Domanda lecita, che fine hanno fatto le promesse di seguire la Paralimpiade nella stessa identica maniera dell’Olimpiade?
L’interrogativo è spontaneo, dopo aver assistito a quanto proposto nelle prime due giornate di gare vissute a Parigi dagli atleti paralimpici.
I canali dedicati sono un lontano ricordo di quanto “visto” per i Giochi, meno di un mese fa; e a malapena scoviamo – casualmente – “finestre” dedicate alla spedizione azzurra distaccata in questi giorni alle pendici della torre Eiffel.
Funziona così: senza la spinta degli sponsor, l’altro sport non viene raccontato. E l’informazione si va a far benedire, mentre il telespettatore interessato vince il campionato dello zapping nel momento in cui trova – eureka” – un servizio dell’evento in corso di svolgimento in questi giorni.
Eppure siamo in estate, seppur al crepuscolo, e la frase classica che si ripete in famiglia è “non c’è niente in tv”, fra documentari datati, repliche d’ogni tipo, spot pubblicitari a ripetizione e programmazioni in stile televisioni commerciali di fine anni Ottanta. Forse, parlare di servizio pubblico, ormai è reato.
Massimiliano Morelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA