Difficile dire da quanti anni se ne sta abbattuto sull’asfalto a respirare i gas di scarico delle autovetture, a prendere pioggia e vento e a servire da sedile a chi aspetta che il semaforo diventi verde.
Stiamo parlando del grande cippo marmoreo coricato in terra sulla via Cassia proprio all’incrocio con Via dei Due Ponti: più di due metri per almeno 70 centimetri. Difficile dire quale sia il materiale: travertino o calcare? La sporcizia non aiuta ad identificarlo.
E’ un cippo del peso di qualche tonnellata che un tempo aiutava ad identificare il nome della strada consolare ed il chilometraggio; nell’epoca dei computer e degli smartphone sembra non servire proprio tanto da lasciarlo accantonato in un angolo e poco importa che, come scritto da una signora, “al di là dell’oceano lo metterebbero sotto una teca di vetro”.
Noi non sappiamo che farcene a quanto pare e ci permettiamo in ogni angolo d’Italia di abbandonarli in terra come fossero rifiuti invece che pezzi di Storia. Eppure non tutti sanno che questi cippi marmorei erano come le “pietre miliari” che indicavano la distanza dalle Mura Serviane. Nate nel 134 a.C. venivano messe ogni 1000 passi ed erano di forma cilindrica e realizzate in calcare o in marmo, qualche volta anche pregiato.
In tempi più recenti sono state in parte sostituite da grandi pietre dalla forma di un parallelepipedo con tanto di aquila imperiale e l’iscrizione ANAS (l’ANAS nacque nel 1946 ma era figlia della AA.SS. fondata nel 1928). Pietre belle, pesanti ed imponenti che ricordano i cippi militari sull’antica Via Aurelia.
Inaccettabile che quello della Cassia venga tenuto in quello stato e per giunta coricato in terra come fosse un sacchetto della spazzatura. Quale che sia la sua epoca è un qualcosa che fa parte della storia di questa città e meriterebbe un destino meno indecente. Cosa si aspetta a rimetterlo in piedi?
Francesco Gargaglia
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Forse serviranno i pareri di almeno 10 autorità diverse e la riunione straordinaria plenaria (ma soprattutto plenaria)… del consiglio del XV°.
Questa della pietra miliare sotto la Francescana è uno dei tormentoni della nostra zona. È un po’ come l’acqua che esce dalle fontanelle che con scadenza regolare ne viene richiesta la chiusuranper non sprecare l’acqua. È contiene 2 grandi quesiti.
1° L’ETÀ DELLA PIETRA
Secondo il mio modesto avviso quella pietra risale al secolo XX, più o meno come quella.che si può trovare a via Grottarossa angolo via Cassia
2° SIMBOLO DEL QUARTIERE
La pietra adagiata su un fianco fa parte della memoria collettiva del quartiere. Ha senso rialzarla?
L’acqua che sgorga dalle fontanelle non è uno spreco, ha una funzione ben precisa: è necessaria per compensare gli sbalzi di pressione che sono inevitabili in una città di 3-6 milioni di abitanti (tra residenti e pendolari).
Sono perfettamente d’accordo con il bravissimo Francesco Gargaglia.
Anche senza voler disquisire sul valore storico culturale del reperto in questione, ripulirlo e riposizionarlo correttamente è – se non altro – una questione di decoro urbano, argomento che – specialmente in questa zona di Roma – sembra avere importanza NULLA !!!
Mi permetto al ricordare al gentile Sig. Claudio Marinali, che il XX secolo inizia il primo Gennaio 1900 e finisce il 31 Dicembre 1999. Se si guardasse intorno vedrebbe (o meglio potrebbe vedere) moltissime cose comprese in questo periodo che hanno valore storico tale da far si che le “Autorità”abbiano deciso per il loro restauro. Se poi ama le cose “sporche e buttate per terra” gli basterà guardarsi intorno nel XV° e ne troverà quante ne vuole.