Voglio augurarmi che l’On. Carapella non intendesse estendere il suo auspicato “aggiornamento” anche ai 376 ettari che il Comune di Formello ha chiesto di escludere dai confini del Parco di Veio.
Se un “aggiornamento” c’è caso mai da fare, questo deve riguardare (oltre che il PTPR) i seguenti ritrovamenti archeologici che sono stati fatti nel frattempo:
- resti di un tratto del basolato romano dell’antica Via Veientana, rinvenuti all’angolo tra via della Giustiniana e via d’Avack;
- resti di mura e di altre tracce ancora in corso di studio, rinvenuti ai bordi di via di Quarto Peperino, lungo il nuovo tracciato stradale di collegamento di Saxa Rubra con l’Ospedale S. Andrea;
- resti di una presunta villa romana, rinvenuti sul lato orientale della via Cassia, all’altezza della svincolo con il G.R.A., in occasione dei lavori della 3° corsia.
Dott. Rodolfo Bosi
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Non vorrei che dietro le istanze degli on. consiglieri, si nascondesse la volontà di una speculazione edilizia, assolutamente deleteria per un quartiere privo di infrastrutture (strade e metropolitana)
Gianluca