“Leonardo è morto perché correva troppo” era stata la conclusione a cui era giunto il consulente della Procura, un esperto appartenente al corpo della Polizia Locale di Roma, secondo il quale il famoso “rattoppo” realizzato a chiusura di una voragine era estraneo all’incidente.
Per il consulente, quel 7 aprile del 2022 Leonardo Lamma correva troppo, la sua moto viaggiava intorno ai 65-70 chilometri orari contro i 50 consentiti. Il rattoppo non c’entra, Leonardo ha iniziato a sbandare 40 metri dopo. E sulla base di ciò, la Procura aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo non travedendo ipotesi di reato.
Ma il GIP è stato di tutt’altro avviso. Accogliendo l’opposizione dei genitori ha respinto la richiesta di archiviazione. E ha fatto di più. Ha iscritto nel registro degli indagati, con la pesante accusa di omicidio stradale, ditte e funzionari del Comune di Roma al tempo dell’incidente responsabili dei lavori effettuati a Corso Francia.
Lavori a seguito dei quali – questa è l’ipotesi dei genitori che pare esser stata recepita dal GIP – Leonardo cadde dalla sua moto un attimo dopo esser passato sul rattoppo stradale col quale era stata provvisoriamente chiusa una voragine apertasi giorni prima a causa di una dispersione idrica.
A quanto riferisce il Corriere della Sera nell’edizione odierna, “nel provvedimento il GIP non ha indicato i nomi dei futuri indagati, ma ha circoscritto il perimetro entro cui andranno individuati. Le iscrizioni nel registro degli indagati sono propedeutiche a nuovi accertamenti che la Procura dovrà svolgere per ricostruire le cause dell’incidente mortale”.
Torna quindi prioritario ricostruire attimo per attimo il momento dell’incidente e le cause, e torna alla ribalta la prima ipotesi, quella che il giovane abbia perso il controllo della moto passando su quel rattoppo, una gobba che si era pure crepata a seguito del passaggio di auto e bus dei giorni precedenti. A rafforzare questa tesi ci sarebbero anche dei testimoni le cui deposizioni sono agli atti.
Tutto da rifare dunque per il PM. Messa da parte la consulenza secondo la quale “Leonardo è morto perché correva troppo” ora le indagini, secondo le indicazioni del GIP, dovranno essere indirizzate nell’ambito di chi eseguì i lavori, di chi li controllò, dei tempi e dei modi e soprattutto il perché di quel rattoppo provvisorio al posto di una chiusura a regola d’arte.
Il rattoppo
Larga 2 metri e profonda altrettanto, la voragine si era aperta nel primo pomeriggio di domenica 27 marzo, all’altezza del civico 159. Subito transennata dalla Polizia Locale, a intervenire furono i tecnici Acea per una prima videoispezione, supportati da quelli del Dipartimento capitolino Simu.
Appurato trattarsi della rottura di un allacciamento fognario privato, vista la criticità della situazione con la carreggiata di Corso Francia ridotta a una sola corsia, anche se il guasto non riguardava reti idriche è Acea a intervenire, facendo riparare il danno a una sua ditta esterna.
I lavori vengono svolti per competenza sotto il controllo del Dipartimento capitolino SIMU, Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana. Dei 5500 chilometri della rete viaria urbana, circa 800 ricadono sotto la definizione “grande viabilità”; corrispondono a 599 strade che sono diretta competenza centrale, del SIMU appunto, sia per quanto riguarda la gestione che la manutenzione ordinaria e straordinaria e fra queste c’è Corso Francia.
Tornando ai lavori, fra scavi, riparazione e fermo pioggia, ci vollero cinque giorni per richiudere la grossa buca e venerdì 1 aprile il cantiere viene rimosso e la corsia riaperta al traffico. Ma, a detta di automobilisti e testimoni locali, l’asfalto non sarebbe stato ripristinato a dovere. Una sorta di rattoppo è stato lasciato sulla strada al termine dei lavori, forse per la fretta di riaprire l’intera carreggiata alla circolazione visto il caos traffico che il restringimento aveva causato nei giorni precedenti.
Il rifacimento del manto stradale verrà poi effettuato nel corso della notte tra il 7 e l’8 aprile, qualche ora dopo la morte di Leo.
Leonardo Lamma, i genitori: “Bisogna combattere per avere giustizia”
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