
Il Bioparco di Roma è uno dei luoghi più amati dai bambini che con gli animali hanno un rapporto del tutto speciale; questo non significa che non sia un luogo per adulti dove passeggiare, osservare e fare piacevoli scoperte. L’ex Giardino Zoologico della capitale è in realtà un concentrato di meraviglie e se ci capitate in una mattina d’inverno, con il cielo grigio e pochi visitatori, vi ritroverete immersi in un ambiente silenzioso di straordinario fascino.
Le gabbie, i ricoveri notturni, le fontane e perfino i vecchi cancelli e portali sono un miscuglio di stili che vanno dal coloniale al moderno, il tutto circondato da un verde tropicale; a questo ambiente esotico fanno da contorno, oltre i confini del parco, alcuni degli edifici del primo novecento più belli di Roma.
Uno delle cose più affascinanti e forse meno osservate del bioparco è l’ingresso monumentale opera di Armando Brasini architetto e urbanista “originale, visionario e grande nemico del razionalismo” e ben noto in zona Ponte Milvio per via del “castello Brasini” in via Flaminia. Poi ci sono i due possenti padiglioni posti ai lati del grande cancello impreziositi da statue di bestie feroci e teste di elefante opera del talentuoso Rembrandt Bugatti (lo stesso che realizzerà un elefante danzante per la Bugatti Royale): uno straordinario capolavoro.
Una volta entrati al Bioparco si viene subito rapiti da quelle ambientazioni pensate ad inizio del secolo scorso da Hegenbeck e Eggenschwiler forse per rendere più tollerabile agli animali la prigionia: edifici orientaleggianti per le giraffe, la scogliera antartica per gli orsi bianchi (che per fortuna non ci sono più), pietraie per gli orsi, tucul e tetti di finta paglia per cammelli e gazzelle, lastre di cemento bianco per foche ed otarie. Con il passare degli anni e una nuova consapevolezza le cose sono molto cambiante ma di quelle romantiche scenografie ancora resta molto.
Come il vecchio ristorante oggi trasformato in moderno bistrò (la copertura sorretta da vecchie colonne di gesso dove un tempo trovavano posto sedie e tavolini in stile liberty, faceva pensare ad una scena de “La mia Africa”) o il sottopasso che ricorda quello di Central Park e poi la lunga scalinata che da accesso al bel portale sovrastato da un fantastico timpano su cui troneggia la gigantesca geodetica voliera ideata dall’architetto Raffale DeVico, autore della Casa degli Elefanti, del Rettilario e del Museo di Storia Naturale.
Al bioparco non mancano neppure le fontane: ne abbiamo individuate tre, distribuite tra i viali; quella ottagonale con la vasca sorretta da quattro pilastrini, quella in marmo con al centro lo scudo su cui è impresso il fatidico SPQR e infine quella a forma di valva sorretta da quattro elementi marmorei: antiche e splendide.
A fare da contorno a tanta originale bellezza una vegetazione così varia da fare concorrenza a quella di un orto botanico; non soltanto alberi e arbusti del nostro territorio ma anche una incredibile varietà di piante e cespugli proveniente da altri paesi. In questo caotico e bellissimo miscuglio di verde perfino gli animali esotici passano in secondo piano.
Un ultimo elemento che desta attenzione ad un occhio esperto è infine la tabellonistica che correda le gabbie dove sono rinchiuse le varie specie; i grandi pannelli informativi sono impreziositi anzichè da foto con i bei disegni di alcuni dei più noti “Wildlife-artist” italiani (a qualcuno questo termine potrà far storcere il naso, ma si chiamano proprio cosi quelli che ritraggono gli animali selvaggi nel loro ambiente).
A cominciare da Federico Gemma, artista conosciutissimo in Italia e all’estero per le mostre e per le sue realizzazioni a favore di parchi e musei; e poi Massimiliano Lipperi naturalista e artista che si occupa della creazione di ambienti museali, centri visita e di grandi acquari, creatore dello Studio WILDART. Infine Graziano Ottaviani e Marco Preziosi entrambi eccellenti artisti e illustratori della natura, importanti collaboratori di istituti ed enti che gestiscono parchi e riserve.
Insomma al Bioparco si va per vedere gli animali, esotici o nostrani, ma in fin dei conti si può andare anche per godere di un ambiente fuori dal comune, straordinariamente bello ed interessante e ricco di cose che forse non ti aspetteresti di vedere in uno zoo. E’ una delle tante ricchezze di questa bella città.
Una sola cosa lascia un po’ stupiti, il fatto che il grande piazzale interno nei pressi dell’ingresso sia stato intitolato a Vittorio Gassman: forse sarebbe stato più logico dedicarlo a Darwin o magari ad uno dei tanti zoologi italiani come Carlo Emery, Ulisse Aldrovandi o Arrigoni Degli Oddi. Giusto per rimanere in tema.
Francesco Gargaglia
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